Sono stati giorni difficili da affrontare vivendoli da lontano. Sono cilena, nata e cresciuta a Santiago. Di famiglia benestante e quindi appartenente a quella classe sociale privilegiata, non per nascita, ma per lo sforzo dei genitori che giorno dopo giorno sudano per poter dare ai figli opportunità migliori delle proprie, perché non ci manchi niente.
Vivo in Italia da 12 anni, e dal primo momento vivere qui per me è stato idilliaco, la gente non sempre capiva la mia gioia quanto entravo in classe e sentivo che qui eravamo tutti uguali e che poco importava la provenienza di ciascuno o il mestiere dei propri genitori, era e continua ad essere una sensazione bellissima.
In Cile invece queste sono differenze che pesano, che determinano dei limiti forti tra le diverse classi sociali e che noti immediatamente anche se non vorresti sottolineare la differenza.
Purtroppo, è un mondo di etichette, che bisogna faticare molto per togliere o cambiare.
Questo è una delle caratteristiche del mio Paese, ma non è la sola, e non sicuramente la più importante. I cileni sono gente calda, sono persone generose e solidali, e come fenici hanno la capacità di risorgere dalle ceneri quando meno ce lo si aspetta. Sono un popolo che ha sofferto moltissimi soprusi e repressioni ma che ha saputo andare avanti sempre e comunque, con una voce che non si spegne mai del tutto.
Questi giorni non sono stata l’eccezione. Lo scontento sociale dopo anni è finalmente esploso! I media e la classe dirigente hanno cercato di deviare l’attenzione, concentrandosi sugli atti di vandalismo e violenza, metro bruciata, supermercati saccheggiati e in fiamme, black-block nelle strade… ma la gente si è organizzata. Hanno ripulito le strade e le stazioni dopo i vari disordini e con casseruole e mestoli dalle finestre, balconi, nelle strade e in piazza hanno fatto sentire il proprio dissenso. Il Cile si è unito in un movimento trasversale e unico, contro le condizioni che provocano il grande divario sociale, contro gli stipendi minimi da fame, le pensioni vergognose e i servizi pubblici che, gestiti da enti privati non mirano sicuramente al benessere delle persone comuni.
Sono stati però anche giorni bui, dove le violente repressioni non sono mancate.
Lo stato di emergenza, i militari nelle strade, il coprifuoco, violenza e repressione. Una storia già sentita, non lasciamo però che si ripeta! Vengono denunciati con video e dichiarazioni pubbliche molti casi di abuso, tanto da attirare l’attenzione dell’Istituto Nazionale dei Diritti Umani. La gente questa volta non vuole tacere, non ha paura. È uno dei segnali del cambiamento che distingueranno questo momento dai giorni della dittatura.
Questo fine settimana ha segnato un punto nella storia, da un lato una manifestazione gigantesca, un’unione mai vista prima, autentica, genuina. È un seme che darà i suoi frutti? D’altra parte, il coprifuoco è finito, il Presidente vuole far “tornare tutto alla normalità”. Gli scioperi e le manifestazioni scemeranno? I legami che la lotta solidale aveva creato in questi giorni sopravvivranno all’individualismo che oggigiorno la cultura ci spinge a coltivare? Sarà il Cile per una volta esempio di un miracolo sociale? Vorrei che la mia gente venisse ricordata non solo per i massacri ai quali è in grado di resistere e sopravvivere, ma anche per la forza che li caratterizza, quella forza che alimenta i canti di lotta per il diritto di vivere in pace, migliaia di voci intonando una stessa canzone che chiede “a gritos” Giustizia sociale!
(Valentina Dini)