La comparsa del virus cinese e la temuta epidemia, insieme con la patologia ad esso associata, sembrano essere notizie inaspettate. Ma lo sono davvero?
Il virus è stato battezzato “nCoV-2019”, abbreviazione di “nuovo CoronaVirus 2019”, dal team cinese di scienziati guidato dalla prof.ssa Zheng-Li Shi del Wuhan Institute of Virology che lo ha isolato e identificato alla fine del 2019, come risulta dalle pubblicazioni consultabili on line (link 1, link 2). In esse si riporta che l’epidemia in Wuhan, China, è iniziata il 12 dicembre 2019 e che ha causato 198 infezioni di cui tre fatali entro il 20 gennaio 2020 e che tale virus è stato riconosciuto come Coronavirus, gruppo cui appartengono i virus della SARS, con i quali condivide il 79% del genoma. Inoltre, il 96% del genoma è lo stesso di quello rinvenuto in virus di pipistrelli. Ricordiamo che i due Coronavirus che hanno causato epidemie sono, appunto, quello della SARS del 2002 nel sud della Cina, con tasso di mortalità del 9,5% e il MERS del 2012, con un tasso di mortalità del 34%.
Lo stesso gruppo di ricercatori, guidato da Zheng-Li Shi, pubblica le proprie ricerche scientifiche sui virus con costanza (link 1, link 2, link 3). La seconda pubblicazione fra le precedenti documenta, grazie alla presenza diffusa di specifici anticorpi anticoronavirus nel sangue, i contatti avvenuti fra una popolazione umana residente vicino alle grotte Yunnan e i pipistrelli locali viventi nelle grotte, che ospitano abitualmente il Coronavirus. Tutto suggerisce che i virus stiano ripetutamente tentando il salto di specie. Questo per quanto riguarda i Coronavirus.
Ma ampliando la gamma dei possibili agenti di epidemie, studiati nei laboratori in tutto il mondo, non occorre guardare indietro molto lontano per vedere che anche altri virus infettivi prima sconosciuti hanno interessato l’uomo molto recentemente. In ordine di tempo, andando a ritroso, ecco le varie influenze, ben documentate, aviarie e non: l’influenza aviare H5N1 del 2004, 2003, 1999, 1997, sorte in vari paesi del sud est asiatico, l’influenza del 1997 (Russia), del 1968 (Hong Kong), e poi, indietro nel tempo, del 1957 (“Asiatica”), del 1918 (“Spagnola”) (Rif. Biological & pharmaceutical bulletin, 2005).
Ulteriori esempi, riguardanti altre specie di virus e relative epidemie, sono: Machupo, Bolivia, 1961; Marburg, Germania, 1967; Ebola, Zaire e Sudan, 1976; HIV, isolato a New York e in California, 1981, risalente al 1929 in Congo; una forma di Hanta (conosciuto oggi come Sin Nombre), nel sud ovest degli Stati Uniti, 1993; Hendra, Australia, 1994; Nipah, Malesia,1998; West Nile, New York, 1999; e ancora Ebola, Africa occidentale, 2014.
E’ evidente che non sono esattamente pochi i casi di virus infettivi nuovi per l‘uomo. E in tutti questi casi si è trattato di virus che hanno fatto il salto di specie, dalla fauna selvatica o dagli animali domestici all’uomo. Risulta pertanto chiaro e documentato che da molto tempo la comunità scientifica e gli organi di controllo nazionali e internazionali sono consapevoli della minaccia costituita dai possibili nuovi virus come causa di una epidemia.
I virus e il salto di specie

Salto di specie (https://afludiary.blogspot.com)
Ma che cos’è il salto di specie? I virus sono organismi diffusissimi, incapaci di vita autonoma, sono cioè parassiti, che infettano quasi tutte le forme di vita. Ma per sopravvivere e riprodursi, devono trovare un ospite in grado di accoglierli, che può essere quello abituale oppure uno diverso, di un’altra specie, a portata di mano. Ma in quest’ultimo caso tutto è molto difficile, infatti i virus devono riuscire a riprodursi e poi eventualmente a trasmettersi ad altri ospiti.
Solo quando avviene tutto questo, e cioè quando infezione, replicazione, e trasmissione saranno una dopo l‘altra riuscite si potrà dire che il virus ha fatto il salto di specie. Sembra semplice ma per riuscire il virus deve penetrare nel nuovo ospite e poi nelle sue cellule, cose non previste in origine dalla sua natura, poi deve sopravvivere in questo nuovo ospite, fino a replicarsi ed infettare un altro organismo, il tutto molto improbabile. Ma allora, come mai questo succede?
I virus si imbattono casualmente e di continuo in nuove specie, potenziali nuovi ospiti. Si tratta di quelle più prossime fisicamente a quelle che parassitano. Quasi sempre, però, non avviene nulla. Ma il numero di virus in circolazione è straordinariamente alto e per di più essi si riproducono in grandissimo numero costantemente e velocemente nei loro ospiti. Così aumenta la probabilità che si verifichi l’evento casuale: una, più mutazioni favorevoli , che renderanno il virus mutato in grado di penetrare in un ospite nuovo, di sopravvivere e di completare il suo ciclo. E’ evidente che tali eventi sono più probabili in nuovi ospiti strettamente e fisicamente vicini ai vecchi ospiti del virus, come l’uomo che vive vicino agli animali che alleva. Spesso i virus provengono dalla fauna selvatica e possono casualmente infettare l’uomo (zoonosi) e poi diventare nuovi virus umani (salto di specie); oppure fare il salto di specie su un animale allevato dall’uomo, e di qui poi passare all’uomo.
Che cosa fa la ricerca scientifica
Nuovi virus sono, per così dire, in agguato, provenienti dagli animali, soprattutto nei paesi in via di sviluppo, dove in certe aree rurali è comune lo stretto contatto con animali domestici, i quali a loro volta hanno contatti con quelli selvatici.
Essi stanno, per così dire, preparandosi al “salto di specie”, come già è avvenuto tante volte ormai. Quali le situazioni da evitare? il contatto costante con gli animali allevati e con quelli selvatici, il sovraffollamento, tutte situazioni che fanno crescere moltissimo le opportunità per i virus di “provarci”, e le probabilità di riuscirci. Pipistrelli, uccelli e altri animali selvatici sono “la riserva”. D’altra parte tutto questo è legato a situazioni di povertà, a tipi di società primitive, che potranno risolversi nel tempo, con l’avvento di condizioni economiche migliori.
Per prevenire/contenere il salto di specie e le conseguenze immediate sarebbe auspicabile un’azione sul posto mediante controllo continuo all’interfaccia animale-uomo. Esisteva un organismo internazionale a questo deputato, decaduto e non sostituito. Restano comunque scienziati “a caccia di nuovi virus” in diversi luoghi nel mondo che cercano di prevedere il salto di specie, adottando anche per le epidemie il motto che prevenire è meglio che curare. Che cosa fanno? cercano indizi e dati sui contatti fra le popolazioni e gli animali portatori di virus. E ovviamente cercano di identificare e bloccare sul nascere un focolaio di epidemia. I virus sono ancora degli sconosciuti, quindi c’è moltissimo che la ricerca, anche di laboratorio, deve ancora scoprire su di loro. Quando possibile si identificano mutazioni che potrebbero facilitare il salto di specie, ma prevedere un’epidemia è ancora una meta lontana, che purtroppo per ora resta solo una grande sfida.
Esiste comunque un organo a livello globale, il GVN (Global Virus Network) che riunisce e tiene in contatto fra loro i centri di ricerca. Il GVN è ritenuto di importanza fondamentale nella difesa contro i virus, perchè in grado di fornire le migliori conoscenze, insieme con l’impegno ad affrontare le sfide poste dai virus che l’umanità incontrerà. Si tratta di un risultato operativo e concreto, nello stesso spirito che è alla base della collaborazione internazionale One Health, fra chi vuole condividere le conoscenze scientifiche a livello globale, per la salute degli esseri viventi e del pianeta. Ilaria Capua, bravissima virologa italiana, ne è membro attivo e portavoce, per quanto riguarda le conoscenze sui virus.
Quanto dobbiamo preoccuparci?
Un messaggio dal mondo scientifico, importante anche se ovvio, riguarda l’attenzione che si deve prestare a un mondo globalizzato, fragilissimo di fronte alla minaccia di un virus nuovo, per il fortissimo aumento di popolazione, gli spostamenti veloci o velocissimi, e di conseguenza i contatti molto più frequenti fra persone e con merci di ogni tipo. La risposta, globale, sembra essere in atto: la Cina, ha messo in isolamento 56 milioni di persone, ha decretato la chiusura di tutte le attività, a discapito dell’economia. Provvedimenti riguardanti i voli aerei e passeggeri sono stati presi in quantità. E così via a livello globale…
Che fare ora? La ricerca sul virus andrà avanti e contemporaneamente in molti laboratori nel mondo si cercherà di mettere a punto un vaccino. Certo, i cinesi avrebbero potuto essere più rapidi nella comunicazione del fenomeno che già era descritto a fine 2019… Forse questo non avrebbe comportato nessuna differenza, o forse sì.
La preoccupazione è sicuramente ancora presente in molti di noi. Ma dobbiamo continuare ad allarmarci ? Le conoscenze sui virus sono ancora scarse, è vero. E di nCoV-2019 non si sa nemmeno l’effettivo tasso di mortalità che però sembra mantenersi ridotto. Ma se questa volta ci è andata bene, non dovremmo dimenticare che il rischio è sempre presente. Quanto prevedibile era la comparsa di nCoV-2019? La verità è che la comparsa di un nuovo virus è evento molto prevedibile, probabile. Meno prevedibile la sua capacità di essere devastante: nulla si può dire su questo, se non che sarebbe legata al caso. Gli interrogativi a cui rispondere sono molti, qualche risposta, parziale e a livello statistico si può avere ma tanta ricerca ancora deve essere fatta. Nessuno sa, per esempio, perché certi animali riescano, con maggior successo di altri, a contagiare altre specie. Lupus in fabula: ecco che spunta all’orizzonte un pipistrello…
(Carla Cardano)
SPECIFICHE
I virus sono costituiti da un involucro proteico denominato capside contenente il genoma virale. Il materiale genetico di un virus è rappresentato da una molecola di DNA o di RNA (mai entrambi) Il coronavirus ha solo RNA. Hanno sviluppato metodi di attacco e proliferazione grazie ai quali penetrano nelle cellule dell’organismo aggirandone i sistemi di difesa e sono diffusissimi.
Ciclo virale in una cellula dell’ospite. Una volta penetrato all’interno della cellula ospite il virus ne sovverte il metabolismo costringendola a riprodurre il genoma virale e le proteine del capside: sono parassiti endocellulari obbligati.