Con questo articolo inizia la collaborazione con leggilanotizia.it Roberto Matatia, imprenditore e scrittore faentino, da tempo impegnato sui temi dell’ebraismo e della shoah.
Anno 2008. In un quartiere residenziale di Dubai, sorge una villetta intonacata di bianco, come tante altre. Una scelta imposta dal sole cocente e abbagliante per la gran parte dell’anno. Attorno a questa anonima costruzione, un via vai di persone si aggira furtivo, quasi a voler celare qualcosa di misterioso, qualcosa dall’impenetrabile segreto. Nessuna insegna all’esterno; due colpi alla porta, e si viene accolti all’interno di una grande sala. Sullo sfondo, un grande armadio in legno chiaro con un leggio di fronte fa da sfondo a sei file di sedie destinate agli uomini, dietro queste altre quattro file per le donne, separate affinché la loro presenza non possa distrarre l’attenzione dei maschi alla preghiera. Lungo la parete centinaia di libri. Non fossimo nella Penisola Arabica, con uno modesto sforzo di immaginazione facilmente si penserebbe di essere all’interno di una sinagoga. A Dubai, al confine con l’Arabia Saudita, nel cuore di un Emirato accusato più volte di essere un finanziatore dell’Isis. Eppure…
Anno 2019. Per 11 anni, la Sinagoga ha funzionato segretamente, con la discreta protezione delle autorità. Fu in occasione del viaggio del Papa negli Emirati, per poter presenziare ad un incontro interreligioso, evento già di per sé sensazionale, che il velo di silenzio venne squarciato. La presenza del minuscolo ma importantissimo luogo di culto venne ufficializzata alla presenza di Netanyahu. Dal 2008 la Comunità ebraica è cresciuta, raggiungendo le 150 unità che praticano la propria fede in serenità. In progetto del Governo del Dubai vi è di erigere in quello stesso quartiere, una Chiesa ed una Moschea, come simbolo della necessità che le tre grandi religioni monoteiste convivano pacificamente. Per decenni, dopo la Seconda Guerra Mondiale, si riteneva che il posto più sicuro per un ebreo fosse un Paese occidentale. In questi ultimi tempi siamo purtroppo giunti al punto in cui si pensa che per un ebreo e la sua famiglia sia molto più sereno vivere in un prospero Paese arabo che ha un tasso di criminalità molto basso e senza essere obbligati a pregare e a vivere la propria esistenza comunitaria alla presenza di barriere antiproiettile come succede davanti alla Sinagoga di qualsiasi città del mondo.
(Roberto Matatia)