Le rinnovabili sono ormai una realtà consolidata, una realtà industriale ed economica in grado di trainare in modo sempre più deciso l’economia di tutti quegli Stati che hanno deciso di investirvi. Una realtà tuttavia ancora giovane, incapace di autosostenersi senza gli aiuti degli incentivi statali ed altrettanto incapace, senza questi aiuti, di raggiungere la tanto agognata Grid Parity, ossia il momento in cui il prezzo dell’energia da fonte rinnovabile sarà competitivo anche senza il supporto degli incentivi.
Noto tuttavia una certa resistenza della realtà politica ed industriale italiana nel far “maturare” le rinnovabili in modo che possano diventare pienamente competitive anche senza gli incentivi. Mi sono domandato allora da dove potesse mai provenire questa diffidenza, questa reticenza nei loro confronti. Uno sviluppo del settore infatti, anche solo in termini di un mero ragionamento economico, dovrebbe essere visto con accondiscendenza dallo Stato, in quanto è pur vero che si elargiscono incentivi, ma è anche vero che la nascita di nuove realtà imprenditoriali si traduce in ingressi maggiori per lo Stato mediante tassazione.
Per capire il motivo profondo di questa diffidenza verso le rinnovabili, credo si debba analizzare nel dettaglio come funzioni il mercato elettrico italiano. In Italia il prezzo di quasi tutta l’energia elettrica viene fissato ora per ora all’interno della Borsa Elettrica, una borsa in cui si incontrano l’offerta di coloro che producono l’energia e la domanda di coloro che l’acquistano per poi portarla alle nostre case e alle utenze industriali. Ora le offerte di energia elettrica vengono accettate dal gestore di questa borsa in ordine di prezzo, da quelli più bassi a quelli più alti, fino a quando la loro somma in termini di potenza non riesca a soddisfare l’intera domanda oraria (cha altro non è cha la somma dell’energia elettrica richiesta dalle nostre case e dalle imprese nelle quali lavoriamo). Il prezzo di acquisto riconosciuto a tutta l’energia necessaria per coprire questa domanda elettrica oraria, viene fissato con il prezzo dell’offerta più alta. Il produttore di energia quindi che riesce a produrre a meno, si vede comunque elargito dal gestore della borsa il prezzo più alto riconosciuto all’ultima centrale di produzione elettrica da cui è stato necessario acquistare energia per coprire l’intera domanda oraria. Tutta l’energia prodotta che in virtù di un prezzo troppo elevato non rientra in questa domanda, non viene acquistata. Le centrali meno efficienti pertanto dovrebbero finire automaticamente fuori mercato.
Accade pertanto che nel sistema elettrico italiano a fare il prezzo dell’energia siano i cicli combinati a gas naturale (che con circa 22 GW di potenza coprono più della metà del fabbisogno energetico italiano), che inevitabilmente sono i più costosi in quanto utilizzatori di un combustibile con un elevato prezzo d’acquisto. A chi appartengono questi impianti? Quasi tutti a Enel. Grazie a questo meccanismo quindi, i grandi player energetici fanno sì che il prezzo dell’energia si mantenga elevato e che ripaghi quindi i propri investimenti di generazione elettrica.
A rompere le uova nel paniere arrivano le rinnovabili. Le rinnovabili infatti, in base a quanto sancito da una direttiva europea, hanno priorità d’accesso al mercato elettrico. Questo vuol dire che l’energia prodotta da fonte rinnovabile deve sempre essere acquistata dal gestore elettrico indipendentemente dal suo costo. Cosa accade allora? Accade che l’energia fornita dalle rinnovabili va a coprire una quota sempre più grande della domanda oraria di energia (soprattutto durante il giorno), mettendo fuori mercato i cicli combinati a gas più costosi. Questo ovviamente si traduce in una diminuzione del costo all’ingrosso dell’energia, soprattutto durante le ore del giorno in cui la domanda è più alta e i grandi player guadagnano di più. Di notte infatti, essendo i costi di produzione costanti e la domanda significativamente ridotta, essi sono costretti a vendere ad un prezzo inferiore rispetto a quello necessario per coprire tutti i loro costi. Normale quindi che cerchino di vendere durante il giorno al prezzo più alto possibile.
Purtroppo/per fortuna il picco della produzione da fonti rinnovabili, fotovoltaico in primis, si ha durante il giorno, proprio in quelle ora di massimo guadagno per i grandi player. Una grande diffusione delle rinnovabili quindi, costringerebbe i grandi player energetici a spegnere alcune delle loro centrali a gas, con perdite economiche ingenti e gravi. Le centrali termoelettriche a gas italiane infatti, sono per lo più centrali nuovissime, con poco più di 10 anni di vita, centrali molto efficienti e moderne (secondo alcuni analisti il parco termoelettrico più moderno ed efficiente del Mondo) con il solo problema di alimentarsi con un combustibile costoso, non rinnovabile e proveniente da paesi geopoliticamente instabili.
Per concludere ritengo pertanto che la diffidenza nei confronti delle rinnovabili che si respira in Italia, sia legata soprattutto alla modalità con cui si formano i prezzi dell’energia elettrica e alla possibilità che le fonti rinnovabili mettano fuori gioco delle centrali a gas naturale di nuova generazione il cui investimento iniziale deve ancora essere recuperato. Questa diffidenza di Enel e dei grandi player energetici è quindi da comprendere; essi devono difendere la loro principale area di business. Una soluzione è tuttavia necessaria. Ma serve una politica in grado di pesare tutte le posizioni in gioco e disinnescare sul nascere questo conflitto. (Grasso Denis)