Di settimane dure ne son trascorse ormai tante dall’inizio del contagio e ci sono momenti in cui mi chiedo quando mai finirà. Gli ultimi giorni sono stati estremamente intensi e hanno reso ancora più evidente quanto inedita, complessa e difficile sia questa esperienza, avendo celebrato in due giornate successive, un anniversario laico come il 75^ anniversario della Liberazione di Bagnara e la festa sacra della Pasqua.
In questi giorni particolari, mi sono fermato a riflettere su quanto le nostre vite siano profondamente cambiate per tutti, specie per i nostri bambini e i nostri anziani, spesso proprio la relazione fra questi è dovuta cambiare, perché per assurdo, la linfa vitale del rapporto d’affetto e dell’incontro fra nonni e nipoti si è fisicamente interrotta, pur di non rischiare di trasformarsi nel suo opposto, cioè strumento di diffusione di questo virus così crudele. E non sapere quando queste e altre relazioni importanti per le nostre vite, potranno tornare alla loro normalità, mi mette a dura prova.
Poi mi riprendo, bisogna farlo, anche solo semplicemente perché si prende coscienza che siamo in mare aperto e qui non ci si può pensare, indietro non si torna e alla riva dobbiamo arrivarci, per cui un bel respiro e si torna a nuotare.
In fondo ciò che ci sta capitando e che per molti versi ci sembra una guerra, è solo in piccola parte analoga a periodo ben più cupi e lunghi di guerra, come nel caso del secondo conflitto mondiale.
Le restrizioni dovute al contagio ci hanno costretto ad una riorganizzazione importante delle celebrazioni, quanto mai importanti. Abbiamo realizzato un video della deposizione di una pianta fiorita al monumento ai caduti, della benedizione del Parroco e del mio discorso e un secondo video con il racconto delle vicende conclusive del conflitto e della Liberazione a Bagnara, per poterli condividere con tutti, benchè a distanza.
Negli istanti della celebrazione, mi sono trovato come di consueto ogni anno, ma quasi solo, nel luogo simbolico più significativo della Memoria e dell’onore dovuto a coloro che persero la vita nelle due guerre mondiali. Il monumento è collocato in un parco che sabato 11, in una bellissima giornata di sole, ci mostrava come non mai, la rinascita della Natura in Primavera, mi ha fatto riflettere sull’eterna ciclicità di Vita e Morte e su come la Natura anche questa Primavera stia fiorendo e rinascendo per certi versi anche più rigogliosa, ignara della crisi più dura per la nostra Nazione proprio da quegli ani di guerra ad oggi.
In un periodo tanto oscuro, fatto di paura, privazione di libertà personali, malattia e morte, litigi e screzi, ma anche di tanta solidarietà e volontà di rimanere in piedi e uniti, cioè di Resistere, possiamo almeno in piccola parte immaginare meglio e cogliere, per confronto, alcune scintille in più di cosa potesse significare vivere in un regime dittatoriale che limitava pesantemente le libertà personali (e non per la salute pubblica e dunque per un bene comune); cosa significasse guardarsi dal proprio vicino di cui non ci si poteva più fidare; quale forza richiedesse resistere contro un regime nazi-fascista fatto da persone che un tempo erano amici, conoscenti, parenti e dunque anche quanto gioiosa, grandiosa e vitale potesse essere stata la Liberazione, segno che la speranza di tanti non era stata vana.
E proprio la speranza sembrano rafforzare questi ultimi giorni in cui i dati del contagio continuano ad essere sempre più confortanti, eppure ancora molto numerosi sono i nuovi positivi e gli ammalati e saranno sempre troppi i deceduti, fino a quando il loro numero non sarà ridotto a zero.
Un triste bollettino quotidiano che attendo ogni giorno con ansia e che fino ad oggi non ha visto coinvolte direttamente persone del mio Comune, non ci sono stati casi di positività e la cosa ha attirato l’attenzione di molti mezzi di comunicazione, anche con riferimento alla speciale venerazione del nostro paese per la statua della Madonna dei Camangi, detta del Pubblico Voto fatto dalla nostra comunità nel Seicento, per scongiurare la diffusione della peste. In ogni modo e in ogni senso, siamo nella stessa barca con tutto il nostro territorio e con tutta la Nazione, oggi potremmo dire con tutto il Mondo.
Siamo profondamente coinvolti non solo per i cambiamenti della nostra quotidianità, ma nella percezione di un timore costante, nei sentimenti di pietà e dolore per coloro che ci hanno lasciato e per i loro familiari e amici, lo siamo nella solidarietà profonda verso i tanti Comuni severamente colpiti e personalmente, mi sento vicino e solidale con i Sindaci che hanno affrontato con grande senso civico e coraggio degni di ammirazione, situazioni davvero drammatiche.
La strada è ancora molto lunga e siamo coinvolti in una rete di rapporti e relazioni con il territorio (e fra l’altro mai come in queste settimane ho tanto apprezzato la forza di essere squadra nel rapporto quotidiano con i Sindaci della Provincia e della bassa Romagna), rete di relazioni dicevo, particolarmente rischiosa soprattutto per coloro che svolgono il lavoro meritorio di prendersi cura di noi, come tutti gli operatori del settore sanitario.
Proprio sul ruolo di medici, infermieri e operatori del settore sanitario, mi sono fermato a riflettere tante volte.
Ci sono, credo, nella vita di ciascuno di noi, da bambini come da adulti, momenti in cui ci chiediamo se ci capiterà mai di essere chiamati ad atti eroici, di grande altruismo, di responsabilità, di solidarietà.
Forse a ciascuno di noi sarà capitato di chiedersi come avrebbe reagito davanti a un’emergenza o ad un pericolo imminente in cui il nostro intervento avrebbe potuto aiutare altri, salvare addirittura delle vite, ma mettendo a repentaglio la propria.
Immaginare non costa molto, è quasi facile immaginare che avremmo il coraggio di fare gli eroi, ma la realtà, di solito, è una prova del nove ben diversa.
Ecco, per alcuni di noi il tempo delle scelte è passato dalla fantasia alla Realtà, una terribile e crudele realtà, e tanti, davvero tanti, hanno risposto di SI’.
Gli operatori del settore socio-sanitario sono sottoposti ad un rischio continuo in mezzo a tanti malati, a ritmi e a turni impressionanti, ormai da settimane.
Hanno scelto la via della responsabilità, dell’impegno e del rischio, anche a costo della vita in alcuni drammatici casi.
Qualcuno potrebbe eccepire che avevano scelto questo lavoro, ma siamo ben oltre, ben oltre ciò che in tempi normali, le già nobilissime e generose professioni sanitarie richiedono.
Quanti di noi rischierebbero la vita per degli sconosciuti? Ecco, loro lo fanno, ogni giorno, per assurdo correndo addirittura rischi penali, perché hanno accettato di prestarsi a ruoli per i quali non sono specializzati.
Anche solo la gratitudine verso costoro, dovrebbe convincerci a continuare a limitare la nostre libertà, seguendo le restrizioni e le pur poco simpatiche limitazioni delle libertà personali, per la salute individuale e del nostro prossimo.
Più volte mi son fatto forte di questa riflessione, per comunicare a tutti i miei concittadini a resistere, a farsi forza, a rispettare le regole, anche quando non si comprendono o sono soggette ad interpretazioni non facili…
Ecco, la comunicazione ai cittadini e la vicinanza a tutti e a ciascuno, è per un Sindaco, uno degli impegni principale e più importanti in questo tempo di contagio e di distanza fisica e bene o male, se si vuol raggiungere un numero alto di persone in poco tempo, i social e i siti internet sono strumenti formidabili. Per questa ragione, la mia presenza nei social non è mai stata tanto attiva: per comunicare, informare, ascoltare, intercettare problemi, provare a spiegare e a mediare, ma soprattutto far percepire la presenza e la vicinanza.
Purtroppo però, probabilmente per il disagio per questo lungo e forzato periodo di quarantena, fatto anche di tanti dubbi e libertà condizionate da decreti e ordinanze, la pubblica piazza virtuale dei social media, può anche danneggiarci e incattivirci, se non cerchiamo di farne un uso moderato, corretto e maturo.
Mi sono convinto di dover intervenire, in una delle mie comunicazioni da Sindaco e da amico e conoscente di quasi tutti i miei concittadini, essendo il mio un comune molto piccolo, per cercare di spingere tutti ad una valutazione di come stiamo utilizzando questo tempo difficile. Mi son reso conto di quanti finiscano, forse senza rendersene conto, per utilizzare il tempo per attacchi, polemiche, sterili discussioni sempre meno controllate, tirando fuori un nervosismo e un’astiosità che non giova a nessuno.
A chi è utile attaccarci fra cittadini? Ognuno di noi ha abitudini e necessità diverse e fatichiamo certamente a comprendere quelle del nostro prossimo, perchè, nella sua libertà, ha sviluppato scelte e preferenze diverse dalle nostre priorità. A chi giova oggi scagliarsi l’uno contro l’altro, quando tutti adesso siamo chiamati a rinunciare a qualcosa e a ognuno di noi sembra che la propria rinuncia sia più grave di quella degli altri!
Le regole ci sono state date livello nazionale e regionale, a ragion veduta, per le indicazioni di equipe di specialisti, e le Forze dell’Ordine, così come le istituzioni (e io ne rappresento una), cercano di farle rispettare.
Capisco la difficoltà di tutti e i bisogni di tutti, capita anche a me far fatica a capirle fino in fondo le regole che oggi ci viene chiesto di rispettare, eppure se condividiamo l’impegno, tutto sembrerà meno complicato. Tutta questa storia finirà, spero molto presto, spero tanto in quel 4 maggio come l’inizio di un ritorno graduale alle nostre piccole e care libertà, ma come ne usciremo? Ci guarderemo indietro e penseremo di aver usato bene questa occasione per capire cosa è davvero importante nella vita, o di aver sprecato il tempo ad attaccarci a vicenda?
Sarebbe bello guardarci indietro e pensare il tempo del Covid ci ha reso più forti, più creativi, più smart e che la comunicazione ci abbia aiutato a minimizzare o addirittura ad infrangere il muro del distanziamento sociale!
(Riccardo Francone, sindaco di Bagnara)