Imola. La realtà lavorativa di un ragazzo che termina gli studi oggi, molto probabilmente potrebbe incontrare il cosiddetto contratto di apprendistato. Si è chiesto ad alcuni ragazzi come è stata la loro esperienza. Innanzitutto però cos'è l'apprendistato? Il contratto di apprendistato oggi in vigore e attivo dal 2006, con alcune rettifiche del 2008, prevede che questo tipo di accordo aziendale possa essere esteso a tutti i soggetti usciti dalle scuole (superiori o università) fino all'età di 29 anni. La sua durata può variare da 1 a 5 anni a seconda di quanto previsto nel Contratto collettivo nazionale dei lavoratori di categoria (Ccnl). Per definizione esso è un percorso di formazione per una specifica mansione, nel quale lo Stato delega il datore di lavoro a farsi carico della formazione teorica e pratica, all'interno e all'esterno dell'azienda, dell'apprendista. L'azienda in cambio del “servigio” ottiene importanti sgravi fiscali sullo stipendio dell'interessato. L'apprendista quindi per tutto il tempo che è in azienda deve essere sempre considerato come un soggetto in via di formazione, quindi deve avere la possibilità di poter estinguere eventuali dubbi grazie al supporto di un personale con più esperienza a lui vicino. Nel caso in cui risulti chiaro per tutti che l'apprendista sia giunto in grado di svolgere compiutamente la propria mansione senza il bisogno di superiori prima del termine del proprio contratto, la definizione stessa di questo va a cadere e sarebbe dovere morale del datore di lavoro interrompere l'apprendistato per un contratto a tempo indeterminato. Al termine di tale accordo, il datore di lavoro ha due strade possibili, o interrompere ogni rapporto con il lavoratore formato e “lasciarlo a casa”, oppure intraprendere un contratto a tempo indeterminato. Il contratto di apprendistato una volta terminato non può essere rifatto.
Riportate queste dovute premesse teoriche, passiamo alle esperienze reali di alcuni giovani del circondario imolese, dei quali, per la privacy, omettiamo sia i loro nomi che quelli dei datori.
I primi due ragazzi sono contenti della loro esperienza, oggi lavorano a tempo indeterminato in una grande cooperativa dopo aver fatto 3 anni di apprendistato. “Il processo di formazione è stato abbastanza rispettato – spiega uno di essi – le ore di lezione in sede esterna ovviamente sono state sempre fatte scrupolosamente, firmando le ore sul nostro registro, le ore interne invece, soprattutto dopo il secondo anno, sono state un po' segnate a tavolino”. Nonostante questo però viene spiegato che alcune cose facevano parte del lavoro di tutti i giorni, quindi era inutile farne una lezione a parte.
Un terzo ragazzo invece ci spiega che dopo aver fatto 3 anni di apprendistato presso una cooperativa, non gli è stato rinnovato il contratto al termine. “Le ore di formazione interna sono state tutte firmate a tavolino, senza averle mai realmente svolte” spiega. I problemi maggiori sono però emersi nella ricerca di un nuovo lavoro. “Sono stato assunto da questa piccola azienda artigiana con un altro contratto di apprendistato, ovviamente non si potrebbe, quindi mi è stata leggermente cambiata la mansione nel contratto. Ho accettato perché ho bisogno di lavorare, ma in breve tempo era chiaro che sapevo già fare il mio lavoro, anche perché in realtà la mia mansione era la stessa di quella fatta per 3 anni. Le ore di formazione esterna (davvero poche al confronto con quelle interne) le ho fatte, ma per quelle interne vengo chiamato alla fine dell'anno senza tante spiegazioni per firmare il registro e senza averne mai fatta nemmeno mezza. Ora sono 5 anni che faccio l'apprendista di un lavoro che all'interno della mia azienda so fare bene, e anzi, mi è stato anche richiesto di insegnarlo a ragazzi nuovi; mi sono già lamentato di questo con il datore, ma non c'è stato verso. Il problema per me è che un apprendista versa meno contributi, quindi queste manovre del datore per risparmiare vanno a scapito del mio futuro”.
Una quarta esperienza ci mostra come ancora ci si approfitti del contratto: “Sono stato assunto come apprendista impiegato con la mansione di controllo qualità all'interno di questa piccola azienda, in breve tempo mi si davano responsabilità delle quali io ero contento, venivo anche presentato agli esterni come responsabile del controllo qualità. Ma con il tempo le perplessità crescevano; le ore di formazione erano firmate ma non fatte, il mio contratto mi vedeva come apprendista ma venivo accusato e rimproverato se qualcosa non andava come quello che doveva averci pensato. Infine per grossi problemi con il datore ho dato le dimissioni”. L'ultima testimonianza ci mostra un apprendista che si trova a esser l'unico lavoratore nel suo reparto e più di una volta è rimasto anche in azienda assolutamente da solo (cosa proibita anche per i lavoratori normali).
Molte di queste esperienze mettono in evidenza come il contratto di apprendistato sia, a volte, più una risorsa per i datori di lavoro che non per i giovani. Ci si chiede se non ci sia modo di evitare queste manovre o se più semplicemente non interessa a nessuno evitarle. A quanto pare basterebbe il buon senso dei contraenti, ma tutti sanno che in questo campo, giusto o meno che sia, si guarda più all'interesse economico che non a quello morale. Il risultato è chiaro: non si dovrebbe lasciare che la formazione dei giovani sia a discrezione “dell'umanità ” del datore, ma si dovrebbero stabilire parametri oggettivi per dare a tutti la possibilità di avere un apprendistato utile e vicino al fine per cui è nato. (el.an.)