La settimana appena conclusa è stata evidentemente influenzata dal drammatico terremoto giapponese seguito dallo tsunami, e soprattutto dal gravissimo incidente avvenuto in uno dei numerosi impianti nucleari nipponici che potrebbe determinare pesanti implicazioni non solo umane, ma anche economiche. La violenza del terremoto, che comporterà una ricostruzione molto lunga e costosa, è passata in secondo piano rispetto a quest’ultimo problema e gli occhi di tutti sono puntati sull’impianto nucleare di Fukushima perché il precipitare degli eventi su quel fronte porterebbe ad un drastico peggioramento del già drammatico momento. Il rischio più evidente è che si inneschi una spirale di sfiducia negli operatori che tagli letteralmente le gambe a qualsiasi capacità di ripresa. Gli esempi di shock economico da fattori esterni sono infatti numerosi: da Chernobyl alla crisi asiatica, dall’attentato alle Torri gemelle all’uragano Katrina, al fallimento di Lehman Brothers. Dal punto di vista strettamente economico, per il paese del Sol Levante al momento le stime di consenso parlano di una contrazione del Pil per due trimestri ed una successiva ripresa. Inutili citare cifre perché le previsioni in questo caso contengono un grado di incertezza particolarmente elevato dovuto a molti fattori tra cui, come già sottolineato, l’evolversi degli eventi nell’impianto nucleare di Fukushima.
Nonostante le perdite subìte dal Nikkei nel corso della settimana (-10,0%), dal punto di vista finanziario il Giappone non desta per ora eccessive preoccupazioni, anche se la situazione resta altamente volatile, e non solo per i mercati azionari giapponesi. C’è una certa tranquillità anche sul fronte della sostenibilità del deficit e del debito pubblico nel lungo periodo, nonostante alcuni numeri che, in un’ottica europea, desterebbero grande preoccupazione. Il debito pubblico tocca attualmente il 200% del Pil, ma il Giappone è anche il maggior creditore del mondo, con attivi netti sull’estero del 60%. I giapponesi inoltre detengono il 95% del loro debito e potrebbero, a fronte all’emergenza, ricorrere ad una stretta fiscale sopportabile sia per le famiglie che per le imprese visto che le entrate tributarie rappresentano un terzo del Pil.
Le correlazioni fra i problemi del Giappone e la crescita nel resto del mondo dovrebbero tradursi in un impatto negativo molto contenuto che potrebbe essere seguito da una fase di stimolo alla ripresa. Il calo della domanda e della produzione giapponese che ci sarà nel breve periodo sarà probabilmente compensato da un recupero successivo nella fase di avvio della ricostruzione, la fiducia dei consumatori dovrebbe riprendere, i mercati finanziari ridurre volatilità e incertezza, creando le basi per una crescita più sostenuta.
Sul fronte dell’inflazione la minor domanda di materie prime da parte del Giappone potrebbe portare ad una riduzione dei prezzi anche se resta l’incognita, almeno sul petrolio, degli sviluppi sulla crisi libica e del Medio Oriente.
Dopo avere focalizzato l’attenzione sulla grave crisi nipponica non possiamo dimenticare però i temi che hanno assorbito la nostra attenzione prima di questo funesto evento e che non mancheranno di influenzare l’andamento dei mercati finanziari nelle prossime settimane.
Ci riferiamo in primo luogo agli sviluppi della crisi in Libia ed ai risvolti di politica internazionale che questa potrebbe assumere dopo che l’Onu ha approvato la possibilità di un intervento militare in Libia, a seguito della quale non a caso il Brent ha subìto immediatamente un forte rialzo, riportandosi sopra i 116 dollari. L’accettazione della risoluzione Onu da parte del leader libico Gheddafi, che ha dichiarato il “cessate il fuoco” sul suo territorio, difficilmente eviterà che nei prossimi giorni emergano altre fonti di tensione geopolitica da quel Paese.
Non va dimenticato neppure che i problemi sui deficit e debiti sovrani dei Paesi dell’Area euro sono sempre presenti, anche se le misure approvate dall’Unione europea la scorsa settimana hanno contribuito a rasserenare il quadro.
E’ chiaro quindi che tutti i mercati finanziari stanno attraversando una fase molto difficile e particolarmente incerta. Anche i dati macro sono stati vanificati da questo evento in grado anche di modificarli profondamente ne breve periodo. A dominare è stata quindi la volatilità che ha riportato nervosismo ed incertezza sui mercati azionari che hanno chiuso la settimana tutti in negativo. Vediamo le variazioni della settimana dei principali indici: FTSE Mib -3,05%, FTSE Italia All Shares -2,87%, ESTX50 -3,16%, S&P500 -1,92%, Nasdaq Composite -2,65%, Nikkei -10,22%. Questi i principali appuntamenti attesi per questa settimana: lunedì 18 indice attività nazionale FED di Chicago negli Stati Uniti; martedì 22 prezzi al consumo in Gran Bretagna e indice manifattura Fed di Richmond negli Stati 23 fiducia consumatori Area Euro; giovedì 24 indici PMI Area Euro, disoccupazione negli Stati Uniti; venerdì 25 indice IFO in Germania, fiducia consumatori università del Michigan negli Stati Uniti:
Tassi: probabile cambio di strategia da parte della Bce
Davanti ad avvenimenti di questo genere la prima riflessione porta a domandarsi se le Banche centrali, fino ad una settimana fa avviate verso manovre di maggior rigore monetario, si concederanno un lasso di tempo più ampio prima di agire. Certo è che le Banche centrali non amano agire al rialzo sui tassi in un momento di incertezza e di volatilità per i mercati finanziari. Nel breve la preoccupazione riguarda soprattutto la Bce, che recentemente aveva annunciato ai mercati il quasi certo rialzo del tasso repo di 25bp, all’1,25% alla riunione di aprile. Sul mercato si sta diffondendo sempre più l’idea che la Bce si mostrerà cauta e prenderà tempo rimandando almeno di un mese la manovra.
La Banca centrale giapponese, da parte sua, ha riversato molta liquidità nel sistema, al fine di frenare la caduta della Borsa di Tokio e di tranquillizzare i mercati. Questa manovra ha comportato una generalizzata diminuzione dei rendimenti dei titoli pubblici nipponici su tutte le durate; Il movimento al ribasso dei rendimenti ha in un primo momento interessato anche i titoli benchmark europei che hanno poi chiuso praticamente invariati rispetto ad una settimana fa con il biennale all’1,63% e il decennale al 3,21%. Leggermente più marcata la discesa dei rendimenti statunitensi con il biennale che ha chiuso allo 0,64% mentre il decennale fa segnare 3,40%.
Cambi: le banche centrali intervengono
La conseguenza forse più eclatante del terremoto sui mercati finanziari è stata la consistente rivalutazione dello yen che è arrivato a segnare i nuovi massimi storici contro il dollaro toccando il valore record di 76,25 punti. Il movimento, in apparente contraddizione con l’attuale situazione del Paese, è stato determinato dal rientro dei capitali nipponici dall’estero. Riportano i fondi in patria sia le imprese che devono affrontare la ricostruzione ed i futuri investimenti, sia soprattutto le assicurazioni, che nei prossimi mesi saranno impegnate negli ingenti rimborsi dei danni causati dal terremoto e dallo tsunami. Acquisti di yen sono effettuati anche dalle compagnie di assicurazione e riassicurazione di altri Paesi che fanno provvista di yen in previsione di futuri risarcimenti. Il movimento, se dovesse consolidarsi, avrebbe due conseguenze negative: la prima sulla possibile ripresa dell’economia nipponica, che sicuramente sarebbe favorita da un cambio debole; la seconda sui mercati finanziari internazionali, sui quali gravano le incognite di un pesante disinvestimento di fondi.
Proprio al fine di contrastare questo indesiderato movimento valutario i Paesi del G7 hanno concordato un intervento congiunto per contenere l’apprezzamento dello yen che ha rafforzato quello già effettuato dalla Banca centrale nipponica che aveva già iniziato a vendere la valuta nipponica.
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