Il termine inglese, universalmente noto ed accettato, è “launderig”, molto colorito e letteralmente significa passato in lavanderia, mondato della sporcizia, lavato e stirato. Si, proprio come si usa per un indumento: una bella lavata e pronto per essere nuovamente indossato.
Si tratta di una cifra da capogiro: 5.000 miliardi di dollari, un po’ più del 7% del Pil mondiale: questa la stima dell’Fmi circa la quantità di denaro “sporco” che viene ripulito e rimesso in circolo dopo aver assunto una sana parvenza di legalità nel mondo intero. E nel nostro paese? Un calcolo prudenziale vede una quota a noi assegnata di circa 100 miliardi di dollari: una cifra che, se recuperata, unitamente all’evasione fiscale, ci permetterebbe di azzerare il debito pubblico dello Stato italiano, in poco più di dieci anni (anche meno se si considera che nel corso dell’estinzione progressiva anche il peso della quota interessi da corrispondere tenderebbe a diminuire in corso d’opera!).
Il denaro da “lavare” deriva principalmente da due fonti: attività illegali o criminose e denaro di illecita provenienza (si pensi agli incassi in nero che devono, in qualche modo, essere reinvestiti).
Risulta assai interessante osservare la stima che Transcrime propone circa le vie di riciclaggio: un 100 viene assegnato alla ristorazione e un 80 all’assistenza per l’Alta tecnologia; quasi a pari merito (tra il 60 e il 70) per servizi alla persona, viaggi gioco d’azzardo, intrattenimento, formazione, agricoltura e pesca, prodotti petroliferi.
I percorsi del denaro “sporco” si rilevano diversificati a seconda delle esigenze e delle disponibilità: quasi un 30% prende la via dei bonifici e quasi un 25% quella dei money transfer. Un abbondante 20% viene riciclato attraverso movimentazione di contante e il restante equamente suddiviso tra bonifici esteri, titoli di credito vari, utilizzo e negoziazione di assegni circolari (i dati si riferiscono all’Italia).
Per quanto riguarda il “prodotto sporco nazionale” vengono rilevate quattro direttive di provenienza: proventi dallo spaccio della droga, contrabbando, false fatturazioni e prostituzione. Per quanto riguarda la droga, il primo posto spetta alla Lombardia (quasi 680 milioni di euro) seguita a debita distanza dalla Campania, dal Piemonte e dal Lazio; sempre al primo posto la Lombardia per le false fatturazioni (770 milioni di euro), seguita dal Veneto e dal Lazio; la prostituzione primeggia nel Lazio (521 milioni di euro), a un soffio ancora la Lombardia e più distanziati Piemonte e Veneto; nel contrabbando primeggia la Campania seguita a ruota dalla Lombardia. Secondo questi dati sembra proprio che la regione Italiana più ricca sia anche quella dove il denaro assume le forme meno corrette di individuazione e di utilizzo.
Interessante anche lo studio di Transcrime che vede un abbondante 20% delle 1900 società immobiliari con partecipazioni estere registrate nel capoluogo lombardo con la presenza di almeno un socio proveniente dai cosiddetti “paradisi fiscali”: danaro di dubbia provenienza che diventa mattone!
Un dato impressionante: se si sommano le stime di riciclaggio in droga nelle sei regioni Italiane si ottiene un importo che supera abbondantemente i 2.100 milioni di euro. Una seria riflessione si impone circa la recente diatriba riguardante la legalizzazione delle droghe leggere: un non trascurabile controllo da parte dello Stato circa la vendita della quantità e della destinazione del “prodotto” e una cifra ragguardevole sottratta al crimine.
(Mauro Magnani)