Tra pochi giorni sarà trascorso un anno. Un altro anniversario da ricordare e questo sarebbe nulla se il ricordo ci insegnasse qualcosa. Imparare dall’esperienza, in modo particolare quella vissuta sulla propria pelle. Solo parole. Quasi un anno fa il crollo del ponte Morandi e tutti i “pezzi grossi” addetti ai controlli per la nostra sicurezza sono ancora al loro posto. Non è stato neppure ancora possibile individuare l’ombra non dico di un colpevole, ma quella di un forse… Nel frattempo il progetto del nuovo avanza ed è già zoppo: le due curve di imbocco presentano un angolo troppo stretto e dovremo transitarlo a non più di ottanta chilometri all’ora. Se ciò non bastasse, l’intero progetto rischia di essere invalidato: uno dei responsabili ha preso decisioni e firmato carte ma non avrebbe potuto farlo: per la legge è troppo vecchio e dovrebbe già essere andato in pensione.

La storia si ripete con una monotonia deprimente: nessuno riesce veramente a imporre una svolta decisiva e decisa all’insieme di errori, non-curanze, interessi, incapacità, amici degli amici, approfittatori.

Avrei una domanda. Una domanda facile facile: chi ricorda Ginsburg? o Burroughs? o Ferlinghetti? o Kerouac? No eh? Quattro signori che erano l’emblema della protesta giovanile del secondo dopoguerra, una protesta che sembrava dovesse e volesse scardinare l’insieme di pesanti catene che immobilizzavano la società civile. Woodstock. Cinquant’anni fa quattrocento mila giovani si ritrovavano quasi improvvisando il tutto non solo per ascoltare un po’ di musica, ma per denunciare, tutti insieme, la pochezza e la falsità della società scaturita dopo l’ultima bestemmia mondiale. Pochi mesi prima Martin Luther King e un certo Robert Kennedy erano stati assassinati e in Vietnam si combatteva come non mai. Presenti due signori musicisti simboli, non solo allora, di un modo nuovo di fare, concepire e suonare la loro musica: Jimi Hendrix e Richie Havens. Tra questi due signori, un nutrito gruppo di individui che presentavano una forma di musica nuova e la forma della contro-cultura. Vado a memoria: Santana, Arlo Guthrie, Joe Cocker, Grateful Dead, The Who e tanti altri. Presenti per immortalare il tutto una serie di fotografi che, in seguito sarebbero divenuti alcuni tra i maggiori rappresentanti dell’arte nata dall’obbiettivo. Ricordo Uzzel (Magnum), Eppridge (LIfe), Landy (n° 1 come fotografo del rock negli anni ’60). Nacque così un evento indimenticabile che, si disse avrebbe segnato la storia della società negli anni a seguire.

Poi la guerra del Vietnam finì, un certo Nixon scomparve dopo l’onda del Watergate. I giovani tornarono a casa, si accorciarono i capelli, smisero gli abiti indossati a mo’ di divisa, molti appesero al chiodo la chitarra che avevano imparato a strimpellare, entrarono nel mondo del lavoro, assunsero ruoli importanti e tutto riprese esattamente come prima. Molti di loro finirono per assumere le fattezze e riscoprirono gli stessi ruoli di chi, poco prima, avevano pesantemente contestato. Corsi e risorsi storici (vedi Gianbattista Vico). Oggi, dopo una cinquantina d’anni, vengono contestati in modo pesante, per il loro regime pensionistico che sottrae ricchezze alle giovani leve, in carenza di disponibilità.

Come si diceva all’inizio, è trascorso quasi un anno da quell’evento in cui persero la vita oltre quaranta persone e tantissime altre dovettero abbandonare le loro case, i ricordi di una vita, il panorama delle loro finestre. Si è tanto urlato circa l’incuria, l’incompetenza, il ladrocinio, le troppo facili concessioni, i soliti colpevoli.

E Woodstock? Tutto attorno un grande silenzio.

(Mauro Magnani)