Castel San Pietro Terme. Una delegazione di lavoratori dello stabilimento Malaguti di via Cà Bianca a Poggio Grande (Castel San Pietro Terme), sono scesi in piazza, su iniziativa della Fiom –  Cgil, per protestare contro l’imminente chiusura della produzione, che avverrà in modo temporaneo a metà aprile, sfruttando la cassa integrazione, e in modo definitivo il 31 ottobre 2011, se nel frattempo non si troverà un acquirente disposto a proseguire l'attività. Sono 170 i lavoratori di questa storica casa costruttrice di scooter e ciclomotori, sui quali pesa il dramma della perdita del lavoro. 
“Questa – dice Sabrina Franchini, Rsu della Fiom – è un’ulteriore doccia fredda. Che la situazione aziendale fosse drammatica lo sapevamo, ma non pensavamo di essere a un passo dal tracollo. All’atto pratico, fermare l’ultima catena di montaggio rimasta in funzione significa che da metà aprile rimarrà attivo soltanto il servizio di assistenza ricambi e la maggior parte di noi resterà a casa. Inoltre, il 31 ottobre scadrà la cassa integrazione straordinaria, per cui saremo tutti in mobilità”. La crisi della Malaguti procede di pari passo con quella del comparto motoristico. Due anni che l’azienda ricorre alla cassa integrazione, ma è solo negli ultimi mesi che è stata resa nota la gravità della situazione, che porterà a chiudere definitivamente i battenti a metà ottobre. “La dirigenza dice che non è più possibile produrre qui – continua Franchini -, perché la concorrenza dei mercati asiatici è troppo forte, ma com’è possibile abbandonare a se stesso un marchio storico, che negli anni ha saputo imporsi sui mercati mondiali? Noi non vogliamo che la produzione si fermi, vogliamo continuare a lavorare”. Attualmente dalla catena di montaggio della Malaguti escono circa novanta scooter al giorno, compresa la produzione per conto terzi di una nota azienda nipponica, ma la produzione scenderà a zero nel giro di due settimane.

La solidarietà del sindaco
Con i lavoratori della Malaguti era in piazza anche Sara Brunori, sindaco di Castel San Pietro Terme: “Sono qui per esprimere la solidarietà ai lavoratori – ha detto – in questa difficile situazione che stanno vivendo. Il 31 marzo in Provincia si è riunito in tavolo di crisi e in quella sede la proprietà ha dichiarato che da metà aprile cesserà la produzione. In effetti l'azienda soffre nella competizione con i grossi gruppi industriali ed è quindi in difficoltà nella produzione e nella vendita, al punto che lavorerebbe sotto costo. L'azienda ha fatto un piano di riordino che prevede il mantenimento del reparto assistenza e ricambi che impiega una parte marginale dei lavoratori. L'impatto di questa chiusura sarà forte, perché al dramma dei lavoratori si aggiungerà anche quello dell'indotto, che si estende a tutto il territorio del circondario. Dunque parliamo di un impatto fortissimo sul tessuto socio economico del circondario.  Sono 170 le famiglie che si troveranno a fronteggiare una situazione estremamente difficile, ed è compito delle istituzioni accompagnarle nel difficile cammino che le aspetta”.

 
Il dramma dei lavoratori
Famiglie come quella di Rocco Loprino, entrato in Malaguti undici anni fa: “All’inizio ero in catena di montaggio, poi sono diventato assistente alla catena e negli ultimi tempi mi sono dedicato alla riparazione dei mezzi che non risultavano conformi alla vendita. Perdere il lavoro è uno shock per la mia famiglia, ho una bimba di tre anni ed un'altra di undici, devo pagare le rette e il mutuo della casa”.

Situazione simile per Cinzia Albinelli, entrata in azienda nel 1999: “Ho quarantotto anni e sono seriamente preoccupata per il mio futuro; ho un mutuo da pagare e una figlia da mantenere. Oggi non trova lavoro la gente di vent’anni, figurarci chi ha la mia età”.

Nicola Orefice, in Malaguti dal 1986, si trova ad affrontare una situazione anche peggiore: “Lavoravo come autista ma sono a casa dallo scorso ottobre, a causa di un incidente sul lavoro che ha compromesso l’utilizzo della spalla destra. Si tratta del secondo infortunio subito da quando lavoro in Malaguti”.

Pamela Ruggeri e Mariateresa Brina hanno avuto un percorso simile: “Siamo entrate in Malaguti nel 2000, con un contratto a tempo determinato che scadeva a luglio e veniva rinnovato da settembre, ma dopo cinque anni siamo state assunte. Credevamo di essere entrate finalmente a far parte di una realtà solida, con un futuro davanti, ma dal 2008, con i primi ricorsi alla cassa integrazione, ci siamo rese conto che qualcosa non andava. È stato però solo nel gennaio di quest’anno che ci siamo rese conto che si andava verso la chiusura”.

Secondo Andrea Caselli, da diciassette anni in azienda, la gravità della situazione era palese da tempo: “il crollo delle vendite è dovuto ad una situazione di crisi del settore che stanno vivendo anche tante altre aziende, contro alla quale si può fare poco. Chi lavorava all’ufficio acquisti, in magazzino o al controllo qualità, come me, aveva intuito da tempo che la situazione non era rosea: rispetto agli anni ’90, in cui uscivano dalle catene di montaggio 90 mila scooter all’anno, negli ultimi anni la produzione era calata a meno della metà. Il primo segnale che si stavano operando tagli sul personale è stato l’allontanamento degli interinali, nel 2009, a cui sono seguite azioni volte sempre più a ridurre l’utilizzo delle risorse umane. La situazione era sotto gli occhi di tutti, ma molti hanno preferito non vedere, finché non si è arrivati all’epilogo”. Epilogo destinato ad essere tragico, a meno che non si faccia vivo un partner disposto ad investire nel rilancio del marchio, accollandosi gli oneri del caso.

(Rm)