Carmen Cappello, candidata del centrosinistra alle ultime elezioni amministrative, ora è alla guida delle liste civiche “Cappello sindaca” e “Imola riparte”.
Lei è stata candidata del centrosinistra nelle ultime elezioni. Cosa l’ha spinta ad avviare una esperienza civica?
“Due anni fa sono stata chiamata all’ultimo momento, ho accettato nella consapevolezza che sarebbe stata una partita complicata. Credevo in un progetto di un centrosinistra aperto al civismo, credevo che il Pd volesse aprirsi veramente al nuovo, coinvolgere persone della società civile. Sono andata avanti con grande entusiasmo, poi un po’ alla volta mi sono resa conto che il Pd si stava appropriando di quel progetto, che le liste civiche servivano più che altro a portare acqua a quel mulino. In consiglio comunale la mia scelta fu poi coerente con questa impostazione. Ho sempre creduto nel civismo e il mio percorso è coerente con questa idea. Dirò di più, ero convinta che con il Pd si potesse continuare a fare un discorso di centrosinistra allargato, perché era la carta vincente per dare nuova linfa e rinnovamento a un partito spento. Da quando si è dimessa da Sangiorgi questo percorso si è bloccato. Non ci siamo più rivisti, ho provato a chiedere, ho capito che avevano già deciso tutto. Quando mi sono venuti a cercare gli ho rimproverato di non essere stati in grado di costruire un progetto nuovo, di essersi arroccati tornando al passato, scegliendo in casa un candidato che, seppur giovane, è stato fino a poco tempo prima segretario del partito”.
Abbiamo l’impressione che in questa campagna elettorale stia passando in secondo piano ciò che abbiamo vissuto nei mesi scorsi con l’emergenza Covid-19 e ciò che sta succedendo in questi giorni.
“Sono d’accordo. Sembra che i partiti abbiano il terrore di affrontare questi argomento, capisco che è responsabilizzante, che è difficile capire le scelte da fare, ma è quello che si aspettano i cittadini. Abbiamo iniziato a scrivere il nostro programma prima dell’emergenza Covid, un programma di mandato con tante cose da sviluppare in 5 anni. Poi c’è stato il lockdown, allora mi sono chiesta: ‘Se diventassi sindaco in queste situazioni cosa farei da subito?’. Così in prima pagina del programma abbiamo inserito quelle che sono le priorità per il Covid”.
Partiamo dalla scuola che sta vivendo una ripartenza complessa…
“Non credo di avere verità in tasca, ma almeno un’idea l’ho messa in campo. Sconfiggere il virus fino a che non ci sarà il vaccino non se ne parla, allora serve una grande lavoro di prevenzione, occorrono i test rapidi a tappeto, è l’unico modo per evitare i contagi, quindi le chiusure. Con il coronavirus dovremmo convivere per tutto l’anno scolastico. Più in generale per la scuola credo che, accanto agli ottimi istituti tecnici superiori, sia necessario lavorare sulla qualificazione professionale. E’ strano che a Imola il Ciofs non abbia un percorso legato alla meccanica, mentre è importante che chi entra in azienda sia già qualificato. Sarebbe inoltre interessante pensare anche a un percorso tecnico superiore, post diploma e pre laurea, molto professionalizzante, che può nascere dalla sinergia tra Istituti. Crei una filiera lungo la quale ciascuno è libero di scegliere dove fermarsi, e che diventa anche un presupposto fondamentale per essere attrattivi per le imprese che vogliono venire in questo territorio. Penso anche alla possibilità di aprirsi a nuove professionalità. Con la Brexit, il Data center del Centro meteo europeo si è stabilito a Bologna . Da noi ci sono il Ghini e lo Scarabelli che già adesso lavorano sulla meteorologia, perchè non mettere in piedi un nuovo percorso di formazione in questo ambito? Infine, forse non tutti sanno che Imola è una culla di giovani particolarmente talentuosi nelle materie scientifiche, spesso i nostri ragazzi sono primi nelle olimpiadi della matematica, della fisica e dell’informatica. Hai una realtà di questo genere la devi incentivare, metterle a disposizione risorse e spazi, ad esempio open working all’Osservanza, per coltivare queste doti”.
Altro tema caldo l’economia del territorio.
“Sarà un autunno molto caldo, basta vedere i dati sulla disoccupazione, sulla chiusura di imprese, sul portafoglio clienti. Imola ha sempre avuto un tenore di vita piuttosto alto, però adesso incontro persone che hanno dei contratti a tempo determinato che non vengono rinnovati, non so quanto le singole imprese, soprattutto quelle piccole o l’artigiano, riescono a reggere in questa situazione. Allora un sindaco si deve assumere delle responsabilità. Certo non possiamo dare aiuti alle imprese, ma alle persone sì. Penso a quella fetta di popolazione con un Isee tra i 10.000 e i 24.000 euro. Sotto i 10 in qualche modo fino ad oggi qualche aiuto c’è stato. La gente non può aspettare fino a maggio il Recovery fund. Poi bisogna velocemente far partire le opere pubbliche per smuovere il lavoro e dare respiro alle imprese. In terzo luogo occorre pensare a una sorta di fondo di solidarietà imprenditoriale. Abbiamo delle imprese che hanno una certa consistenza, se muoiono le piccole realtà dell’indotto, che è di qualità, anche loro avranno delle difficoltà. Perché non proviamo a metterci attorno un tavolo per trovare uno strumento di solidarietà temporanea?”.
In questi mesi abbiamo sentito un inno quasi unanime alla sanità pubblica. Ma non possiamo dimenticare le politiche che da decenni penalizzano in tutte le Regioni le strutture pubbliche a favore di quelle private e che hanno tolto risorse dalla prevenzione e dai territori. Non dimentichiamo anche il dibattito sul futuro della sanità imolese. Qualora sia eletta, che tipo di impegno assumerà per la sanità del territorio imolese?
“Ormai credo non sia più in discussione la nostra autonomia formale, si sono resi conto che la logica degli accorpamenti non reggeva quindi ora si punta sulla territorialità e sulla prossimità. La mia preoccupazione, però, è che dietro a questa autonomia formale si nasconda una mancanza di autonomia sostanziale. Faccio un esempio, nel documento della Conferenza territoriale socio sanitaria si attribuiscono al collegio dei direttori generali tutta una serie di poteri che di fatto impediscono al tuo direttore generale di assumere perfino un infermiere, questo significa fare una grande azienda sanitaria con delle sedi distaccate e non mi sta certo bene.
Noi siamo un’azienda che si presta a tutti i tipi di sperimentazione, pensiamo solo alle Usca (Unità speciali di continuità assistenziale, ndr) nel periodo del lockdown, mettiamo a sistema un progetto poi lo trasmettiamo agli altri, non è una cosa da poco. La Regione ce lo deve riconoscere e il sindaco deve andare a rivendicare questo ruolo. Altro esempio, sulle reti cliniche condivido l’idea. In un’area di 30, 40 chilometri abbiamo tutta una serie di eccellenza, ed è giusto che tutti ne possano godere, ma non può diventare il gioco di qualche primario che vuole sistemare i suoi e gestire le cose come lui ritiene, Non capisco perché in una logica di interscambio i pazienti bolognesi non possano a loro volta venire a Imola per alcune specialità, ad esempio la mammografia a Imola la si fa subito, a Bologna ci vogliono mesi.
Infine sul ruolo del sindaco. Credo che debba collaborare con la direzione generale per quelle che sono le linee strategiche della sanità del territorio, mentre non è assolutamente suo compito intervenire nei concorsi dirigenziali, lui deve solo pretendere che si scelga il meglio. Se è così perché Imola da due anni non ha un primario per Chirurgia, si dice aspettiamo dopo le elezioni…”.
Una delle grandi emergenze, che certamente il coronavirus ha peggiorato, è quella del welfare; politiche per gli anziani, nuove problematiche (ludopatia, nuove droghe, ecc. ). Come deve affrontarle una città come Imola?
“Su questi temi non si può che partire da chi ci lavora tutti i giorni, da chi conosce veramente i problemi. Alcune idee però le abbiamo. Ad esempio, secondo noi al Casa della salute dovrà essere il luogo della presa in carico di pazienti che necessitano di percorsi terapeutici programmabili quindi a lungo termine e un punto di riferimento di tutte le fragilità sulle quali operano i servizi sociali, gli assistenti sociali, gli infermieri domiciliari e i medici di base. Deve diventare un punto di riferimento del cittadino e di collegamento tra il territorio è l’ospedale. Nell’attesa che si faccia, il Distretto deve però fare la sua parte, potenziando il territorio in una logica di maggior coinvolgimento dei medici di medicina generale e di tutto il sistema del volontariato”.
Si può dire che Imola come tante altre città emiliano romagnole abbia puntato gran parte delle sue fortune sullo sviluppo edilizio. Anche l’ultimo Piano strutturale comunale prevedeva una mole di cemento non giustificato da nessun trend di crescita di popolazione. Come vede l’identità della città di Imola in futuro e su quali vocazioni territoriali è utile investire?
“Partiamo da una legge regionale che dice consumo di suolo zero. Ma c‘è una pecca. Si parla di riqualificare l’esistente però costa, e nella legge manca l’accompagnamento verso questo cambio di mentalità. Abbiamo un’area industriale pronta, ma dobbiamo migliorare per diventare attrattivi. Dove espandere Imola? La nostra idea, che nasce anche dal confronto con alcuni urbanisti, è quella di puntare sulle frazioni, c’è sempre di più una richiesta di spazi aperti, di abitazioni meno concentrate. Le frazioni, che distano pochi chilometri da Imola, possono diventare parte integrale della città, a cui la popolazione può guardare come punto di attrazione. Per fare questo devono essere servite meglio dal punto di vista tecnologico e dei trasporti. Bisogna iniziare, sperimentare, diffondere il concetto che puoi avere un mezzo alternativo all’auto. Il centro storico di Imola, invece, deve puntare sul direzionale, il cittadino deve avere un interesse per andare in centro. Un misto direzionale e abitativo sarà comunque un problema per qualsiasi amministrazione, non è facile tenere assieme una vitalità del centro storico con la residenza”.
Se dovesse scegliere un settore su cui investire per l’Imola del futuro quale sceglierebbe?
“La cultura, la riscoperta delle sue radici, l’enogastronomia. Penso ad un turismo che possa incrociare questi aspetti. Penso ad un’agricoltura diversa, più attenta alla qualità. Non credo ad un futuro con Welcome Bologna, noi dobbiamo puntare di più verso quelle che sono le nostre radici e le nostre tradizioni”.
Durante l’emergenza l’inquinamento complessivo (veicolare e industriale) a Imola è drasticamente diminuito. Come è possibile secondo lei, con azioni concrete, garantire una riduzione consistente dell’inquinamento in città?
“È arrivato il momento in cui il Comune si doti di una struttura trasversale che si occupi di ambiente in tutti i suoi aspetti, non è sufficiente una delega all’interno dell’assessorato all’Urbanistica. Dobbiamo smettere di dire che siamo una città all’avanguardia perché abbiamo piste ciclabile e molto verde, quando poi i mezzi pesanti continuano a girare nella circonvallazione. Serve un sistema di logistica dove i camion arrivano, scaricano le merci che poi verranno portate in città con veicoli a minor impatto ambientale. Per quanto riguarda l’ attraversamento della città credo che sia giunto il momento di pensare veramente ad un nuovo ponte e non credo che la soluzione possa essere sulla via Emilia di fronte al Toys”.
Imola è la città delle contraddizioni, da una parte l’autodromo, nel quale una giornata di gare automobilistiche produce un inquinamento molto superiore a quello delle nostre auto; dall’altra facciamo il Pedibus, per accompagnare a scuola i bambini a piedi, evitando l’uso delle auto. Che ne pensa?
“Autodromo gioia e dolori. Credo che sia importante ospitare grandi eventi motoristici, siamo stati bravi a mantenere un autodromo all’altezza che oggi ci permette di riospitare la F1. Aiuta la nostra immagine nel mondo. Il problema è che l’autodromo non può essere solo quello. Perché si fanno così tante giornate di prove motoristiche? Perchè sono quelle portano soldi nelle casse di una società che deve stare in piedi. E’ possibile trovare eventi e manifestazioni che portino introiti riducendo le giornate di rumore? Bisognerà aprire un ragionamento e questo dovrà essere l’impegno anche della società di gestione”.
La discarica Tre Monti è chiusa da più di un anno. L’azione politica è stata percepita molto lontana dai cittadini e quasi come una “forzatura” per interessi terzi. Come pensa di affrontare il problema dei rifiuti?
“La discarica è chiusa e se verrà confermata anche il no alla sopraelevazione si dovrà iniziare a pensare al post mortem e a tutta la messa in sicurezza che spetta al gestore. Per i nostri rifiuti dovremo fare un accordo per portarlo negli impianti di smaltimento presenti in regione. E’ importante mantenere la raccolta differenziata anche se io non credo tanto al porta a porta, che è complicato dal punto di vista tecnico e ha un costo notevole per le pubbliche amministrazioni e quindi per i cittadini”.
Lei, se sarà eletta, come tutti i primi cittadini da vent’anni a questa parte, si troverà di fronte al tormentone Osservanza. Qual è la sua idea per ridare alla città quell’area nella sua completezza?
“Io vedo uno spazio destinato all’istruzione e alla formazione tecnologica, creando spazi per chi vuole avviare delle attività, semmai in condivisione, un qualcosa che possa essere di collegamento con il sistema scolastico”.
Imola ha vissuto un periodo importante negli anni passati sulle politiche giovanili: Cà Vaina, La Palazzina, l’Informagiovani. Ci dica alcune sue idee per individuare nuove politiche e per creare nuovi spazi di aggregazione giovanili.
“Intanto è importante che Ca Vaina riapra dopo i lavori, con una gestione all’altezza. Serve qualcuno del settore che abbia esperienza, che studi, che conosca le esperienze che ci sono in altre realtà. Poi i ragazzi chiedono degli spazi. Sarebbe bello tornare in possesso dei Circoli e pensare lì ad uno spazio di questo genere, verificando al possibilità di un investimento pubblico – privato. Uno spazio per i ragazzi imolesi, ma anche per quelli che arriveranno per l’Accademia e l’Università. Questa città si deve aprire, deve allargare la mente, contaminarsi con le realtà che ci sono attorno”.
Le politiche di genere secondo lei, servono a eliminare uno squilibrio fra i sessi in ambito sociale, politico, economico e possono, quindi, essere un fattore strategico e originale di sviluppo e di cambiamento culturale?
“Intanto potremmo cominciare votando un sindaco donna. A parte le battute, credo che il punto di vista femminile sia fondamentale. E’ prioritario combattere a qualsiasi livello la violenza domestica. Credo che si possa fare un ottimo lavoro assieme alla commissione Pari opportunità”.
Chi a Imola è nato e vissuto e ci vive, nota con tristezza e un tocco di rabbia il degrado della città nel suo insieme. Baby gang, sicurezza nelle case, liti che sfociano in dramma, furti, degrado, ecc. possibile che Imola si debba adeguare al resto dell’Italia e che non possa esprimere innovazione anche in questo campo, quali le sue idee?
“Non a caso abbiamo scelto Achille Serra come nostro capolista, che non verrà a fare il prefetto, ma a cercare di ricostruire rapporti e collaborazioni che si sono persi in questi anni. Occorre valorizzare maggiormente la polizia locale a cui deve essere demandato soprattutto il compito di presenza costante, di punto di riferimento dei cittadini. Il vigile conosce il territorio e le sue famiglie, quindi può essere anche quella figura che opera assieme ai servizi sociali o alle forze dell’ordine per mettere in piedi delle azioni di moral suasion o di prevenzione. Quindi prevenzione e diffusione del concetto di legalità andando nelle scuole di ogni ordine e grado a parlare con bambini e ragazzi, nello stesso tempo cercare di presidiare meglio il territorio coordinando la presenza delle diverse forze dell’ordine”.
Come si coniuga concretamente la Partecipazione dei cittadini alle decisioni dell’Amministrazione comunale? Chiuse le esperienza dei vecchi quartieri, Forum, Forum tematici o quanto altro, cosa potrebbe sostituirli?
“Il nucleo fondante è quello di cercare di dare a ciascuna frazione o quartiere un momento di condivisione assembleare con un referente che però non deve diventare il “capetto” della situazione. Tanti problemi nascevano perché non c’era ascolto, venivano individuati dei problemi ma le soluzioni non andavano mai avanti. Però per riuscire a creare qualcosa che funzioni è necessario che vi sia un budget dedicato, le persone collaborano e si sentono coinvolte se sanno che quel progetto che individuano lo possono portare avanti. Partiamo dalle frazioni, poi se funziona lo si può replicare nei quartieri, anche se c’è meno esigenza perchè il cittadino si rivolge direttamente al Comune”.
Oggi più che mai qualsiasi idea di città andrà a scontrarsi con il nodo risorse, anche per evitare di lasciare per strada fette di popolazione. Quale sarà la sua impostazione per avere un bilancio cittadino che permetta gli interventi che il suo programma prevede?
“Fino ad oggi il bilancio dei nostri Comuni è dipeso in gran parte dagli utili del ConAmi. In futuro dovremo sempre di più fare riferimento ai finanziamenti europei che spaziano in tutti i settori. Tutti lo dicono pochi lo fanno. Ci sono risorse che vengono date a progetti che coinvolgono più città europee, Imola è una realtà che non ha città gemellate. Forse significa poco, ma dai un segnale di apertura, cominci un po’ alla volta e inizi a guardare alle possibilità che esistono a quel livello. Per fare questo però è fondamentale mettere assieme un gruppo di lavoro che dal lunedì al venerdì si occupi solo di quello, possibilmente inserendo qualche risorsa giovane del Comune per farla crescere. Inizialmente devi fare riferimento a professionalità esterne, si tratta di un settore particolare, servono esperienza, relazioni, riferimenti”.