Come tutto ciò che viene caricato e esposto sul web, anche i nomi di Mahmad e Khaled possono essere veri, falsi, inventati, caricati ad arte: pochi sono in grado di accertarne la vera origine. Fatto sta che la notte tra il 27 ed il 28 febbraio, su una chat molto seguita da chi ha fatto della disperazione la propria forma di vita in terra turca, dopo aver dovuto abbandonare tutto il nulla che aveva in terra siriana e dintorni, sono apparsi messaggi dal sapore magico, parole che assumevano la forma di un sogno: “E’ certo! Il confine con la Grecia è stato aperto!”. Si accenna perfino ad un famoso parcheggio per disperati a nome Vatan e si da per certa la presenza di pullman anche se in quantità limitata.

Qualche dubbio sorge qua e là, il ricordo di menzogne e falsi avvisi è forte, ma la disperazione, la fame e l’illusione di un’inaspettata fine abbastanza buona hanno il sopravvento e si parte. La voce circola tra migliaia e migliaia di senza nulla, di bambini che non avranno possibilità di ricordi se non atroci e di genitori che non possono nulla per loro se non abbracciarli e ci si incammina.

Si percorre a ritroso quel percorso che tanti secoli fa un certo Alessandro, destinato a divenire “Grande”, aveva tracciato per recarsi a creare il più grande impero che mondo abbia conosciuto: si deve raggiungere Edirne (Adrianopolis) e di lì in Grecia, in Europa. La ricca Europa, il sogno Europa. La povera Europa, mai così povera come ora. La trappola architettata da come chi sa dare il peggio di sé stesso è scattata: al confine l’amara sorpresa, la fine di quell’ultima speranza, l’ennesima bastonata su ciò che rimane di poveri uomini, donne, piccoli senza colpa.

Filo spinato, ancora filo spinato, sbarramenti, uomini in tenuta da guerra, gas lacrimogeni contro chi non ha neppure più le lacrime, qualche colpo di arma da fuoco sparato in aria. C’è chi dice anche ad altezza d’uomo. La menzogna vergognosa è stata scoperta, la disperazione di una moltitudine barattata contro un po’ di denaro. Denaro per coprire la vergogna dell’incapacità, dell’ignavia, dello sguardo girato dall’altra parte. Tutto ciò che si vede sa di fame, di sete, di pianti, di disperazione. L’immagine di una giovane donna che regge in braccio il proprio figlioletto senza poter nulla per lui è la firma su ciò che veramente accade lì, a pochi chilometri da Adrianopolis.

Appena fuori da Kastanies, in territorio Greco, c’è una piccola chiesetta dedicata a San Giorgio e nei pressi un eliporto: alle due del pomeriggio parte dalla chiesetta una lunga fila di auto blu, ricche di bandierine svolazzanti e di vetri oscurati. Pochi minuti per attraversare la cittadina e il corteo raggiunge la zona degli scontri. Altrettanti pochi minuti per rendersi conto della situazione (giusto per credere solo ai propri occhi) e si fa ritorno verso San Giorgio.

Ci si sistema nella piccola sagrestia dove ha luogo un incontro (non una conferenza, qui parla solo uno) con la stampa. Una signora dal nome tedesco (Ursula von der Leyen) dopo poche sillabe di circostanza chiude il cerchio con davvero poche parole: “E’ arrivato il tempo di un’azione concertata e di avere sangue freddo. La Turchia non è il nemico e la Grecia il nostro scudo.” E meno male che qualcuno, da dentro il Pd Italiano ha il coraggio di affermare che quelle parole hanno il colore ed il sapore della vergogna e il valore del disumano: disperati e bambini non sono un pericolo da cui difendersi. Sul luogo, al contrario, la destra estrema Greca richiede a gran voce armi e potere: ci pensiamo noi a ricacciare indietro questa sozza marmaglia!

Ma poi la panacea, un po’ di denaro in arrivo, medici, coperte, tende, rifugi. Il classico belletto idoneo a coprire la vergogna, l’impotenza, l’incapacità. Un po’ più lontano, attenti alla valutazione di ciò che sta accadendo, una discreta quantità di capi popolo, di istrioni religiosi e di comandanti in armi certi della loro verità, se ne sta attenta in attesa di mosse e di novità. Novità che saranno quelle di sempre, incapaci ed inutili nella risoluzione che ha assunto il tanfo della morte dell’uomo. Quella senza ritorno. Per questi uomini non c’è neppure l’inferno: loro sono più cattivi dei cattivi e non esiste perdono divino.

Siamo in attesa di sorridenti strette di mano, di tavoli imbanditi contornati da potenti, di soluzioni ad hoc, di compromessi e di facili sorrisi, ma la disperazione e la sofferenza di interi popoli non può avere un prezzo. Al contrario, un prezzo ce l’ha chi è disposto a contrattare sulla vita degli altri: denaro che finirà in armamenti, in mezzi blindati e munizioni da noi prodotte (ma badate bene solo a scopi pacifici e di difesa) che saranno utilissime per creare altri disperati, altre vittime inermi, altri profughi. No, la sofferenza di latri uguali a noi non può avere un prezzo, almeno per chi, a testa alta, ha ancora il coraggio di chiamarsi uomo.

(Mauro Magnani)