Fra i tanti effetti collaterali prodotti dalla situazione straordinaria dovuta al diffondersi del Corona Virus c’è quello che investe la violenza sulle donne. Un’ emergenza nell’emergenza che annega nei numeri drammatici dei bollettini trasmessi ogni giorno dai media. Una situazione a dir poco complessa. Per rendersene conto occorre allungare lo sguardo per percepirne e coglierne gli aspetti.
In presenza dei provvedimenti restrittivi che vietano di uscire con l’eccezione di pochissimi casi esplicitamente indicati, le donne che convivono con un compagno violento e ne subiscono le azioni si trovano in una gabbia chiusa a chiave.
Considerati i dati, ribaditi anche di recente, da cui risulta che 1 donna su 3 subisce violenza e che l’81% dei femminicidi avviene fra le mura domestiche, non è difficile immaginare lo stato delle cose. Stato che si aggrava in presenza di figli soprattutto su minori. Dettagli? No. Si tratta dell’effetto domino di una pandemia che va ben oltre i contagiati, i positivi, gli ammalati e che rischia di produrre altre tragedie e traumi sociali.
La giudice Paola De Nicola che si occupa di violenza sulle donne ha dichiarato in un intervista a Radio Rai 1 che le violenze aumentano nei periodi di vacanza e nel fine settimana. Circostanze in cui gli uomini violenti esprimono di più un comportamento di potere e di controllo sulle compagne. Si deduce come in condizioni di quasi assoluta ristrettezza di movimento, la convivenza diventi difficilissima, estrema.
L’appello dei Centri antiviolenza
I Centri antiviolenza denunciano in queste settimane un calo dei contatti per chiedere aiuto. Due al giorno, dichiara la Casa delle donne per non subire violenza di Bologna (v. articolo La Repubblica di ieri, 19 marzo). Le donne maltrattate sono in questo periodo più controllate. Non sono libere di telefonare e di fronte al pericolo epidemico molte scelgono di sopportare.
Non è l’unico aspetto critico. Le donne che hanno già scelto un percorso di fuoriuscita con incontri, terapie, attività nei centri, sono costrette a sospenderlo e a rimanere sole. Quelle ospitate nelle case rifugio rimangono isolate. Accolte a seguito della scelta di lasciare la propria abitazione per fuggire dalla violenza a volte convivono con donne che non conoscono ma con cui condividono la stessa sorte.
I centri antiviolenza della rete Di.Re. si sono mossi in questi giorni per interrogare le Istituzioni sulle regole di applicazione dei Decreti del Governo e delle ordinanze regionali alle situazioni che hanno in carico. Chiedono indicazioni possibilmente chiare. Gli spostamenti per denunciare, per chiedere accoglienza rientrano nei casi di necessità previsti dai provvedimenti restrittivi? L’Area metropolitana ha dato indicazione di continuare l’accoglienza delle donne che la richiedono, con l’accortezza di ospitarle in camere singole mentre la Regione si sta attivando per fornire risposte. Intanto i Centri fanno sapere che rimangono aperti e che sono sempre contattabili in caso di aiuto e bisogno. Il servizio è garantito. A questo proposito la rete Di.Re. ha chiesto misure di tutela della salute di chi lavora nei centri, come per gli altri lavoratori e lavoratrici occupati nei servizi che devono garantire la continuità delle prestazioni. La presidente della rete Di.Re., Antonella Veltri, ha ribadito che il 1522, il numero da chiamare per chiedere aiuto offre un primo ascolto, non basta. Devono funzionare i servizi. Le case rifugio sono piene. Veltri sottolinea che dovrebbero essere gli uomini violenti ad essere allontanati da casa non le donne. Un paradosso che crea l’esigenza di nuovi spazi da assegnare all’accoglienza delle donne. I fondi stanziati per il 2019 e il 2020 devono ancora arrivare.
Gli impegni annunciati dal Governo
La Ministra alle Pari Opportunità Elena Bonetti ha annunciato la firma di un decreto per sollecitare le Regioni, finora inerti, all’assegnazione dei 50 milioni stanziati nel biennio. Bonetti ha altresì annunciato un fondo straordinario di altri 30 milioni già disponibili per l’emergenza. Con la Ministra dell’Interno La Morgese si sta lavorando per dotare i territori di alloggi aggiuntivi, cosa che lascia i Centri perplessi sui tempi. Resta il fatto che se il Paese rallenta e in gran parte si ferma a causa del Covid-19, non si ferma la violenza sulle donne e sale la preoccupazione per le conseguenze che questa situazione straordinaria creerà. I segnali ci sono già.
Anche a Imola il centro antiviolenza della rete Di.Re, Trama di Terre, rimane aperto. Garantito anche il servizio di colloqui telefonici dell’Associazione PerLeDonne dal lunedi al venerdì dalle 9 alle 17.
(v.g.)