Massa Lombarda. In questi tempi di virus una delle prese di posizione più interessanti è venuta dal re dell’Italia style, Giorgio Armani che in un’intervista dichiarava che la moda (quindi le sue scelte) aveva superato i limiti. A Massa Lombarda abbiamo cercato di capire meglio questo concetto parlando con Attilio Mazzini, infaticabile motorino dell’archivio che porta il suo nome, un Archivio (un paio di anni fa ha presentato a Imola una bella mostra dedicato alle ricerche stilistiche) che rappresenta una delle più importanti collezioni suntuarie del mondo, continuamente visitato da tutti i produttori di moda.

Quindi Mazzini, Armani ha colto nel segno con quel suo J’accuse?
“Penso proprio di sì. In questi anni il settore aveva a disposizione o se preferisci ai suoi piedi il mondo. Non era più limitata alla bottega artigiana o quasi di Milano, Bologna, Napoli, ma era presente in tutto l’Occidente fino al Giappone e, recentemente anche la Cina. Quindi con i negozi presenti ovunque e con una comunicazione in tempo reale aveva bisogno di presentarsi con più collezioni durante l’anno. Una volta tutto era più semplice, c’erano i modelli invernali e quelli estivi. Adesso tutte le case di moda fanno 15, 16 collezioni l’anno, cioè sviluppano molti più prodotti con dei tempi ristretti. Persino gli addetti ormai non erano più in grado di sopportare questi ritmi di lavoro e si arrivava al punto che lo stilista si limitava ad attaccare un’etichetta perchè la camicia o il pantalone era prodotto il Cina da soggetti peraltro molto bravi. E adesso  noi vediamo che a Pechino puntano al made in China perché ritengono di avere la conoscenza e la capacità di fare concorrenza ai grandi nomi. Inoltre voglio ricordare che i grandi designer, i creatori della moda hanno sempre sentito la necessità di studiare più fondo i materiali e la loro gestione, quindi è arrivato il momento buono per ripensare il settore. Ora la moda estiva è ancora tutta nei negozi e nella casa madre e si attende la fine del lockdown per capire come si comporteranno i consumatori. Ancora una volta qualche indicazione arriva dalla Cina, dove hanno cominciato a riaprire i negozi e abbiamo assistito ad un corsa al lusso. Hermès in un giorno ha incassato 2,7 milioni di Euro.”

E in  Italia?
“Partiamo da un numero il 41% della produzione del lusso delle case francesi, è frutto del lavoro di artigiani italiani e posso fare un esempio ancora più vicino. Uno degli uomini più ricchi di Francia gestisce un marchio Berruti che una un’azienda di calzature con sede a Ferrara. Sappiamo che sarà, probabilmente una ripartenza lenta e si guarderà maggiormente allà qualità evitando gli eccessi come quello di scarpe ginniche che andavano da un minimo di 400 Euro fino a 2.000 Euro; insomma era venuto meno il senso delle proporzioni.”

E il futuro?
“Sicuramente ci sarà una rivalutazione del designer e del prodotto finale che dovrà essere di qualità per poter durare a lungo. E un po’ le case di moda sono costrette a seguire questa strada”

Perché?
“Perché si è aperto un mercato parallelo delle collezioni degli anni precedenti (non si tratta di vintage) e quindi chi se lo può permettere mette in vendita online vestita a prezzi più convenienti di quelli ufficiali. Questo tipo di mercato, comunque, stimolava la produzione. Non sappiamo quanto durerà questa situazione, ma se conserveremo memoria di quanto è successo anche il mondo della moda potrà trarre benefici da questa vicenda, prima di tutta la salvaguardia di quelle mani artigianali che hanno permesso il successo del made in Italy.”

(a cura di m.z.)