Spett. redazione,
martedì 22 marzo è stata la “Giornata mondiale dell’acqua”. L’acqua è un bene comune, irrinunciabile, fonte necessaria di vita e quindi è giusto (e fin troppo semplice) affermare che è un diritto, un diritto molto prezioso. Tradurlo dalla teoria alla pratica presenta qualche difficoltà in più.
I cittadini, gli imprenditori, gli agricoltori, sono veramente convinti che l’acqua sia un bene prezioso, oltre che necessario? Nell’immaginario collettivo è più prezioso l’oro o l’acqua ? L’oro, non c’è dubbio, la risposta è semplice, sta nel prezzo (altissimo per l’oro, irrisorio per l’acqua) e sta nel fatto che l’acqua qui e nel mondo occidentale in generale non è mai mancata. Ma basterebbe spostarsi nei territori dove vive qualcuno di quel miliardo e trecentomila persone senza accesso all’acqua (o anche solo nelle nostre regioni dove spesso l’acqua è razionata) e l’opinione sarebbe certamente diversa.

Qualche dato: con 194 litri annui a persona in Italia siamo i terzi consumatori al mondo, primi in Europa, di acqua minerale, che costa mediamente tra 0,15 e 0,30 €/litro. Un litro della nostra buona acqua di rubinetto costa 0,000157 €/litro, vale a dire almeno 100 volte meno (senza plastica da riciclare). Una famiglia tipo di 4 persone che consuma 100 litri/giorno per persona oggi spende, per consumo d’acqua e corrispettivi per il ciclo idrico integrato (depurazione, fognature, stoccaggio, potabilizzazione), circa 157 €/anno, cioè 41 centesimi di euro al giorno (meno del costo di una mezza minerale al bar).
In questo periodo è sul tavolo dei Comuni della Provincia, con ampio risalto sui giornali, l’aumento della tariffa: un aumento medio del 10%, però differenziato per fasce. E’ del 3% per consumi pro-capite fino a 100 litri/giorno, è molto più elevato per consumi superiori: per la famiglia di cui sopra l’aumento sarebbe di 0,00004 €/litro per un totale di 6 euro annui. A ciò si aggiunga che per i redditi più bassi sono previsti aumenti dei fondi perequativi, il che significa che attraverso quei rimborsi una famiglia con basso reddito dovrebbe mantenere invariata la propria spesa.

Va chiarito che l’aumento della tariffa non deriva da un “contratto di servizio” ma è previsto da una norma di legge che impone che la tariffa copra integralmente i costi fissi del servizio e garantisca la copertura degli investimenti (è una delle due norme che i nostri referendum vogliono abolire). Sul nostro territorio i consumi sono stati inferiori a quelli preventivati e in sede di determinazione della tariffa 2011, l’aumento scatta – come detto – per coprire costi fissi ed investimenti. Le ragioni della diminuzione dei consumi possono essere individuate nella maggiore sensibilità dei cittadini ad un uso corretto dell’acqua, nella tariffazione differenziata introdotta da un anno che premia chi consuma meno, ed anche nella crisi economica. Ovvio e naturale che emerga una considerazione di buon senso: consumiamo meno acqua e la tariffa aumenta. Com’è possibile? Proviamo a ragionarci.
Io sono firmatario dei referendum sull’acqua e attivista del Comitato imolese per l’acqua bene comune. E quindi sono coerentemente convinto che la remunerazione del 7% stabilita per legge non sia giusta (e infatti un quesito referendario la vuole abolire). Ma sono altrettanto convinto che le infrastrutture che debbono garantire il ciclo dell’acqua e la loro manutenzione vadano finanziate: se non con la tariffa, con che cosa? Proprio sui quotidiani di oggi possiamo leggere che in Italia a fronte di un consumo medio pro-capite di 92,5 mc/annui se ne immettono in rete 152, il che significa che le perdite medie della rete sono del 40% (con punte dell’80% in alcune regioni).

Vengo al nodo. Se a Imola abbiamo un valido ciclo idrico integrato (depuratore, acquedotto industriale, bacini di stoccaggio, analisi qualità dell’acqua e una rete distributiva con perdite inferiori alla media nazionale) è perché gli investimenti per l’impiantistica sono stati finanziati nel tempo, dalle AMI prima e dal ConAmi poi, talvolta compensando le perdite del settore idrico con gli utili dei settori gas ed elettricità, scelta senza dubbio lungimirante.

Quindi è evidente che i soldi per gli investimenti vanno trovati ma non deve essere una norma di legge a garantirli. Come risolviamo l’equazione? Io giudico riduttivo un ragionamento che si limita all’aumento di legge delle tariffe 2011 quanto invece ritengo imprescindibile esplicitare le garanzie che dobbiamo chiedere rispetto alla gestione dell’acqua, chiunque ne sia il Gestore (oggi Hera), se vogliamo – come vogliamo – che sia pubblica, e dirò anche come finanziarle.
– Definizione di un consumo minimo vitale pro-capite (Oms e Fao indicano 50 litri/giorno), rimodulato ovviamente per nuclei familiari in base al numero dei componenti, da tariffare ad un prezzo quasi simbolico, che potrebbe essere 1€ per mille litri d’acqua (1mc): oggi la tariffa di Imola è 0,17 € per metro cubo, di fatto è già una tariffa sociale, ed è anche la più bassa della Regione (si va da Sassuolo che costa un 20% in più a Ravenna con un +70%)
– Definizione di due o tre scaglioni di consumo oltre al minimo vitale con maggiorazioni tariffarie molto consistenti e progressive, tali da garantire le risorse per gli investimenti sugli acquedotti, la fognatura, la depurazione e la gestione del servizio. Con questa seconda tariffazione si otterrebbe indirettamente e in tempi brevi anche una notevole riduzione dei consumi d’acqua
– Definizione di un adeguato piano investimenti sul “ciclo idrico integrato”, con particolare attenzione alla riduzione delle dispersioni della rete, che garantisca un buon servizio e che sia economicamente coerente con gli incassi da tariffe. Il controllo sulla realizzazione del piano investimenti deve essere ferreo.
– Per ogni nuova costruzione o ristrutturazione, civile o industriale che sia, va previsto l’obbligo del doppio impianto idrico separato (potabile e altri usi) e del recupero delle acque piovane e delle acque bianche (pratica in Italia e ad Imola pressoché inapplicata)
– Industria e agricoltura sono i veri grandi consumatori di acqua (di falda, di fiume oppure grezza, cioè non potabilizzata): vanno programmati pesanti investimenti su innovazioni tecnologiche che rendano le lavorazioni industriali meno idrovore e i sistemi irrigui meno impattanti possibile, prevedendo anche in questi settori una tariffazione incentivante per chi consuma con raziocinio e penalizzante per chi spreca, tarata in modo da finanziare gli investimenti.

Questo a mio avviso è un approccio serio al problema acqua, senza la pretesa di averlo affrontato in maniera esaustiva. Nel nostro Paese occorre tornare a discutere del merito e dei contenuti, di discussioni demagogiche in cui ognuno porta i suoi dati come unici attendibili, con la finalità di ottenere consenso senza affrontare e risolvere i problemi, ne abbiamo le tasche e le orecchie piene.
La sinistra e gli ambientalisti con ragionamenti seri e concreti come questo, senza demagogia, dimostrano di saperlo fare e di poter governare, bene, qui come a Roma. Per iniziare, andiamo a votare SI ai prossimi referendum. (Mauro Barnabè, consigliere comunale Sinistra Arcobaleno)