Imola. Il grido d’allarme del presidente della Cia di Imola sui prezzi troppo bassi dei prodotti agricoli, ha avuto una vasta eco e anche Coldiretti ha condiviso il ragionamento. Siamo andati a parlare con Giordano Zambrini e lui parte subiti in quarta: “Parliamo di crisi e dobbiamo ricordare che il prezzo dei nostri prodotti non sopporta più le nostre e le altrui inefficienze. Troppi stanno guadagnando sul ns lavoro e non fanno sforzi per risparmiare costi razionalizzando i processi di lavorazione e perché no anche quelli di commercializzazione.  L’altro grosso problema è che la linea di tendenza del comparto vede l’entrata massiccia di banche, multinazionali, assicurazioni e si riforma in questo modo il vecchio mondo dei grandi agrari”.

L’attuale modello agricolo “ha garantito la presenza dell’uomo nei territori e non penso solo alla montagna, ma anche la pianura perché se lì avanzano l’abbandono e l’incuria, va in crisi tutta la rete idrica – continua Zambrini -. I sindacati agricoli dovrebbero, a mio avviso, avere un duplice obbiettivo, e cioè tutelare i contadini e cittadini in una visione di difesa dell’ambiente, perché non ci possiamo solo occupare della produzione dobbiamo anche salvaguardare il nostro territorio. Ma questo è un lavoro che non interessa ad una multinazionale perché per lei la cosa importante è soltanto la messa a reddito immediata. Per questo motivo se non ci sarà un’unica rappresentanza per tutelare il nostro mondo rischiamo di non uscire più da una crisi che è pesante; anche Coldiretti che ci fa sapere quanti panettoni si mangiano a Natale, ma non mi dice mai quanto le aziende loro associate prendono per un chilo di albicocche. Perché non va in Tv a dire che il costo di produzione delle albicocche è questo e invece i produttori percepiscono ben altre cifre? Alla fin fine non informa sulla nostra situazione, e si limita ad essere un gruppo di pressione mediatico, non aiuta il reddito delle imprese agricole. D’altronde, se è vero che l’84% del valore della produzione agricole va verso agrindustria e distribuzione, ai contadini rimane ben poco”.

Questo sarebbe il lavoro della Cia.
“E’ vero, ma ci vuole visione, e ho l’impressione che per non dar fastidio ai manovratori si rinunci ad ogni ruolo sindacale”.

Per esempio?
“Ci sono delle aziende del bio che devono ricevere ancora i contributi del 2017, abbiamo amministratori che sembrano convinti che i contadini portino a casa tanti soldi e che non abbiano ragione di lamentarsi. La situazione è ben diversa e il caso del bio ci racconta un’altra storia; e che dire della piattaforma regionale per l’agricoltura? Non funziona come si deve e noi siamo costretti a pagare delle persone per far fronte a delle inefficienze. E più vicino a noi, nelle colline imolesi, si parla di un invaso idrico dal 2012, alcune aziende hanno già messo i soldi nell’impresa ma non sono ancora partiti i lavori. Ci sono parecchie cose che non funzionano e la Cia dovrebbe essere più incisiva per scuotere le amministrazioni e trovare soluzioni.”

(m.z.)