Imola. L’intelligenza artificiale è una grande opportunità per la nostra agricoltura, in particolare per la frutticoltura, e un volano per l’occupazione giovanile. Parola del professore Luca Corelli Grappadelli del dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari (ex facoltà di Agraria) della università di Bologna. Un settore, quello dell’intelligenza artificiale, che è al centro di grandi progetti internazionali nei quali Corelli Grappadelli è stato coinvolto negli ultimi anni, tra l’altro come coordinatore di alcuni.
Il professore ha partecipato lo scorso 15 settembre all’incontro organizzato dall’associazione SpazioTempo a Villa Torano, Imola riscuotendo grande interesse e buona partecipazione di pubblico.
L’intelligenza artificiale si pone come strumento potenziale per migliorare in sostanza ogni aspetto dell’agricoltura e in particolare nel caso in esame, la frutticoltura. Come Corelli Grappadelli ha avuto modo di dire nel corso della serata, si tratta di una grande opportunità per la frutticoltura e anche per il futuro dei giovani, che si apprestano a entrare all’Università. L’incontro con Corelli Grappadelli avrebbe potuto prolungarsi, con una lunga discussione post conferenza: I presenti, dopo un momento di esitazione avrebbero a lungo fatto domande, ma ormai si era fatto tardi…
Abbiamo pertanto deciso di intervistare ulteriormente il professor Corelli Grappadelli, su alcune delle tematiche e domande potenzialmente più “gettonate” fra i presenti.
La sua conferenza ha sollevato interrogativi: molti sono rimasti perplessi. Mi riferisco a informazioni che ci ha dato sul mercato di frutta e verdura (cioè che solo le grandi imprese potranno sopravvivere e essere competitive). L’impressione di molti è che invece ci siano nuovi agricoltori che stanno riscoprendo questo lavoro, con profitto. E si riferiscono ad agricoltura tradizionale, non sostenuta da intelligenza artificiale… Si tratta di mosche bianche? Oppure si tratta di fenomeno di agricoltura tradizionale, probabilmente a conduzione familiare ma di nicchia, limitato ad esempio ad agricoltura biologica, slow food, km 0, ….?
“Certamente esistono forme redditizie di agricoltura su filiere corte e spesso cortissime. A fianco di approcci tradizionali come quelli citati nella domanda, ce ne sono anche di innovativi. Cito per esempio la start-up Floema fondata da laureati magistrali presso la facoltà di Agraria di Bologna, che producono frutta e verdura che consegnano direttamente a domicilio nel territorio metropolitano di Bologna, entro 24 ore dall’ordine. Il loro fatturato si genera tutto tramite e-commerce, ma le tecniche di produzione si rifanno all’agricoltura integrata, ovvero l’uso di tutti i fattori di produzione più efficaci nel mantenere la produttività, riducendo al minimo l’uso di prodotti chimici, di energia, ecc. E’ questa, fra l’altro, l’agricoltura maggiormente praticata nel nostro Paese, notoriamente all’avanguardia a livello mondiale nel richiedere la massima salubrità e sicurezza alle produzioni dei nostri agricoltori. Un aspetto da considerare è però che gli esempi di cui sopra sono sempre legati a mercati locali, piccoli e, in ultima analisi, a un rapporto che si instaura tra produttore e cliente, che spesso sono, o diventano, amici. Su scale produttive più ampie, quali quelle che devono riuscire a nutrire la popolazione mondiale in continua crescita, la necessità di produrre cibo a costi bassi non calerà, ma anzi, è sempre più pressante. La sfida qui è aumentare la sostenibilità (economica, sociale, ambientale) delle produzioni per quei segmenti di mercato (che sono i più ampi) che non possono permettersi di pagare il premium di prezzo necessario ad assicurare economicità a produzioni a bassa efficienza (t/ha), come sono quelle biologiche in generale. Per queste produzioni, l’implementazione di soluzioni di coltivazione basate su intelligenza artificiale promette di recuperare le buone pratiche (ad es., potatura come facevano una volta), ma rendendole molto più efficienti e a basso impatto (riducendo il numero di trattamenti, guidando la mano del potatore e del raccoglitore, ecc.)”.
Ampliando quanto ha appena detto, In che rapporto stanno l’agricoltura biologica e l’intelligenza artificiale? Forse è possibile migliorare la prima attraverso la seconda? Ci sono altri esempi?
“Nulla vieta di estendere applicazioni di intelligenza artificiale all’agricoltura biologica, laddove si tratti – per esempio – di aiutarla a ridurre applicazioni di sostanze inquinanti, come i fungicidi a base di rame e zolfo. Anzi, sarebbe un peccato se sorgessero preclusioni di tipo ideologico all’uso in agricoltura biologica di questi nuovi aiuti alla coltivazione. Per quanto riguarda la frutticoltura, infatti, siamo lontanissimi – e non ci interessa neanche – dall’eliminare la componente uomo dalla manipolazione della pianta, come potare, diradare, raccogliere i frutti. Questo anche perchè la destrezza e velocità dell’uomo sono così elevate che prima che una macchina le superi passerà molto tempo. Ma soprattutto perchè soluzioni di IA che migliorino la capacità dell’uomo di decidere mentre lavora (quale ramo è meglio tagliare; quali e quanti frutti togliere mentre si dirada; quali pesche sono mature per essere raccolte oggi; ecc.) gli possono facilitare il lavoro, rendendolo possibile anche a persone che non hanno un addestramento specifico adeguato”.
Ci sono aziende nei dintorni (di Imola) che collaborano alla sperimentazione utilizzando AI?
“Questa domanda è difficile, perchè chi lo fa può avere motivi di riservatezza legati alla protezione della proprietà intellettuale. Per l’idea che me ne sono fatto io, è sicuramente così. Settori in cui potrebbero essere attive sono l’ottimizzazione dell’irrigazione (per risparmiare, non per eccedere, nel consumo d’acqua) e della nutrizione; l’analisi non distruttiva della qualità dei frutti prima e dopo la raccolta; lo sviluppo di veicoli a guida autonoma, dotati di suite di sensori per rilevare lo stato delle piante; lo sviluppo di algoritmi in generale”.
Lo Stato è in qualche modo coinvolto nel dare sostegno, all’una (nuova, che utilizza la IA) o all’altra agricoltura?
Ci sono diversi schemi di cofinanziamento del miglioramento fondiario, ma si tratta di una materia che conosco poco e probabilmente direi stupidaggini”.
Come Lei ha fatto presente, si tratta di un’attività, l’agricoltura, non solo legata alla tradizione italiana, ma essa stessa fenomeno culturale italiano in senso lato.
“Soprattutto romagnolo! E’ qui infatti che si fa risalire la nascita della Frutticoltura moderna, precisamente a Massa Lombarda, agli albori del XX secolo! Siamo stati noi romagnoli a dimostrare che si poteva produrre ricchezza e progresso attraverso la coltivazione razionale di alberi. Per oltre 120 anni, i territori della Romagna (che contengono Imola, a parer mio, e anche secondo la tradizione delle Sette Sorelle di Romagna sono stati plasmati da agricoltori appassionati che li hanno arricchiti di alberi, che cambiano il panorama almeno 4 volte l’anno: con le fioriture, con i frutti colorati che occhieggiano tra le foglie, con le colorazioni autunnali, e infine con le lunghe vedute invernali, quando, mancando le foglie, i frutteti quasi diventano trasparenti! A fianco di questo, un indotto che ha creato e continua a creare ricchezza (basti pensare alle eccellenze mondiali nei settori del packaging, della lavorazione e conservazione della frutta, alla fornitura di servizi, ecc., che sono romagnole!). E non dimentichiamo l’arte, ad esempio i quadri di Margotti, che spessissimo hanno temi campestri, con la frutta presente, o poesie dialettali dedicate alla frutta. Insomma, perdere un’attività primaria come la frutticoltura ci priverebbe del motore che ha messo in moto così tante cose. Sarebbe un danno irreparabile”.
In che rapporto è o sarà la nuova agricoltura con sostenibilità, tutela del paesaggio, tradizione e agriturismo?
“L’agricoltura polifunzionale è una realtà da decenni, ormai. Manca però, e non si capisce perché, il riconoscimento del ruolo sociale che gli agricoltori svolgono, grazie ai servizi ecosistemici forniti dall’agricoltura. Una società attenta avrebbe il dovere di riconoscere agli agricoltori l’importanza del loro lavoro nel tutelare gli ambiti territoriali, contribuire a limitare i danni legati al cambiamento climatico ecc. Penso che potremmo anche considerare integrazioni reddituali a fronte di questi benefici che l’agricoltura apporta”.
L’interdisciplinarietà a cui lei ha accennato, è già in opera in quali settori “improbabili”e più probabili?
“L’agricoltura è per natura interdisciplinare e questo si riflette nelle competenze che si riuniscono nelle facoltà o dipartimenti di Agraria, dalla biologia alle coltivazioni, dall’economia all’ingegneria, passando per la difesa da parassiti e per la fisica e chimica del suolo, finendo all’agrometeorologia. Oggi si può dire che, con l’introduzione sempre più diffusa di sensori, telecomunicazioni (le reti wifi in campo ormai sono una cosa normale), analisi di dati, automazione, ecc., è e promette di essere ancor più un melting pot di competenze sempre più estese. Penso sia un momento veramente speciale, per chi si vuole inventare un futuro in un campo così naturale come la coltura di alimenti, fondendolo con competenze allo stato dell’arte in settori come l’ingegneria elettronica, le telecomunicazioni, la meccanica. Penso non tanto a trattori che si guidano da soli (quante ernie al disco risparmiate!), ma soprattutto a sistemi di coltivazione smart come ad esempio l’acquisizione e l’analisi di immagini per valutare lo stato di salute delle piante, per decidere di non trattare con pesticidi, perchè si può correre un ragionevole rischio, non facendolo, di non subire un danno economico. E mille altri esempi…”.
Ci sono stati tempi non lontani in cui non era per niente chiaro dove stesse andando l’agricoltura italiana, credo. Da quando le cose hanno cominciato a cambiare, in meglio ovviamente?
“Niente sta cambiando in meglio nell’agricoltura italiana! Gli agricoltori continuano ad essere l’anello debole del sistema agroalimentare italiano. Per motivi che è troppo lungo elencare qui, l’agricoltura, e la frutticoltura non fa eccezione, è un’attività molto rischiosa dal punto di vista economico, riservata a veri professionisti. Purtroppo viene percepita come una cosa facile, in cui tutti potrebbero riuscire, quando non è così. Poiché i contesti cambiano molto rapidamente, anche imprese agricole longeve possono improvvisamente trovarsi in crisi, se non sanno aggiornarsi e affrontare le sfide che questi cambiamenti impongono. Per questo è importante spingere i giovani verso gli studi in agricoltura, perché senza conoscenza sarà sempre più difficile coltivare nei modi sempre più complicati (con continue riduzioni nell’uso di acqua, energia, sostanze chimiche, ecc.) che la società giustamente richiede. Anche in questo senso, l’uso di soluzioni di IA diventa un ulteriore step evolutivo verso il quale le aziende dovrebbero cominciare a prepararsi, per poter cogliere tutti i vantaggi che essa potrà dare. E’ significativo che proprio in questi giorni parta, presso il mio dipartimento il primo anno di una nuova Laurea magistrale in inglese dedicata a studi in ‘Precise and sustainable agriculture‘. Invito tutti i ragazzi delle scuole medie superiori a dare un’occhiata a questa e ad altre offerte formative nel settore, per decidere meglio una carriera futura!”.
(Carla Cardano)
Didascalie foto (dall’alto verso il basso)
Il laboratorio di Ecofisiologia del dipartimento di Scienze e Tecnologie agro-alimentari dell’Università di Bologna. Da sinistra: Alessandro Bonora, Luigi Manfrini, Kushtrim Bresilla, Giulio Perulli, Brunella Morandi, Alexandra Boini, Luca Corelli Grappadelli e Gianmarco Bortolotti.
I droni stanno trovando grande utilizzazione per raccogliere dati che vengono analizzati dagli algoritmi di IA.
Strumenti come questo fruttometro registrano ogni 15 minuti le variazioni di diametro del frutto, permettendo di diagnosticare se la crescita avviene secondo modelli fisiologici corretti, o se, per esempio, si verifichino limitazioni alla crescita dovute al carico eccessivo di frutti, o alla insufficiente disponibilità idrica.
Esempio di riconoscimento dei frutti presenti su di un albero di melo. La accuratezza è superiore a quella dell’uomo. Con informazioni di questo tipo si può, ad esempio, decidere l’intensità del diradamento manuale dei frutti di melo.