Faenza. Avrà luogo il 29 gennaio (in occasione della concomitante settimana della Memoria), ore 17.30 nella bottega Bertaccini di Faenza, la presentazione del libro “Qualcuno si è salvato ma niente è stato più come prima”, di Cesare Moisè Finzi. Modera l’ incontro Roberto Matatia.
Classe 1930, Cesare Finzi rappresenta ancora oggi uno dei più lucidi e attivi testimoni viventi della tragedia della Shoah , in quanto ne è stato colpito direttamente. Questo libro rappresenta infatti una sorta di “autobiografia” dell’autore stesso, in quanto parla di un bambino di 8 anni (all’epoca dell’emanazione delle Leggi razziali) che scopre improvvisamente di essere “diverso” in quanto ebreo e quindi viene espulso dalle scuole dell’allora Regno.
Attraverso una meticolosa ricostruzione storica, Finzi riassembla, passo dopo passo, la sua vicenda personale e familiare: Cesare è un bambino come tanti. Vive in una famiglia amorevole e agiata, ben inserita nella vita civile e ordinata di una bella città come Ferrara. Va a scuola, gioca con gli amici ai giardini, la sua vita scorre serena e tranquilla. Fino al giorno in cui, leggendo il giornale “dei grandi”, scopre che la comunità a cui appartiene, quella ebraica, è stata “messa al bando” dallo Stato in cui vive. Gradatamente, quelli che all’inizio sembrano solo ingiusti provvedimenti discriminatori, si rivelano per ciò che sono: leggi terribili che obbligano Cesare, la sua famiglia (e tutti coloro che appartengono al popolo ebraico) a vivere nell’ombra, in fuga costante, rinunciando a tutto: alla propria città, alla propria casa, al proprio nome, alla propria identità, pur di rimanere in vita ed evitare l’arresto, il carcere e la deportazione.
La storia di un bambino travolto dalla Storia, ma deciso a resistere all’ingiustizia, alla paura e alla violenza, e a lottare per la propria felicità.
Sono trascorsi più di 80 anni dal varo delle leggi razziali e purtroppo ancora oggi il nostro Paese, come l’Europa ed il mondo intero, sono attraversati da antisemitismo, razzismo, intolleranza, violenza. Raccontare “ciò che è stato” è il primo antidoto all’ignoranza.
(a.m.)