Medicina (Bologna). Legambiente torna all’attacco degli impianti a biomasse mettendo in discussione l’equilibrio del bilancio in Co2 degli impianti a biomasse. «L’equilibrio ci sarebbe con impianti correttamente utilizzati, ma nella realtà dei fatti le cose vanno diversamente. Abbiamo elaborato i contratti di conferimento di un unico impianto, quello attualmente attivo a Medicina nella frazione di Ganzanigo (2,8 MWe) e, contabilizzato il possibile conferimento nell'anno 2010, di circa 30.000 ton. di vari sottoprodotti, tra i quali: rumine, sangue bovino, trippa, cicciolo umido lavorato, carniccio, conserve alimentari a base di pesce, uova, pasta lievitata, ritagli vegetali misti, ecc.. Provengono da attività di industrie di trasformazione: dove sia il sostegno al reddito agricolo, non lo capiamo! Ci sembra che questi siano più impianti industriali che agricoli. Anche i luoghi di provenienza sono i più vari, situati in località della nostra regione – dal modenese, dal reggiano, dal parmense, dal ferrarese, dalla Romagna – ma in alcuni casi anche da fuori regione: da Rovigo che dista oltre 100 km, da Pisa oltre 200 km, da Roseto degli Abruzzi oltre 300 Km. Ma allora, a cosa servono i regolamenti che prescrivono il reperimento di biomasse da prodotti agricoli nel raggio di 25 Km? Come si può vedere la Co2 è quella del gasolio che si consuma percorrendo tanti chilometri». Ma oltre al Co2 Legambiente insiste anche sulla qualità della vita dei residenti nelle zone circostanti gli impianti: «Località distanti centinaia di chilometri che i sottoprodotti, o scarti di lavorazione delle industrie, percorrono in camion, esposti al sole, favorendo la decomposizione… e, quando arrivano a destinazione, puzzano! Il fetore è decisamente pesante e, tra l'altro, ha cambiato la qualità di vita dei residenti di una vasta area di territorio medicinese: solo il sindaco e la Provincia sembrano non accorgersene, forti delle relazioni degli organi di controllo che immancabilmente arrivano sempre dopo la puzza! Al momento c'è un solo impianto che malfunziona in questo modo, ma quando saranno a regime i sei previsti nel solo Comune di Medicina, se seguiranno la stessa strada, dove prenderanno i sottoprodotti necessari per farli lavorare?».
Dalla puzza alla salute il passo è breve: «Là dove ci sono impianti di biogas da biomasse la situazione della salubrità ambientale è socialmente esplosiva. La causa è dovuta naturalmente a scelte di tipo speculativo simili a quelle di Medicina: utilizzo di scarti agro-alimentari ed animali in mancanza di impianti adeguati per lo stoccaggio! Le Province, che rilasciano le autorizzazioni, e i sindaci, continuano a far riferimento a fantomatici organi di controllo ormai non più credibili, per mancanza di tempestività e malizia professionale rispetto alle furbizie escogitate dai gestori degli impianti. Tutto ciò trascurando le lamentele dei cittadini costretti di conseguenza a convivere con miasmi quotidiani insopportabili».
Da qui un appello alla Regione affinchè «intervenga per limitare il numero degli impianti territorialmente, vincolare al tipo di biomasse che viene introdotta nei digestori, adeguate strutture impiantistiche per il loro stoccaggio ed obbligando la depurazione del digestato liquido inutilizzato: quest'ultimo, infatti, viene abusivamente scaricato nei corsi d'acqua, spesso di bonifica. Infine, è indispensabile delimitare rigorosamente il raggio di reperimento della “meteria prima” per il funzionamento degli impianti: diversamente lo spreco energetico supererà l'energia prodotta. Se non si faranno queste semplici e necessarie scelte, è decisamente improprio definire rinnovabili le agrobioenergie e quindi la loro compatibilità ambientale».