Lo stesso ministro che all’indomani dell’emergere dei problemi nella centrale nucleare di Fukushima, aveva con assoluta certezza affermato che non era pensabile un ripensamento sul nucleare, oggi a distanza qualche settimana, e di fronte all’emergere di tutta la gravità della situazione giapponese eccolo affermare: “Abbiamo rivisto l'impostazione sul nucleare data nel 2009 e rinviamo una decisione così importante ad un chiarimento complessivo in sede europea”. Chissà cosa ha convinto il ministro Romani e il governo tutto? Non crediamo dipenda dal fatto che i giapponesi abbiano elevato al livello 7 (come Chernobyl) la gravità di ciò che è accaduto, allora? Forse una spiegazione c’è. E si tratta di una data. Il 12 e 13 giugno. E di una paura. Di una sconfitta secca per il governo, non solo sul nucleare, ma anche sull’acqua e, soprattutto, sul legittimo impedimento. Altri temi che saranno al centro del referendum. Rimane fermo però il fatto che l’ultima parola sull’effettuazione dei referendum spetta alla Corte Costituzionale, che dovrà verificare se le norme introdotte dal governo sono sufficienti per invalidare il voto.
Di questo parere è il comitato “Vota Sì per fermare il nucleare”: “Ora dopo ora, più che uno stop quello del governo sembra un pit stop, una pausa strumentale e transitoria per evitare di ricevere una mazzata dagli italiani al referendum e pure alle amministrative. Ma senza cambiare rotta. Il piano nucleare del governo, insomma, non finisce nel secchio, va solo nel cassetto, pronto a tornare in auge alla prima occasione. Mala puzza di bruciato si sente lontano un miglio. Se l’intenzione del governo è usare quell’emendamento per azzerare il referendum sul nucleare, e poi, tra un anno o due, varare una nuova norma che ci riporterà al punto di partenza, con un nuovo programma atomico, allora siamo di fronte ad un truffa referendaria bella e buona. Comunque, gli italiani, cui l’emendamento del governo vuole togliere la possibilità di bocciare sonoramente il nucleare col referendum e metterci definitivamente una pietra sopra, non si faranno raggirare”.
Come non bastasse, per depotenziare definitivamente il voto di giugno, il governo sta pensando anche a modifiche alla normativa che riguarda la privatizzazione dell’acqua. “ Ogni giorno ha la sua pena istituzionale – afferma Stefano Rodotà, in un intervento apparso sul sito del comitato ‘Acqua bene comune’. Davvero preoccupante è l'ultima trovata del governo: la fuga dai referendum. Mercoledì si è voluto cancellare quello sul nucleare. Ora si vuole fare lo stesso con i due quesiti che riguardano la privatizzazione dell'acqua. Le torsioni dell'ordinamento giuridico non finiscono mai, ed hanno sempre la stessa origine. È del tutto evidente la finalità strumentale dell'emendamento approvato dal Senato con il quale si vuole far cadere il referendum sul nucleare… Ma, fatta questa mossa, evidentemente gli strateghi della decostituzionalizzazione permanente devono essersi resi conto che i referendum sull'acqua hanno una autonoma e forte capacità di mobilitazione. Fanno appello a un dato di vita materiale, individuano bisogni, evocano il grande tema dei beni comuni, hanno già avuto un consenso senza precedenti nella storia della Repubblica, visto che quelle due richieste di referendum sono state firmate da 2 milioni di cittadini, senza alcun sostegno di grandi organizzazioni, senza visibilità nel sistema dei media. Pur in assenza del referendum sul nucleare, si devono esser detti i solerti curatori del benessere del presidente del Consiglio, rimane il rischio che il tema dell'acqua porti comunque i cittadini alle urne, renda possibile il raggiungimento del quorum e, quindi, trascini al successo anche il referendum sul legittimo impedimento. Per correre questo rischio? Via, allora, al bis dell'abrogazione, anche se così si fa sempre più sfacciata la manipolazione di un istituto chiave della nostra democrazia. Caduti i referendum sul nucleare e sull'acqua, con le loro immediate visibili motivazioni, e ridotta la consultazione solo a quello sul legittimo impedimento, si spera che diminuisca la spinta al voto e Berlusconi sia salvo. Quest'ultimo espediente ci dice quale prezzo si stia pagando per la salvezza di una persona. Travolto in più di un caso il fondamentale principio di eguaglianza, ora si vogliono espropriare i cittadini di un essenziale strumento di controllo, della loro funzione di legislatore negativo”.
Una presa di posizione altrettanto netta viene dal comitato referendario “Imola 2 Sì per l’acqua pubblica”, che risponde alle dichiarazioni del presidente di Federutility, Roberto Bazzano, che ha chiesto espressamente un intervento legislativo per fermare i referendum sull’acqua: “A Governo, Federutility e Confindustria diciamo chiaramente: non ci provate, giù le mani dai referendum!. I referendum sull’acqua hanno ottenuto le firme di un milione e quattrocentomila cittadini e ben 5.295 nel Circondario Imolese. Una straordinaria mobilitazione che chiede l'uscita dell'acqua dal mercato e dei profitti dall'acqua. Che vuole la tutela condivisa di un bene comune essenziale e di un diritto universale. Che rivendica il proprio diritto a decidere in prima persona. Un grande movimento che non permetterà alcuno scippo dell’acqua e della democrazia. Perché solo la partecipazione è libertà. A Imola e Circondario eserciteremo questa partecipazione con una serie di iniziative pubbliche, banchetti, contatti porta a porta con le/i tante/i concittadine/i sensibili a questo tema e che con noi vogliono raggiungere questo straordinario risultato di democrazia reale”. (Valerio Zanotti)
Per informazioni
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