Sono in aumento le richieste di aiuto delle donne al Centro antiviolenza di Trama di Terre. Nei primi dieci mesi del 2019 sono state 109, accolte per la prima volta 80 e 29 sono quelle che hanno avviato un percorso di uscita negli anni precedenti. Quasi il doppio rispetto al 2018 quando i nuovi accessi dello stesso periodo sono stati 49. 40 sono le donne italiane che si sono rivolte al Centro quest’anno, 36 provengono da altri Paesi. 54 hanno figli 18 non ne hanno. I dati rivelano maggiori rischi per le donne straniere grazie al Decreto Sicurezza che penalizza le donne richiedenti asilo poiché abolisce i permessi di soggiorno umanitari. Molte fuggono dai loro Paesi di origine per motivi legati alla violenza di genere.
I dati
I dati sono stati illustrati questa mattina in una conferenza stampa dalla presidente di Trama di Terre Alessandra Davide e da Sara Visintin che si occupa in particolare del sostegno alle donne immigrate. “L’ aumento di richieste”, dice Davide , “dimostra l’efficacia delle campagne di sensibilizzazione e di comunicazione, che rimangono necessarie. Le donne che subiscono violenza cercano aiuto più spesso e riconoscono in anticipo, rispetto al passato la violenza nelle dinamiche di coppia e famigliari”. Sempre di più sono quindi le donne che non accettano la violenza come normale in una relazione affettiva. Il merito va al progetto “La carovana dei diritti di genere delle donne” promossa da Trama di Terre nel 2019 e in fase di conclusione. Questa iniziativa ha consentito di raggiungere le aree periferiche del Circondario e di parlare con circa 1.100 donne. A seguito di questi contatti, 12 donne si sono poi rivolte al Centro. La fascia d’età in cui si contano le storie di violenza più numerose è quella fra i 18 e i 39 anni (35), 13 donne in fascia d’età fra i 40 e i 49, 6 fra i 50 e i 69 anni. 27 sono state/i le donne e i/le bambini/e ospitati nelle case rifugio di cui 9 donne con 10 figli/e minori e 8 senza figli/e. Provengono per lo più dal territorio della Città metropolitana e del Circondario.
Le forme di violenza più frequenti
Le violenze più frequenti sono quelle psicologiche , 75, 47 donne hanno denunciato violenze fisiche, 40 economiche, 13 sessuali, 20 hanno denunciato lo stalking, 4 i matrimoni forzati. Il numero alto di violenze psicologiche indica la capacità delle donne di riconoscere una forma di violenza diversa da quella fisica e sessuale. In 53 casi, la maggioranza, la violenza viene inflitta da coniugi o partners o da uomini con cui esiste una relazione. 15 sono ex partner e 8 sono padri e fratelli che coincidono con gli autori dei matrimoni forzati. Solo 4 sono sconosciuti alle vittime. Ad oggi quasi nulli sono gli interventi di riabilitazione degli uomini maltrattanti. A subire il prezzo della violenza, sono ancora le donne che faticano sempre più ad accettare di dover essere loro a lasciare la propria casa rompendo la continuità quotidiana invece degli uomini maltrattanti. Le donne chiedono interventi restrittivi preventivi più immediati verso questi. Il trasferimento e l’allontanamento da casa è vissuto come ulteriore punizione. “Constatiamo”, continua Alessandra Davide, “risposte sociali e legali ancora molto fragili per le donne che denunciano o intraprendono percorsi nelle case rifugio (abitazioni autonome, lavoro, contributi a sostegno delle donne prive di reddito). Dalla nostra esperienza risulta che solo uno degli uomini maltrattanti paga gli alimenti”.
I minori
I dati dimostrano che sono ancora le donne con i/le loro bambini/e ad assumersi la responsabilità della violenza maschile. Anche i figli finiscono per essere vittime. Quella che viene definita violenza assistita è in realtà violenza a sua volta sui/lle bambini/e. “Il termine è improprio”, sottolinea Davide, “perché i maltrattamenti minano le relazioni famigliari, che subiscono una cesura. Va ripristinata la relazione fra la madre e i/le figli/e. Per questo abbiamo avviato il progetto “Piccoli ospiti a Trama di Terre” nel 2019 con il contributo della Fondazione Pangea Onlus. Il progetto prevede laboratori specifici con l’obiettivo di restituire alla diade il loro legame senza violenza. Riteniamo che quella che è chiamata violenza assistita, con una terminologia edulcorata, non è altro che una vera e propria forma di violenza psicologica e di abuso sui minori fra le mura domestiche, agìta dai padri”.
Le donne immigrate
Sara Visintin sottolinea come sia in aumento il numero delle donne che arrivano per progetti di accoglienza così come quello di chi è in extraccoglienza. Donne senza documenti che lavorano magari come badanti e che fuggono da forme di violenza. “Occorre tutelare le donne” dice Visintin, “a livello internazionale, in coerenza con la convenzione di Istanbul che l’Italia ha ratificato. Solo 7 le donne che hanno ottenuto lo stato di rifugiate nel 2019. Sono arrivate per sfuggire allo sfruttamento sessuale e a varie forme di violenza di genere. Il primo decreto Sicurezza ha stilato un elenco dei Paesi sicuri fra i quali risultano il Marocco, l’Albania, l’Iraq, la Somalia. Un paradosso che impedisce alle donne provenienti da questi Paesi la possibilità di chiedere rifugio”.
Le risposte e gli strumenti a contrasto
“Nel tempo si è collaborato con i servizi sociali territoriali”, dice Alessandra Davide, “ ma non con continuità. Con le Forze dell’ordine si lavora più in sinergia che in passato, ma le donne hanno sfiducia nelle Istituzioni perché temono di non essere credute. Spesso le risposte dipendono dalla sensibilità dei/lle singoli/e operatori/trici. Il fenomeno è ancora trattato dalle Istituzioni come emergenziale. Fino a chè sarà così, ci sarà sempre emergenza. La violenza sulle donne invece, noi pensiamo, è strutturale a questo sistema sociale. Basti pensare che da dati Istat (in collaborazione con il D.P.O. il CNR e le Regioni su 281 Centri Antiviolenza) alle donne che hanno subito violenza sono destinati 0,76€ al giorno. I Governi non mettono quindi a bilancio risorse sufficienti per fornire adeguate risposte ai bisogni che la violenza maschile produce. Non solo per i Centri anche per contributi diretti alle donne. E’ inoltre necessario un cambio di rotta nel sistema giudiziario e nel sistema culturale. Il primo deve intervenire tempestivamente sul controllo degli uomini maltrattanti per evitare che le donne, al momento della denuncia, rimangano in balìa delle azioni vendicative e punitive dell’uomo violento. Il codice Rosso (L. n. 69/19 luglio 2019) non è sufficiente se relazionato al numero di denuncie effettuato e contestualmente al vuoto formativo degli operatori di giustizia i quali devono essere in grado di valutare l’urgenza. Si dice che questa legge chiama le donne che denunciano entro 3 giorni, ma entro 3 giorni dall’iscrizione di reato in Procura non dalla denuncia. Non specificarlo, diventa propaganda politica. Devono essere potenziati gli strumenti legislativi in essere come l’allontanamento immediato con provvedimento penale dell’uomo maltrattante al momento della denuncia”.
Nel comunicato, Trama di Terre inoltre, auspica che il tavolo politico per il contrasto alla violenza di recente costituzione presso il Circondario coinvolga i Centri antiviolenza e un confronto con le Associazioni femministe del territorio per la promozione di una cultura di genere e la presenza delle donne negli spazi pubblici del territorio.
Le Prossime iniziative
Domani 26 novembre, Trama di Terre promuove presso la Biblioteca comunale alle 18 “Cities by night Imola” progetto artistico di Valentina Medda per riflettere insieme su come le città si possano essere progettate con un approccio di genere e interculturale.
Sabato 30 novembre alle 11 per la rassegna “…Le donne il tempo ed il Governo…perché il sovranismo odia le donne” si presenta il libro “Cercavo la fine del mare”di Martina Castigliani che contiene storie di persone comuni che la guerra e l’indifferenza hanno trasformato in fantasmi. Le storie sono raccontate attraverso gli occhi e le immagini dei più piccoli e si ambientano nei centri di accoglienza dei migranti in Grecia.
(v.g.)