Lontano dalle emergenze uno dei minori problemi della modernità è la spontaneità, nei rapporti interpersonali bisogna essere genuini, giusto? Se sono minori non vuol dire però che non siano irritanti, soprattutto quando il linguaggio e gli atteggiamenti imboccano la strada della maleducazione, sdrammatizzando quando non va bene o peggio, quando le cose si fanno serie, dimenticando senso civico e di responsabilità.
L’esperienza che stiamo vivendo, provocata dagli innumerevoli casi di contagio provocati da Coronavirus, obbliga sia buon senso su noi stessi e verso il prossimo, sia una ferrea determinazione sull’osservanza di norme e comportamenti indicati da chi ne sa in materia a riguardo l’attuale emergenza sanitaria nazionale; questo periodo ci impone moralmente e fattivamente di rispettate le ordinanze con le buone o con le cattive e non a farci valere, a farci sentire e a farci notare come a volte ci comportiamo da cafoni incoscienti.
Come e perché le indicazioni dettate dall’emergenza siano invece state ignorate e disattese da una (quasi) maggioranza di cittadini non si comprende, fatti del trascorso weekend parlano infatti di festosa inosservanza dei decreti antiaffollamento; non è logicamente la prima volta in Italia che coscienza e doveri vengono a mancare ma questa emergenza è seria e di certe situazioni si deve assolutamente fare a meno.
Così come è tanto da irresponsabili affollare le stazioni sciistiche e pigiarsi in cabinovia per l’ultima sciata, è altrettanto grave “cedere” alla tentazione di godere di una boccata d’aria in riva al mare tanto peggio se ciò coinvolge un gran numero di persone; un peggio del peggio inimmaginabile (vista l’emergenza) che è addirittura accaduto in alcune zone rosse come ad esempio Rimini e Pesaro dove webcam e social hanno filmato e fotografato non la passeggiata limitata a pochi irresponsabili, ma bensì una gran folla che disobbedendo alle imposizioni dagli organismi a salvaguardia il contagio da Coronavirus, è scesa gomito a gomito a “far struscio” nelle viuzze del litorale, stipando i baretti lungo-molo, godendo tutti assieme della magica atmosfera dei localini di quelle località di mare e riempiendo all’inverosimile (per il periodo) le location della movida, giovani e meno giovani che hanno sottopesato evidentemente la colpa (e il rischio per la comunità) di non aver voluto né vedere, né capire, la gravità comportamentale del gesto.
Se ne deduce che atteggiamenti sbagliati traggono linfa dal costume nazionale, che ci vede in prima fila nelle emergenze “last-minute” quando cioè comporta aiutare altri italiani in sofferenza per i terremoti (Friuli, Emilia-Romagna, Amatrice, ecc), le alluvioni (Firenze, Genova, Venezia, ecc.) ed altre calamità, purchè questa “fatica” sia limitata nello spazio e nel tempo, ma soprattutto non ponga troppi limiti all’innato senso del voler presto (ri) tornare alla quotidianità e a far le cose di sempre, giuste o sbagliate che siano.
(Giuseppe Vassura)