Massa Lombarda (RA). Architetto, ma lavora nel mondo della formazione, coniugata con un figlio di 23 anni, grande appassionata dei mercatini dell’usato “perchè credo nel recupero e riciclo a tutti i costi e la cosa che mi diverte di più è reinventare gli usi dei materiali e degli oggetti”. Questa è Mirella Dalfiume, candidata del Pd per la Bassa Romagna nelle prossime elezioni regionali. “Da anni collaboro con gli enti di formazione accreditati della Regione Emilia Romagna, spesso opero direttamente all’interno dei Centri per l’impiego, quindi sono a contatto con migliaia di disoccupati. Sono abituata a lavorare con le persone e a cercare di dare una mano per ricostruire una fiducia nel domani. Spesso ho di fronte persone che hanno perso il lavoro, con problemi famigliari e di salute, fargli trovare nuove motivazioni è il mio primo obiettivo”.
In quale contesto nasce la candidatura a consigliere regionale?
“Si tratta di una candidatura che tiene conto di alcuni fattori: territorialità, parità di genere, competenza. Il mio nome è uscito anche a seguito della non disponibilità a ricandidarsi del consigliere Mirco Bagnari, che in questi anni è stato un ottimo riferimento per la Bassa Romagna. Uno dei motivi della scelta è da ricercarsi nelle mie esperienze politiche e sociali di questi anni non solo all’interno del Partito democratico”.
Cosa ha significato per lei fare politica in questi anni?
“Per me fare politica significa occuparsi della cosa pubblica, della propria comunità, dei suoi problemi e delle sue dinamiche. Da quando faccio politica all’interno del Pd ho sempre seguito le questioni che riguardano le pari opportunità e la parità di genere. Oggi occuparsi di questi temi significa affrontare tutti quegli elementi culturali che oggi, più di ieri, portano tanti uomini a risolvere con atti violenti dei conflitti che non sanno affrontare in maniera diversa. Sono quindi necessari interventi e attenzioni che vanno dall’educazione delle nuove generazioni, al sostegno dei centri antiviolenza, alle forme di contrasto alle discriminazioni nei luoghi di lavoro e in ogni luogo di vita sociale. Purtroppo continuano ad esistere ancora molte disuguaglianze nel trattamento tra uomini e donne”.
Quindi, questo è uno dei temi caldi della sua campagna elettorale?
“Non solo. Ad esempio le prossime due iniziative che mi hanno coinvolta riguardano il tema del welfare e della coesione sociale con ospite Livia Turco e una tavola rotonda con alcune donne imprenditrici che racconteranno la loro esperienza. D’altra parte le differenze di genere sono un tema trasversale che riguardano tanti aspetti della vita sociale, economica e politica. In questa campagna elettorale ho incontrato associazioni, imprese, persone ed è stato importante ascoltare un po’ tutte le problematiche e di restituire la propria idea di società e di futuro. Uno dei temi che mi sta a cuore e che è emerso è quella della sostenibilità ambientale. Negli incontri con alcune importanti aziende del territorio del settore agroalimentare ho toccato con mano quelle che sono le problematiche dal punto di vista di chi produce, problematiche che spesso vediamo unicamente con gli occhi del consumatore. Io continuo a credere che l’agricoltura debba continuare ad essere al centro dello sviluppo di questo territorio, ma per farlo è necessaria una visione molto precisa del futuro che mette in campo il rapporto tra alimentazione e salute, tra produzione ed ambiente, senza dimenticare problematiche di tipo globale come, ad esempio, potere garantire l’alimentazione e il sostentamento di una popolazione che già oggi sfiora gli otto miliardi senza impattare pesantemente sul pianeta”.
C’è uno slogan che accompagna la sua campagna elettorale: “Il mio impegno per le persone, per i diritti e per il lavoro”…
“I diritti sono chiari, sono quelli stabiliti dalla nostra Costituzione che si fondano sul principio di uguaglianza. Ma perché questi diritti siano esigibili e alla portata di tutti si devono tradurre in pratiche, in prestazione, in servizi che devono avere al centro la persona. La politica deve essere capace di interpretare i bisogni, vecchi e nuovi, dare delle risposte e destinare risorse adeguate. Le politiche dei servizi per l’infanzia che questa Regione percorse negli anni ‘70 erano il frutto del protagonismo femminile e di un laboratorio sociale che ritenne questi servizi, pensati per i bambini, condizione importante affinché le donne potessero accedere al lavoro ed emanciparsi. Quando oggi Stefano Bonaccini propone tra le azioni prioritarie l’accesso gratuito agli asili nido, già oggi facilitato rispetto al passato, dice una cosa fondamentale, perché è negli investimenti nei servizi educativi per l’infanzia che si creano le fondamenta di quella società della conoscenza che è uno dei pilastri su cui si fonda la visione di futuro del suo programma”.
Comunque il tema del welfare è molto vasto e accanto a vecchie problematiche vi sono nuove emergenze e nuovi bisogni, pensiamo solo alle ludopatie, all’aumento dell’uso degli alcolici tra i giovanissimi e alle nuove droghe.
“Quando si parla dei diritti delle persone significa occuparsi di tutte le fasce d’età e di tutte le problematiche che emergono. Faccio alcuni esempi molto semplici: per un disabile l’ostacolo può essere semplicemente un cordolo del marciapiede o una scala; per una giovane donna in cerca di lavoro l’ostacolo è il pregiudizio del datore di lavoro che preferisce un giovane maschio perché la donna gli costerà di più se domani avrà un figlio; per un immigrato un problema è il mancato riconoscimento delle competenze acquisite nel paese d’origine. Mettere al centro le persone significa essere attenti ai bisogni specifici nella loro varietà per evitare che le differenze tra le persone si traducano automaticamente in una disuguaglianza di opportunità”.
Che giudizio dà degli ultimi 5 anni di politica regionale?
“Credo che siano state compiute delle scelte strategiche molto importanti. Segnalo il Patto per lo sviluppo che la Regione ha siglato con le parti sociali per definire delle azioni e determinare delle risorse a sostegno dei redditi e dello sviluppo economico in grado di affrontare questa crisi globale che ha attraversato tutti i settori economici anche del nostro territorio. Penso poi al fondo per la non autosufficienza per il quale sono stati stanziati 460 milioni. Pochi? Molti? Forse non sono ancora abbastanza ma l’ordine di grandezza è che la Regione Emilia Romagna ha messo in campo più risorse di tutto lo Stato nazionale. E’ stato ridotto il tasso di disoccupazione anche se occorre fare di più tenuto conto della precarietà di tanta occupazione. Sono stati fatti investimenti nel campo della mobilità sostenibile, segnalo solo la misura a favore dei pendolari, che hanno un abbonamento ferroviario, di potere utilizzare gratuitamente gli autobus della città di partenza e di arrivo. Iniziative come queste vanno nel senso di ridurre l’utilizzo del mezzo privato a favore di quello pubblico per rendere le nostre città meno inquinate. E ancora, Bologna sarà la sede del Data center del Centro europeo per le previsioni meteorologiche a medio termine. Molto si sta facendo in campo sanitario per ridurre le liste di attese per esami e visite specialistiche”.
La sanità resta comunque uno dei problemi da affrontare…
“Certo si deve fare di più. Per esperienze personali e dalle segnalazioni raccolte negli incontri con i cittadini sta emergendo come tema critico l’accesso ai servizi. Siamo in presenza di un’ottima lista di prestazioni, ma quello che serve è facilitarne l’accesso, altrimenti si crea malcontento. L’esperienza ci insegna che di fronte ad una emergenza, ad una patologia acuta, la risposta sanitaria c’è ed è di qualità, ciò che manca è una risposta altrettanto rapida per affrontare l’ordinaria amministrazione, come ad esempio un picco di influenza dove a volte non si riesce a trovare una risposta veloce e appropriata. Tenendo conto che la popolazione per un terzo è composta di anziani e dell’aumento delle cronicità e della non autosufficienza, la mancanza di percorsi semplici di accesso sta diventando un problema”.
E quali potrebbero essere le soluzioni?
“Avere dei presidi sanitari sul territorio che per un’ampia fascia oraria garantiscono prestazioni infermieristiche e mediche di base, consentirebbe di ridurre gran parte degli accessi impropri al pronto soccorso. Serve un’accelerata sulle case della salute. Un altro esempio riguarda l’assistenza agli anziani soli o alle persone non autosufficienti. Oggi si registra un elevato ricorso alle case famiglia che, a volte, non garantiscono la qualità del servizio, quindi necessitano di una regolamentazione e di criteri di accreditamento per non lasciare i cittadini ‘abbandonati’ a se stessi. D’altra parte quando una famiglia si rivolge a queste strutture è perché non ha altre soluzioni. La soluzione non può essere unicamente l’aumento dei posti nelle strutture protette. C’è bisogno di fare un salto di innovazione che richiede di pensare con gli adulti di oggi, quindi gli anziani di domani, quali possono essere delle soluzioni accettabili. Il cohousing, la condivisione di spazi comuni, mantenendo però la propria autonomia e privacy, può essere una strada da percorrere, in particolare per quelle persone che hanno ancora una certa autonomia ma che non se la sentono di vivere sole”.
Lei parla di una Regione che ha fatto cose importanti, che si è mossa bene, come mai allora questo non è percepito dalla gente e oggi nel centrosinistra c’è paura di perdere la presidenza?
“Io penso che vi sia una tendenza prevalente a semplificare il tutto fino a ridurlo a puro slogan. Pensiamo ai fatti di Bibbiano. Ancora oggi leggo sui social una sfilza di insulti a chi prova di fare un ragionamento su quell’argomento, perché il messaggio che è passato è che tutto il sistema dei servizi sociali e di gestione dei minori sia corrotto e volutamente inquinato. I fatti dimostrano che non è così, e anche gli atti della commissione d’inchiesta voluta dalla Regione Emilia-Romagna. Ciò non significa che a Bibbiano non siano successe delle cose gravi, ma da qui a dire che tutto il sistema è marcio ce ne passa. Invece la gente è più portata a credere al male assoluto, piuttosto che provare a ragionare sui fatti concreti. Il fatto che tante persone siano portate a credere così facilmente a cose non vere mi preoccupa tantissimo e penso sia molto difficile provare a convincerle che molte cose non sono reali ma sono il frutto di una manipolazione comunicativa. Faccio fatica a trovare delle spiegazioni a ciò che sta succedendo, anche se credo che le mutate condizioni di vita di tanta gente abbia certamente influito. Eravamo abituati, dal dopoguerra fino a qualche anno fa, ad una idea della crescita e del benessere senza limiti, dovere oggi rendersi conto che, invece, un limite c’è, e che l’occidente non è più il primo della classe, ma deve fare i conti con altri mondi che avanzano, è difficile e frustrante da accettare e comporta delle rinunce e nuovi livelli di convivenza”.
Quello che manca allora è l’elaborazione di un nuovo messaggio politico e la capacità veicolarlo in maniera adeguata…
“Quando si parla di comunicazione, se un messaggio non è colto o capito, la responsabilità non è di chi ascolta, ma di chi veicola quel messaggio. Oggi vince chi ti dà sempre ragione. Così Salvini dice: ‘Caro cittadino io ti capisco, hai ragione, la colpa è dei migranti, delle troppe tasse’ e così via, ma nel suo messaggio, oltre a tante bugie, non ci sono soluzioni reali. E’ molto più difficile riuscire a raccontare la verità dei problemi e contemporaneamente essere credibili nelle proposte che si fanno. Faccio un esempio: io non penso che ridurre le tasse sia una cosa di sinistra. Penso però, come si afferma nella Costituzione, che la tassazione debba essere equa. Quando decantiamo le meraviglie dei paesi del nord Europa, non andiamo a raccontare qual è l’altra faccia della medaglia. Se loro hanno un sacco di servizi gratuiti, compresa l’istruzione superiore e l’università, non è per bontà del governante di turno, ma di un sistema fiscale che consente di finanziarli. Allora il problema non è che, siccome i servizi non sono sempre buoni, ho il diritto di non pagare le tasse. Piuttosto dobbiamo pagarle tutti in maniera equa e con queste qualificare e aumentare i servizi, perché io non voglio trovarmi domani senza i servizi pubblici”.
Negli ultimi 20 anni c’è stata una tendenza del centrosinistra ad immedesimarsi nella gestione amministrativa a discapito della crescita politica e oggi il dato vero è che il partito non c’è più.
“Questa lettura rischia di essere reale. Se analizzo i dati che riguardano il mio territorio vedo che la base di iscritti è molto anziana, non abbiamo creato sufficiente ricambio. Abbiamo più volte detto che i nostri circoli devono avere le porte e le finestre aperte, ma nella realtà si fatica a farlo. C’è ancora attenzione e partecipazione ad alcuni momenti della vita di partito, penso ad esempio alle feste, ma manca tensione e partecipazione nel fare politica. Troppo spesso utilizziamo vecchie liturgie che non attirano nessuno, e quando riusciamo a coinvolgere le persone, ad esempio nei comitati elettorali, poi non siamo capaci di dare continuità al lavoro sul territorio. Questo ci porta ad avere amministratori non si sentono adeguatamente supportati e, nello stesso tempo, chi fa vita di partito si sente scavalcato. E’ un cane che si morde la coda”.
Perchè per un territorio è importante avere un consigliere regionale?
“Il consigliere regionale è importante se riesce a fare quello che in parte stiamo facendo durante la campagna elettorale: cogliere tutte le occasioni di incontro e ascolto per capire i problemi specifici di quel contesto o di quel territorio, interpretarli e riportarli in sede di assemblea legislativa sotto forma di interrogazioni, mozioni o di proposte legislative”.
Tre temi sui quali si impegnerà da subito se verrà eletta?
“Sicuramente la cosa per me più naturale è continuare ad occuparmi delle problematiche dei diritti delle persone anche per dare continuità alle due leggi nelle scorse legislature: quella per le pari opportunità e il contrasto alla violenza e quella contro la omotransfobia. Leggi differenti che però vanno a interessare una parte importante della popolazione. Poi vorrei lavorare sui servizi socio-sanitari”.
(Valerio Zanotti)