Gentile direttore,
faccio riferimento alle numerose opinioni che si sono avvicendate sulla stampa locale in merito al Parco commerciale la Fucina, localizzato a ridosso del casello autostradale di Imola. Le propongo alcune brevi e sintetiche riflessioni.

Fabbisogno

Riporto alcuni dati quantitativi relativi alle attività presenti nel Parco commerciale, desunte dalla scheda tecnica, consultabile sul web: 91 le piccole e medie superfici per attività commercial, 6.491 mq. di superficie cinema con 12 sale attrezzate, 11 le attività per il tempo libero e la ristorazione, 2.621 i posti auto, 220.000 circa i residenti come bacino d’utenza. La prima domanda è sulla base di quali valutazioni e in quali ambiti siano stati riscontrati queste esigenze/bisogni del territorio di riferimento, sociale ed economico, e quali siano i dati che hanno consentito di decidere/avviare un intervento che incide fortemente sull’assetto del sistema-città imolese e del territorio vasto di riferimento.

Fruizione sostenibile del territorio e mobilità
Leggendo la presentazione della brochure sul web, mi hanno colpito due concetti chiave: il primo è l’ipotesi che in soli trenta minuti, una quantità enorme di persone possano riversarsi nella “Fucina” uscendo dall’autostrada, fruire degli spazi e delle attività presenti, per poi riprendere l’autostrada e tornare dal proprio punto di partenza; il secondo è la dimensione della dotazione di parcheggi vicino al casello autostradale.
Di nuovo mi chiedo se questo sia un modo di vivere la città riscontrato direttamente con la collettività e con il territorio sociale ed economico, e quanto sia sostenibile senza appesantire il traffico e la circolazione. Non nascondo inoltre una certa perplessità rispetto alle conseguenze sul livello di servizio della viabilità principale e secondaria afferente già storicamente congestionato per l’assetto morfologico del territorio imolese.

Relazioni, luoghi e non luoghi, partecipazione
Credo che una delle componenti principali del “luogo urbano” sia lo scambio, la relazione, (umana, territoriale, morfologica, urbanistica, architettonica) con l’intorno, di qualsiasi tipo e livello, positiva/negativa, piacevole e non. Purtroppo spesso i progetti e gli interventi significativi non prestano la dovuta attenzione e valenza alle relazioni/implicazioni dell’andare, del tornare e dello stare, concentrandosi sui manufatti e pensando spesso che poi la dotazione di parcheggi possa essere un elemento risolutivo. In quest’ottica si possono ritrovare, a mio avviso, nel territorio imolese alcuni “non luoghi”, cioè ambiti molto interessanti e di valore, ma separati, con una scarsa attenzione alle relazioni con il territorio stesso. Forse in questi casi, sicuramente non è facile ma dovuto, una discussione e ampia condivisa con la collettività delle scelte, potrebbe creare relazioni più fluide, sia fisiche che sociali, e tentare di ricucire lo strappo tra natura ed attività umane, che a mio parere, ha già raggiunto livelli con conseguenze sociali e di qualità della vita evidenti. Faccio riferimento alla volontà espressa, in questo senso, da nuovi approcci al vivere urbano/rurale che promuovono la partecipazione ed il sentirsi parte integrante del sistema – città – territorio – paesaggio (ad esempio città in transizione, cohousing, gruppi di acquisto solidale, e sicuramente molti altri).

“Urbs, civis e polis”(E.Salzano_ http://eddyburg.it)

Concludo con una citazione di Edoardo Salzano, uno dei maestri dell’urbanistica italiana, che recentemente è
stato a Imola chiamato da un amico carissimo. “… Per me la città nasce con gli spazi pubblici. L’uomo, nel suo sforzo di costruire il proprio luogo nell’ambiente, ha generato quella sua meravigliosa invenzione che è la città a un certo momento della sua vicenda: precisamente quando, dal modificarsi del rapporto tra uomo, lavoro e natura, è nata l’esigenza di organizzarsi (come urbs, come civitas e come polis) attorno a determinate funzioni e determinati luoghi che possano servire l’insieme della comunità” (Lettera firmata)