Sabato 27 luglio, nella bellissima Val di Susa, si è compiuto quello che forse può essere considerato l’ultimo atto della parabola politica del Movimento 5 Stelle. La manifestazione svoltasi nelle vicinanze del cantiere per l’attuazione del progetto Tav ha visto il ripetersi identico alle tante altre manifestazioni svoltesi in altre parti della penisola Italiana anche se con fini diversi, ma la dichiarazione di uno dei principali rappresentanti del movimento “No Tav” sono state estremamente pesanti e individuano un forte disappunto ben presente in quanti si opponevano, e ancora si oppongono, alla realizzazione del progetto.

Riporto fedelmente: “Cosa vuole che le dica, sono come tutti gli altri.” Non sono riuscito ad ascoltare la domanda della giornalista presente alla manifestazione e alla conclusione della medesima, ma è facile immaginarsela. Quelle quattro parole conclusive della brevissima ma precisa risposta “come tutti gli altri” sono destinate a pesare come un macigno nel futuro del M5S, nato, al contrario, con il preciso scopo di essere diametralmente diversi da “tutti gli altri”. Dietro le poche ma precise parole di quel rappresentate del movimento “No Tav” si nasconde tutta la tristezza, tutta la disillusione e, forse ma soprattutto, la perdita dell’ultima speranza che qualcosa potesse davvero cambiare. Ben poco vale il pur pesante gesto del ministro Toninelli che ha inviato all’Europa il documento di assenso alla realizzazione mancante della sua firma: il documento è partito, la decisione è presa, le speranze esaurite.

Così, dopo gli accadimenti dello stabilimento siderurgico di Taranto, con tutti gli enormi problemi derivanti dall’impatto ambientale e dai problemi occupazionali della zona tarantina, dopo le vicende legate alla realizzazione dell’oleodotto tra gli uliveti della Puglia, una terza bandiera di diversità viene a cadere e questa è forse la più rilevante. Ascoltando la dichiarazione del Presidente Conte che dava il “via” all’operazione (pur sottolineando che sarebbe stato necessario il passaggio in Aula) rilasciata nello stesso giorno in cui venivano ufficialmente alla luce le possibili “marachelle” del vice primo ministro Salvini nei suoi rapporti con la Russia, c’è da riflettere se anche questa volta ci si sia trovati di fronte all’ennesima necessità di bilanciare soluzioni diversamente avverse ad una delle due parti in maggioranza nell’attuale Governo della Repubblica: facciamo questo che non garba a me e in compenso facciamo quest’altro che non va bene a te.

Senza dubbio alcuno tutto ciò è avvenuto (e continuerà ad avvenire) fino a quando le sorti della dirigenza politica di uno stato verranno decise da maggioranze derivate dall’unione di più partiti (il compromesso, si è sempre detto, rappresenta l’anima della politica stessa), ma le divergenze, in questa coalizione appaiono davvero molto evidenti, quando non diametralmente opposte. Purtroppo (per il M5S) se Il Salvini può permettersi di affermare che delle parole del Presidente Conte non “gliene può fregare di meno” e il suo saldissimo elettorato avrà fatto sicuramente salti di gioia a tale affermazione, ben diversa è la reazione dell’elettorato penta stellato e le conseguenze non tarderanno a presentarsi.

Senza dubbio alcuno, l’idea di far nascere un impianto di altoforno alimentato a carbone o a combustione mista esattamente alle soglie di una città, far transitare un tratto di oleodotto esattamente in mezzo ad una delle ricchezze ambientali e commerciali della Puglia, costretti ad abbattere bellissimi e preziosi ulivi pluri-centenari e la realizzazione di una linea ferroviaria ad alta velocità in un ambiente naturale di altissimo valore e in presenza di forti dubbi circa l’opportunità della stessa, sono aspetti da tener presente, ma il tragico valore della caduta al compromesso che sorge inevitabilmente da esami approfonditi di situazioni accertate quando non da realtà che si sovrappongono e si elidono a vicenda avrà un valore simbolico che andrà ben oltre la scelta forzatamente accettata: forse, prima di abbracciare senza se e senza ma una linea invalicabile sarebbe stato opportuno valutare con maggiore attenzione la cruda realtà dove la vicenda umana si svolge.

Tutto ciò, pur nella diversità delle proporzioni, rispecchia esattamente quanto accade nella nostra città circa l’annoso problema dell’utilizzo dell’autodromo Enzo e Dino Ferrari: le promesse di riduzione dell’impatto ambientale e salutistico dell’impianto sono andate a schiantarsi contro la dura legge dell’opportunità economica e, in questo caso vi è certezza, la situazione era stata descritta ampiamente ai futuri dirigenti politici della città. Oltre alla perdita di consenso del Movimento, occorrerà poi valutare, in un futuro non lontano, il rialzarsi della cresta di quanti (politici) si sbracceranno nell’affermare “…avete visto? Noi ve l’avevamo detto …”: già abbiamo assistito a quello che mangiava pop-corn davanti al caminetto e il peggio non tarderà ad arrivare.

(Mauro Magnani)