In seguito a una mia email in cui puntualizzavo una certa ambiguità nell’informazione fornita dal New York Times sulle cifre italiane relative all’infezione da Coronavirus, Peter Hogarth, già professore presso il dipartimento di Biologia dell’Università di York (U.K.) e magistrato, così mi scrive. (Carla Cardano)

Cara Carla,
non ho guardato al website del NYT, ma credo che gran parte delle loro informazioni provengano da sorgenti come l’Oms , che ha la responsabilità globale riguardo alla localizzazione dei focolai di malattia, predirne la diffusione e consigliare i governi su cosa fare. L’Oms rilascia giornalmente sul website resoconti su situazioni e schemi basati sulle migliori informazioni disponibili.

Peter Hogarth

Ovviamente ciò dipende dalle informazioni fornite all’Oms dai governi! Eccetto che per l’Iran e la Cina (e probabilmente alcuni altri Paesi) queste informazioni saranno ritenute attendibili: certamente nel caso dei paesi europei occidentali.

Il modo in cui i media presentano i dati, ovviamente non è per forza affidabile! E’ complicato e non sempre facile dire se stanno parlando di cifre riferite a persone appena uscite da un aereo che hanno la febbre alta, di quelle che sono andate a casa e hanno telefonato al servizio sanitario per consigli, di quelle che sono in ospedale in attesa di fare il test per il coronavirus, dei casi confermati…, e così via!

Allego uno schema dal Guardian di ieri (Guardian 27 Feb 2020) che ritengo sia un modello di come i dati dovrebbero essere presentati (insieme con un articolo di accompagnamento). Si osservi che sono riportate le sorgenti di informazione e le date. Come scienziato, apprezzo veramente tutto questo !

Sylvia (sua moglie, ndr) ha davvero ragione quando ricorda la Sars, Ebola, e la Spagnola. C’è un rischio significativo che una infezione virale incontrollata si trasformi in una immane catastrofe (credo si ritenga che la epidemia del 1918 abbia ucciso più di un milione di persone, in tutto il mondo).

Al momento, i Paesi stanno tentando di controllare la malattia: e ci riescono piuttosto bene. Fino ad ora. Questo significa controllare e monitorare i viaggiatori, identificare i potenziali portatori, mettere in quarantena persone che non vogliono starci, rintracciare i contatti. E informare ciascuno delle conseguenze, nel caso il contenimento dell’infezione non funzionasse. Ma non ritengo tutto questo come una minaccia esagerata !

Non è facile per le autorità trovare un equilibrio fra i due messaggi: (1) “Non andare in panico, ogni cosa è (circa) sotto controllo”, e (2) “ma se non è sotto controllo, queste sono le orribili conseguenze”. Diversi governi gestiscono questo problema in modo differente. E ovviamente i media tenderanno sempre a sottolineare il messaggio 2 piuttosto che il messaggio 1!

Si dà il caso che ci sia capitato di dare uno sguardo da vicino al problema del contenimento dell’infezione, a York. Due persone (una di esse studente) arrivate di recente dalla Cina, erano alloggiate in un hotel del centro. Hanno riferito spontaneamente di non sentirsi bene al National Health Service (servizio sanitario nazionale) e sono state debitamente trasportate in una struttura specialistica, curate, guarite e rilasciate dopo opportuno periodo di quarantena. Nel frattempo l’Università e altri enti ricostruivano i loro spostamenti, e concludevano che non si erano recati al campus, dove erano stati i loro contatti a rischio nei giorni in questione, creavano una unità informativa speciale per rispondere alle domande poste dagli studenti e da altri, rilasciavano aggiornamenti giornalieri e email di consulenza a tutti gli studenti e allo staff, e così via… E’ complicato, difficile, costoso, ma imprescindibile.

In ogni modo, queste sono le mie opinioni sulla situazione.

(Peter Hogarth)