Paolo Viglianti, pensionato, ex responsabile della formazione sui sistemi elettronici di controllo del traffico aereo in una azienda del settore, è il candidato di Rifondazione – Partito comunista italiano.
Come tutte le città, anche Faenza deve fare i conti con l’emergenza Covid-19. Ci può descrivere le nuove problematiche sollevate dalla pandemia e quale ruolo può svolgere l’amministrazione comunale per affrontarle al meglio?
“Nel corso del lockdown troppi cittadini, soprattutto quelli delle fasce deboli, anziani e diversamente abili, sono rimasti soli. Sono state intraprese azioni verso le imprese, ma a pioggia, senza verificare chi veramente ha subito una drastica riduzione degli affari; è mancato il sostegno ai cassaintegrati, licenziati a causa del coronavirus”.
Nell’elenco delle priorità per un futuro governo cittadino, cosa metterebbe ai primi posti?
“Lavoro, lavoro, lavoro stabile… la buona occupazione”.
Tutti oggi parlano di ambiente e di sviluppo sostenibile, ci può tracciare un quadro della realtà faentina e di come intende affrontare queste problematiche. Cosa ne pensa del concetto di economia circolare?
“Nel nostro programma l’ambiente è uno dei punti centrali; fondamentale puntare sulla economia circolare: zero rifiuti; ridefinire il ruolo dell’agricoltore, inteso come operatore/gestore del territorio capace di garantire la salvaguardia delle risorse agricole e la salute dei consumatori; stop al consumo di suolo agricolo; stop a nuovi insediamenti grande distribuzione, investire sull’energia pulita, ecc.”.
Faenza: città di ceramiche e Palio. Quale possono essere le strategie più efficaci per rilanciarla turisticamente?
“Investire sul Palio e le ceramiche è certamente un metodo efficace per lo sviluppo del turismo, va però coordinato con gli operatori e i Rioni. Per quanto riguarda il Palio, in particolare, va mantenuto lo spirito che oggi lo contraddistingue: coesione, solidarietà tra i cittadini, non riduciamolo a mero strumento commerciale”.
Prendiamo una vicenda di cui si è discusso tanto nei mesi scorsi: l’Arena Borghesi. Da molti è stata vista come la penalizzazione di un luogo di cultura e tempo libero rispetto alle ragioni economiche e di sviluppo di un centro commerciale: il suo parere su questa vicenda.
“Ennesimo esempio di come oggi si favoriscono gli interessi dei privati piuttosto che l’interesse pubblico”.
Quali i punti di forza e quali le debolezze della sua campagna elettorale rispetto agli altri candidati?
“Punti forza: il simbolo e il nome sono sinonimi internazionali di lotta per i diritti civili, sociali, diritto al lavoro e sul lavoro; senza un Partito comunista forte, tutto quello che in Italia avevamo anche duramente conquistato ci è stato tolto; la forza delle idee e dei diritti non hanno scadenza. Non ho scheletri nell’armadio, la mia velina non ce l’ha nessuno, non rappresento gli interessi di qualcuno in particolare, mi batterò per tutti, specialmente per chi è debole.
Punto debole: siamo mancati dalla scena politica locale per troppo tempo. Ma il riscontro della gente è positivo”.
Una parola o un concetto per descrivere la sua Faenza del domani
“Vorrei una Faenza coesa, perché da soli, siamo tutti deboli; solidale, perché nessuno deve rimanere indietro”.
Ci dica tre buone ragioni per cui il 20 e 21 settembre i faentini dovrebbero votarla.
“La prima: perché facciamo politica, abbiamo un’idea di società, basta con le liste civiche che rappresentano solo se stessi e i loro singoli obiettivi. C’è soluzione a tutte le problematiche, ma vanno affrontate in un contesto economico sociale complessivo; basta rincorrere solo interessi particolari.
La seconda: siamo la vera e unica alternativa; centrodestra e centrosinistra rappresentano due facce della stessa medaglia: quella del liberismo, del profitto a tutti i costi (soprattutto sociali). I continui travasi di persone e liste da una parte all’altra degli schieramenti e viceversa, ne sono la dimostrazione.
La terza: c’è veramente bisogno di un progetto di crescita globale della città, a partire dalle politiche giovanili; non è sufficiente fare campi di calcio. Occorre fare formazione, mettere i giovani in condizione di organizzare start-up; dobbiamo uscire dalle logiche provinciali, apriamoci al modo delle università, della ricerca, perché le trasformazioni della società vanno governate, gestite non subite”.