Bologna. Sono rimasti dal 20 maggio al 10 giugno, giorno e notte, in piazza Nettuno, simbolicamente sotto i gradini del muro dove venivano fucilati i partigiani, a fianco di piazza Maggiore, e ora evolvono la loro manifestazione nei quartieri di Bologna. Sono gli indignados della città di Bologna, studenti e anche alcuni lavoratori. Con loro abbiamo cercato di capire il perché e quali i loro obiettivi. E nell’ intervista, oltre a Antonio e Paolo, anche una studentessa spagnola, Clara, all'Università di Bologna per un Erasmus in Medicina, e tra le promotrici di quella che qui chiamano Rivoluzione.
Andiamo con ordine. In Spagna, precisamente a Barcellona, nella piazza, si radunano gruppi di studenti per richieste di democrazia e per protestare contro i tagli del governo Zapatero su Stato Sociale e spesa pubblica. E' il 15 maggio 2011. In pochissimo tempo la piazza si riempie di giovani e operai che si autorganizzano. La protesta parte anche a Madrid, poi Bruxelles, Londra, e poi arriva in alcune città italiane. E’ il 20 maggio 2011. Clara Maluquer, 23 anni, spagnola, sente la necessità di non lasciare soli altri studenti lasciati in Spagna, per il suo Erasmus. E così con Antonio Liguori, 26 anni, bolognese, studente all’ Università in Antropologia, e altri ragazzi, difficile rintracciarli tutti, e anche un lavoratore, Paolo Alem, 37 anni, informatico, danno il via all’ occupazione di piazza Nettuno il 20 maggio, Cinque giorni dopo l’ inizio in Spagna. I contatti vengono mantenuti in diretta, 24 ore su 24, proprio da Clara, che traduce ogni attimo di Barcellona e Madrid, e trasmette l’ evoluzione di Bologna. Ogni sera, in piazza Nettuno, crescono gli studenti che aderiscono alla Rivoluzione nata dal basso. Ogni sera, un tema di dibattito e discussione, al quale partecipano anche passanti attirati dai microfoni e dai cartelli improvvisati. I contati con le città straniere crescono ogni giorno, ogni ora.
“La stampa non ne parla” afferma Antonio “Chi controlla la stampa, l’ informazione, ha paura di questo grande movimento che nasce dalla base e rivendica obiettivi precisi”. Chiedo a Clara se parla italiano “Certo, è un anno che sono qui, per l’ Erasmus. E adesso traduco ogni messaggio che arriva via internet dall’ estero. Poi ci organizziamo e promuoviamo rivendicazioni.
Ma perché quei giovani si sono ritrovati in piazza a Barcellona, le chiedo: “All'inizio sembrava che le rivendicazioni dei giovani riguardassero solo loro. Poi quando la gente ha capito che era tutta una società che si stava ribellando, si sono uniti ai giovani. In pochissimo tempo. Non ne parlano esattamente di cos’è. Questa è una gigantesca rivendicazione di democrazia reale. Questa è una rivoluzione.” Ma cosa unisce i giovani spagnoli al resto d’ Europa ? “ Guarda, intanto vorrei precisare che se fossi rimasta in Spagna, sarei con loro. E se adesso sono in questa piazza è perché anche i giovani del resto d’ Europa hanno gli stessi problemi e gli stessi obiettivi. Siamo in collegamento con almeno duecentocinquanta città europee”. Perché allora non se ne parla sulla stampa ? “Perché è pericoloso per i progetti di chi governa l’ Europa. In Italia, i nostri politici si guardano bene, e tutti, da questa rivoluzione di base”. Risponde Antonio. E aggiunge: “Il 10 giugno abbiamo dovuto lasciare solo temporaneamente la piazza, come vedi siamo ancora qui. Ora in piazza discutiamo apertamente, tutti possono intervenire. Ma il nostro obiettivo è quello di insediarci nei quartieri nelle prossime settimane”. Quali sono i vostri obiettivi o rivendicazioni? “Comincerei con il diritto alla casa, e cercare di fare emergere l’ emergenza abitativa. Abbiamo ottenuto un dibattito e una discussione con l’ Assessore Malagoli, a Palazzo d’ Accursio. Poi discutiamo di come utilizzare le case sfitte, le modalità della loro gestione, della moratoria sugli sfratti. Abbiamo ottenuto un incontro con l’ Assessore Frascaroli per il problema dei migranti che sono arrivati due mesi fa e sono accampati in Montagnola. Dei permessi di soggiorno, e di anche come deve essere gestita l’ Università. Noi siamo contrari alla riforma Gelmini”.
Antonio è un fiume di programmi, fino addirittura a prendere in esame la mafia: “Stiamo discutendo della presenza della mafia in Emilia Romagna, e dei nove stabili confiscati che si trovano in centro a Bologna. Poi parliamo anche della mancata trasparenza sugli appalti di HERA all’ aeroporto Marconi”.
Punto importante anche l’Istruzione, con un “cambiamento radicale”, sostiene Antonio, dalla Legge Berliguer in poi. Non manca naturalmente il problema del precariato, che li coinvolge in prima persona: “La nostra è una critica la capitalismo nel suo insieme. Vogliamo l’ abrogazione della Legge 30”.
Paolo Alem, arriva ormai a intervista terminata, ma ha capito bene il taglio delle domande: “Noi abbiamo sostenuto i referendum, siamo per la gestione pubblica dei beni. Ma anche l’ economia è un patrimonio comune. Però nessuno di noi ha voce in capitolo sui temi economici. Noi vogliamo il Welfare vero, e i soldi si devono trovare tagliando le spese dei politici, colpendo l’ evasione fiscale e eliminando le spese militari. Deve poter esistere come in altri paesi europei, il reddito di cittadinanza. E tutto questo deve nascere nel mondo del lavoro e allora ci vuole una nuova democrazia sindacale e una nuova forma di democrazia e rappresentanza sindacale. L’ intervista si chiude con due domande che spiazzano: Come rispondono i bolognesi?
“C’ è un sostegno di fondo, ma qui la delega è fortissima. Si tende a lasciare fare chi è delegato, e non a partecipare direttamente”.
E come rispondono gli altri studenti?
“Ragionano per collettivi. Fanno fatica a recepire un movimento di persone. Sono però disponibili a discutere tutti i temi proposti”. Tutti e tre vengono chiamati da altri studenti, si deve fare partire il dibattito serale. Segno allora che la rivoluzione va avanti.