Venezia. Amore e guerra. I primi due film presentati alla Selezione ufficiale di Venezia 77. trattano i temi per eccellenza. “Amants” è stato presentato da Nicole Garcia, regista ma anche famosa attrice francese e riguarda un triangolo amoroso tra tre personaggi due uomini e una giovane donna. Due innamorati si ritrovano dopo alcuni anni ma lei è sposata con un altro uomo anche se non ha mai dimenticato il suo precedente amore. Diviso in tre capitoli ambientato in tre location diverse (Parigi, l’oceano Indiano e la placida e fredda Svizzera di Ginevra), incrocia sentimento e thriller. Si inserisce nel filone del cinema sentimentale francese, da François Truffaut e Louis Malle e Léos Carax, strizzando l’occhio al pubblico con svolte narrative non sempre verosimili. L’attrice parigina Stacy Martin (la “Nymphomaniac” lanciata da Lars von Trier nel 2013 divide; ha però la carnagione adatta per essere l’eroina di questo film “invernale” anche ai tropici, mettendo in ombra sia l’amante Pierre Niney che il marito Benoit Magimel.
“Quo vadis, Aida?” invece è ambientato nella ex Jugoslavia di Srebrenica nel 1995, quando i Caschi blu dell’Onu abbandonarono la popolazione è successe il genocidio guidato dal generale Radko Mladic a capo di un sanguinario esercito serbo e da bande al seguito. Jasmila Zbanic getta uno sguardo femminile sulla vicenda, sia come regista, sia ponendo al centro del racconto l’interprete Aida (Jasna Duricic), insegnante dell’enclave di Srebrenica, bosniaca musulmana, che tra il 9 e l’11 luglio 1995, compì il suo lavoro di traduttrice per i militari asserragliati in un presidio circondati dai bosniaci che chiedevano di entrare, compresi i famigliari di Aida. L’intento della Zbanic, autrice anche dello script, è quello di mostrare la vigliaccheria degli alti comandi Onu, guidati dal generale olandese Karremans in loco. “Non hanno avuto pietà, empatia, non sono stati solidali, i militari olandesi hanno come avuto un pregiudizio verso i musulmani di Bosnia”, ha spiegato la regista in conferenza stampa a Venezia. L’accordo Karremans Mladic comporterà la resa dei caschi blu, l’arrivo di pullman serbi che deporteranno oltre ottomila uomini, donne e bambini, compresi i 300 che avevano trovato rifugio nel “fortino” Onu. Questi ultimi verranno fatti uscire e finiranno trucidati, come gli altri, poco lontano. Alcune delle cose successe furono documentate per propaganda dallo stesso Mladic e sono visibili in rete.
Per l’attrice protagonista un’interpretazione che la avvicina al premio veneziano. Per la regista un forte atto di denuncia in chiave drammaturgica che raggiunge lo scopo.
Altra protagonista femminile è stata Tilda Swinton nella prima giornata di competizione nel film, non in competizione, “La voce umana” di Pedro Almodóvar. Il testo di Jean Cocteau, è un lungo monologo disperato o meglio, un dialogo simulato attraverso la cornetta del telefono, dove una donna parla all’uomo che l’ha abbandonata, era stato cavallo di battaglia di Anna Magnani e della sua rivale in amore (per Roberto Rossellini) Ingrid Bergman, rispettivamente nel 1948 e nel 1967. Una visione ridondante, “barocca”, come la definisce il regista. Piena di colore, luce, scenografie, per l’autore di “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”, “Tutto su mia madre”, e l’ultimo “Dolor y gloria”. Il testo vede in scena una donna sola abbandonata dal suo uomo. Il lavoro su cui ha puntato il regista spagnolo però ha messo al centro anche la necessità di superare e combattere la solitudine e l’abbandono, in maniera vendicativa.
(Caterina Grazioli)