Le banche, sin dal risveglio medievale dell’economica mercantile, son servite a tre cose: rendere sicure e certe le transazioni finanziarie fra operatori commerciali, mediando, se necessario, fra mercati e valute diverse, custodire ed investire i surplus finanziari, finanziare intraprese che abbisognano di credito.
Le banche, svolgendo questa attività, da sempre nascono, crescono e declinano; come non ricordare la crisi di Firenze del 1345, quando i Peruzzi, i Bardi e tutti gli altri banchieri fallirono trascinando la città in una crisi terribile.
I fiorentini erano i banchieri del mando allora, avendo impegnato il surplus accumulato facendo manifattura di tessuti di elevatissima qualità e pratiche di commercio internazionale in attività finanziarie ed inventando importanti tecniche bancarie, (in primis le “lettere di Credito”, la moneta virtuale dell’epoca) che già funzionavano utilizzando un modello di rete; infatti le banche utilizzavano filiali sparse per il mondo per convertire in valute locali le “lettere di credito” inviate da altre piazze commerciali.
Sostanzialmente possiamo dire che quel processo di “globalizzazione” dei mercati, innescatosi nel basso medioevo diede vita e fu possibile anche grazie a quella prima rete “Istituti bancari” che infrastrutturarono il commercio internazionale.
Insomma, da sempre, dentro i modi di produzione mercantile prima e capitalistico poi, la produzione di moneta è stato compito delle organizzazioni pubbliche ( oggi gli Stati ma non solo, pensiamo al Fondo Monetario Internazionale), ma la gestione della circolazione è stato affare privato, tutelato e regolato dale leggi.
La domanda che dobbiamo porci oggi è: Zuckerberg & C sono i nuovi Peruzzi, i nuovi Bardi, i banchieri della nuova era destinati a cambiare la geografia finanziaria e non solo, del mondo?
Come i loro antichi predecessori fiorentini partono dalla volontà di investire un enorme capitale accumulato mediante attività di produzione manifatturiera e di servizi, nonché commerciale, in attività finanziarie.
Hanno dalla loro una invenzione tecnologica, la Blockchain, che rende certe e sicure le transazioni finanziarie,
ed un sistema di rete penetrante e pervasivo quale mai la storia ha conosciuto: il web, anzi loro “sono” il web quindi sono i leaders di una supercomunità mondiale, FB, che oggi conta oltre 2,2 miliardi di individui.
Si danno una propria “lettera di credito” che assume la forma della moneta virtuale: LIBRA. Questa moneta ha uno specifico obiettivo politico e finanziario: accompagnare la nuova fase della globalizzazione necessaria alla crescita degli interscambi mondiali B2C.
Porterà con se dei rischi questa moneta, o meglio questa nuova fase della integrazione fra economie? Certo, moltissimi, ma del resto la storia del sistema Bancario Internazionale è storia di grandi successi e catastrofici fallimenti e, nel nostro Paese, numerose Banche tradizionali, vigilate dallo Stato, hanno fatto significativi disastri negli ultimi anni.
Cambia il mondo l’arrivo di questa criptomoneta? Si lo cambia, perché sancisce il un processo di ristrutturazione del capitalismo che divora ulteriori funzioni pubbliche, disintermediando i processi finanziari, cambiando i sistemi di regolazione, riducendo i controlli statuali.
E’ possibile una risposta di tipo “sovranista” a questa innovazione? Temo di no, dovremmo spegnere internet nel nostro perimetro geografico, isolando il Paese; un poco come se i nostri antenati italici, milanesi o veneti, avessero impedito l’accesso delle merci, dei saperi e dei flussi finanziari fiorentini ed invece coniarono monete d’oro, atte al commercio internazionale, ed armarono navi ed organizzarono fiere e carovane mercantili per costruire un proprio spazio entro quella fase della globalizzazione, aprendosi , con alterne fortune al mondo nuovo, se oggi l’Italia è così ricca di una pluralità di bellissimi borghi e città è frutto di quelle scelta che allora furono compiute e che, centinaia di anni dopo, ancora danno frutti.
Inventare il futuro e la speranza, inventare nuove città e nuovi modi di produrre e costruire finanza, inventare un nuovo modo di essere supercomunità : questo dovrebbe essere il compito di una sinistra che oggi volesse porsi in maniera consapevolmente alternativa di fronte a due opposte tendenze del capitalismo che vanno delinenadosi. Assistiamo infatti, una parte, ad una risposta “sovranista , populismo organizzato intorno al coacervo di interessi della “vecchia” economia di tipo industrialista ( non a caso Trump è un Palazzinaro) che costruisce blocchi sociali potenti dentro un sistema declinante, che si contrappone alla nascita di un nuovo mondo di multinazionali monopoliste, regolato secondo le forme della supercomunità web, che sta rivoluzionando le vecchie gerarchie sociali ed i vecchi blocchi oligopolisti di potere che hanno governato il mondo.
Costruire un alternativa è possibile, ma bisogna dislocarsi qui ed ora, dentro il farsi di un mondo nuovo: bisogna imparare a conoscerne le regole di funzionamento ed intervenire su di esse, incominciando a pensare come togliere l’egemonia sul futuro alle grandi multinazionali e lavorare per consentire un controllo diffuso ed una partecipazione operosa delle comunità nel mondo nuovo che oramai vediamo all’orizzonte.
(Amarildo Arzuffi, direttore area formazione di Fondimpresa)