Davvero non riusciamo mai a centrare il nocciuolo di un problema? Trascorrono gli anni, i secoli e la nostra mente non riesce ad emanciparsi? Ad uscire da schemi pre-confezionati? Possibile che noi si riesca unicamente a trovare certezza negli schemi pre-confezionati? Impossibile crescere come maturità imporrebbe? Pare proprio di si.
L’eterna disquisizione risiede nell’assioma che afferma essere l’occasione che fa il ladro, contrapposto all’altro assioma che, al contrario, sostiene essere il ladro che fa l’occasione. Occorre fare chiarezza, ma possibilmente non circa il valore delle parole, ma dentro noi stessi.
La vicepreside del liceo scientifico “Socrate” (quello greco, della cicuta, quello che scelse la morte piuttosto che rinnegare il proprio pensiero – vedasi L’Apologia – B. Russel “Storia della filosofia occidentale”), in quel di Roma, ha pensato bene di redarguire alcune ragazze perché, a suo dire, indossavano indumenti (gonne e calzoncini) tali da sollecitare gli istinti “naturali” dei maschi: “… ai prof ci cade l’occhio …” viene riportato come suo pensiero.
Siamo messi bene se agli insegnanti di un liceo (razza maschietta) sopravvengono le turbe istintive nel vedere un paio di gambe scoperte o un filo di mutandine bianche. E che dire di una vicepreside che stima tanto i propri collaboratori (sempre di tipologia maschietta) tanto fragili da essere turbati da viste oscene (questo il suo pensiero)?
Ci si trova davanti ad un nuovo problema dentro la scuola? Vestiti casti per le femminucce? Non bastavano i banchi che non ci sono? Gli eterni precari? Quelli che poi ogni anno servono? Il covid 19? La lezione online che ci insegna a chiuderci nella nostra cameretta inchiodati davanti ad uno schermo multicolore idoneo a confonderci circa l’immagine e la realtà? Ora ci ritroviamo ben forniti di maturi insegnanti con la libidine facile? Forniti di caldane e incapaci di riuscire a distinguere tra l’occasione e il ladro? Estendiamo alla società civile (si fa per dire) le scelte di tutte le nostre religioni che assumono come incontrovertibile il principio dell’Eva peccatrice, provocatoria, fonte del peccato? Le vestiamo tutte di nero, capelli coperti da lunghi drappi, sottane striscianti il terreno, sguardo basso consapevole del proprio peccato? Opportuni riporti di stoffa idonei a mortificare il seno irrimediabilmente provocante? Optiamo per rinchiuderle in segreti conventi, opportunamente circondati da alti muri con robuste grate inchiavardate a rovescio onde prevenire ogni possibile fuga del “peccato” verso il fragile esterno? A quando il primo rogo in piazza Matteotti ora che lo spostamento del Monumento ai Caduti ha lasciato il posto centrale all’opportuna erezione della pira?
Troppo rari gli scritti e i pensieri riguardanti questi maschietti che sono cresciuti solo in altezza, volonterosi e assidui all’interno di palestre per scolpire i propri pettorali e bicipiti, evidenziare i “rotolini” muscolosi del ventre, dipendenti da una non troppo repressa voglia di dimostrare la loro potenza fisica magari diretta verso inferiori fisicamente, indifesi, fragili o handicappati, di inserire inchiostri multicolore sotto-cute raffiguranti immagini varie, di mostrare tagli di capello in ricordo degli oramai scomparsi Mohicani nativi dell’Hudson ma non in grado di comprendere i fumetti del “Corriere dei Piccoli” in quanto troppo ostici e riservati ad un pubblico selezionato? Non sarà che ci è sfuggito qualcosa? Forse abbiamo tralasciato qualche insignificante particolare? Lampante il nostro desiderio al ritorno dei primordi della nostra razza, quando la scimmia che aveva appreso la forza del femore, oramai mondato dalla carne, come arma vinceva su tutti (vedasi a conferma il capolavoro di Stanley Kubrick del 1968: 2001 Odissea nello spazio). Stiamo cercando di andare su Marte e Venere alla scoperta di forme di vita uni-cellulari ma comunque ben differenziate tra forme maschili possenti e decise circondate da fragili femminucce provocanti che si chiamano tutte “Eva”?
Un messaggio gratuito rivolto a tutti i maschietti di ogni tipologia ed età: “Domani mattina, davanti allo specchio, sia che ci si scopri alla ricerca del primo filo di barba o alla constatazione di quante volte si abbia fatto ricorso al rasoio e “lei” continui a crescere imperterrita, cerchiamo di scoprirci per quello che veramente siamo, in assenza di scuse o panegirici. Cerchiamo di non mentire a noi stessi. Almeno per una volta.”
(Mauro Magnani)
A me veramente, di fronte a questa ennesima guerra dei sessi , cascano le braccia e non solo…
Le scuole più fortunate sono senza banchi, quelle più sfortunate hanno dei banchi sui quali non è possibile nemmeno aprire un quaderno.
Ma mi sembra giusto dare seguito ai diversivi propinati dalla stampa di regime per dirottare il dibattito su complete idiozie.
Mauro Magnani ha evidentemente dormito male e riversa uno sproloquio inintellegibile. Io userò invece termini semplici: una vicepreside stimola alcune alunne ad un abbigliamento che, data l’assenza di un banco normale, impedisca la visione delle parti intime agli insegnanti. A parte la frase infelice che si asserisce abbia usato, la richiesta è motivata dall’eccezionalità della situazione e dal buonsenso . Buonsenso che evidentemente manca alle ragazze, ai loro genitori, e forse anche agli insegnanti della scuola.
E di certo ne è privo anche a chi non perde occasione per farne una questione politica , religiosa e /o sociale.
Perchè, diciamolo chiaro, è una questione di centimetri, ma chi decide quanti centimetri sono giusti e quanti sbagliati? qual’è il limite alla libertà di vestirsi a scuola o comunque in ambienti pubblici?
O Magnani sostiene che il limite non c’è?
Beh, i greci antichi ( Magnani evidenzia che si tratta del liceo romano Socrate ) sono proprio quelli che hanno condannato senza mezzi termini la violazione dei limiti, e a lui ricordo che solo nella misura c’è la vera libertà.
Ma quindi lei Magnani manderebbe sua figlia o sua nipote a scuola con la mutanda al vento? Oppure sua moglie a fare la spesa vestita come Edwige Fenech?
O va bene solo quando le mutande a vento sono quelle degli altri?
Aspetto una sua cortese risposta, grazie.
Mi si chiama in causa …
Al Sig. Alberto ricordo che non c’è misura per la libertà. Alcuni anni fa un certo Cicerone affermava che “si è schiavi della legge per essere uomini liberi”. Non mi risulta esista una misura di legge per indumenti femminili. In certi ambienti clericali, invece, si.
Carissimo Sig. Ersilio, sono in difficoltà nel risponderle in quanto mia figlia ad oggi ha quarantadue anni, è una specialista in neuro-psichiatria infantile, responsabile di un quarto di Bologna per competenza e se le vado a consigliare un indumento invece di un altro mi sottopone ad una sua visita. Obbligatoria.
Da maschio e uomo adulto (mi correggo, anziano) osservo le ragazzine nei loro abbigliamenti, liberi, forse troppo, ma non sono ancora ridotto così male (e non lo sono mai stato) da notare il sorgere nel mio interno libidinosi istinti. La libertà dell’altro e delle “altre” mi arricchisce e mi rende più libero. io protendo per il ladro che fa l’occasione e non viceversa.
Troppo importante poter pensare, scrivere, rispondere in modo diverso. E non è questione di centimetri.
Mentre un governo di collaborazionisti si prepara ad aumentare le imposte sugli immobili e l’etá pensionabile, la frontiera piddina della lotta per i diritti e le libertà si è ritirata sulla minigonna.
Non lo capite che avete barattato le lotte per il lavoro e lo stato sociale con battaglie patetiche, calate dall’alto e organiche al potere? Come fate a non vederlo?
L’acqua sta salendo, le scialuppe di salvataggio sono già tutte occupate e, se non fossimo tutti sulla stessa barca, sarebbe divertente ascoltarvi chiedere aiuto…