Venezia. GLe ultime star al Lido. Oggi, 7 settembre, giorno finale, tocca a Mike Jagger, in veste di attore nel film di chiusura, Fuori Concorso, della mostra:”The burnt orange heresy”, un thriller definito neo noir, che verrà proiettato dopo l’attesa cerimonia di premiazione in Sala Grande.

In Sala stampa è arrivato rilassato e sorridente e si è spesso schernito dagli elogi dei giornalisti-fan. Ma di lui è del film si parlerà in altro articolo.

Roger Waters Us+Them

Ieri c’era un altro musicista, Roger Waters, uno dei fondatori dei Pink Floyd, che ha presentato, Fuori Concorso, il film sul live del suo concerto “Roger Waters Us +Them”. Immagini e suoni perfetti, amplificati dalla sala, per un tuffo nel passato del rock (lo spirito e le sonorità si perpetuano anche nei brani recenti), da cui fare ripartire un nuovo futuro, simboleggiato dalle tante facce i di giovani ispirati ripresi nella platea del concerto. In conferenza stampa ha espresso opinioni nette sul leader inglese attuale, Boris Johnson che “non è Churchill” . C’è chi gli ha chiesto della situazione italiana dopo l’uscita di scena di Salvini e lui si è detto comunque preoccupato del ritorno delle destre in Europa un po’ dappertutto, oltre a Boris Johnson, anche in Olanda, Polonia, Ungheria. Sul red carpet, per assistere alla proiezione ufficiale, ha alzato il pugno chiuso “per tutte le persone che non sono ascoltate” tra cui i palestinesi: un gesto di altri tempi.

Mick Jagger

Ma il divo più atteso, quello che ha tolto il sonno a numerosi fans, accampati dall’alba davanti al red carpet, che hanno sfidato pioggia e vento martellanti, è stato Johnny Depp. Ha presentato insieme al regista Ciro Guerra ed agli altri interpreti, Mark Rylance e la giovane attrice Gana Bayarsaikhan, l’ultima pellicola in concorso per il Leone d’oro: “Waiting for the barbarians”. In attesa dell’attore in conferenza stampa, la sala era stracolma e si è faticato ad entrare. Non sono mancate le solite domande “Com’è lavorare con gli italiani?” (il film è coprodotto con l’italiana Iervolino entertainment) “con quale regista italiano vorrebbe lavorare?” e anche “cosa pensa della carriera di sua figlia?” Lui non si è sottratto e con voce lenta e profonda ha replicato frasi di circostanza: “l’Italia è meravigliosa, il cibo è buono” e ogni tanto si faceva “qualche goccetto” ed è orgoglioso dei suoi due figli che per lui rappresentano ” i miei dei in qualche modo”.

Più preciso sul film è sul suo ruolo di cattivo: “La cosa che sorprende è che tutti gli argomenti affrontati sembrano pertinenti a oggi. In molti luoghi del mondo il tema di chi decide è fondamentale. Il potere diventa tale dove vengono prese le decisioni”. “Il mio ruolo non è solo di cattivo, sarebbe stato semplice. É una figura complessa con un passato. Un’infanzia interrotta” e questo spiega come l’attore scavi nel personaggio, “che è sadico” e per conseguenza “masochista”.
Il regista spiega che il romanzo del premio Nobel  Coetzee da cui è tratto descrive un’allegoria sul potere.

Anche il premio Oscar Rylance, il buono del film, è riuscito a dire la sua, in un contesto calamitato dagli sguardi tenebrosi e dalle tre spillette di brillanti all’orecchio di Depp. “Il mio personaggio fa molte cose che avrei fatto anch’io. Ci si trova vittime dell’autorità anche noi. Io e Depp in fondo siamo due facce della stessa medaglia. L’imperialismo crea delle vittime proprio nelle  persone che si crede di salvare”.

E proprio lo sguardo di Depp viene oscurato: “Difficile recitare con occhiali per non fare vedere le emozioni. Sono minacciosi, lui non li toglie mai”. Un cattivo timido? “Alla fine siamo tutti lo stesso tipo di essere”, replica dall’alto del suo glamour.

“Waiting for the barbarians” ha raccolto opinioni contrastanti tra il pubblico in sala. “Poteva durare un’altra ora”, “non ne posso più di tutta questa violenza”. “bel film, con immagini grandiose e ben recitato”, alcune delle opinioni ascoltate. Il film, di cui si è accennato in un precedente articolo, narra di un magistrato, veramente il buono per antonomasia, anche grazie all’attore scelto, che amministra in modo equo la giustizia e controlla un avamposto dell’impero, circondato dal deserto. Qui irrompe il cattivo colonnello Joll, in divisa, con stivaloni e occhiali scuri, che innesta la spirale di odio e vendetta con il suo comportamento nei confronti dei nomadi, torturati per estorcere loro confessioni sull’insurrezione dei barbari oltre i confini, a loro volta meta di spedizioni punitive. Il magistrato non vuole assistere impotente e si ribella. Compie tra l’altro la difficoltosa impresa di riportare, con un manipolo di uomini, una giovane, torturata dai poliziotti al suo popolo nel deserto,  con gravi rischi e gravi conseguenze personali inflitte dal colonnello. Alla fine, nella pianura che sovrasta l’avamposto lasciato sguarnito dal colonnello in fuga e saccheggiato dagli stessi soldati che avrebbero dovuto difenderlo, il magistrato, impotente, vede materializzarsi una nuvola che si avvicina…

(Caterina Grazioli)