Il 28 e 29 novembre 1920 il Teatro Comunale di Imola ospitò un evento che fa parte della “Grande Storia”. Sì, perché fu sede di un incontro importante di rilievo, il convegno della “Frazione nazionale Comunista” che qui si riunì in vista del Congresso del Partito Socialista Italiano che si sarebbe svolto a Livorno nel gennaio 1921 quando vi fu la famosa scissione da cui nacque il Partito Comunista d’Italia.
Oggi si può discettare e ci si può dividere sul significato e sulle conseguenze di quegli eventi ormai lontani, ma la storia è storia e non la si può nascondere o ignorare. Certo, ci sarà chi ancora oggi valuta la cosa positivamente per quello che i comunisti hanno fatto nel paese, per il contributo dato alla Resistenza ed all’antifascismo, per il peso che hanno avuto nel positivo sviluppo di tante zone d’Italia, tra cui le nostre terre; altri pensano che sia stato sbagliato dividere il movimento operaio per fondare un partito troppo succube dell’Unione Sovietica.
Ma a noi interessa approfondire cosa accadde realmente.
Ebbene, come avvenuto quasi sempre nel corso della loro storia i socialisti erano divisi in correnti e le principali allora erano quella dei “massimalisti”, dei “riformisti” e dei “comunisti puri” guidati da Amadeo Bordiga, Antonio Gramsci ed Umberto Terracini. Ma c’è un particolare: ad Imola molti comunisti seguivano un altro gruppo, quello della cosiddetta “Circolare” degli imolesi Anselmo Marabini ed Antonio Graziadei (importante studioso ed economista, oltre che dirigente politico e parlamentare), dal nome di un documento da essi proposto alla discussione precongressuale.
Ebbene, in quel lontano novembre tutti questi gruppi di comunisti si riunirono ad Imola per decidere il da farsi.
Le cose sono note grazie alla stampa dell’epoca, agli scritti di tanti storici, ai preziosi documenti originali conservati al Cidra: in particolare in archivio vi sono preziose testimonianze di alcuni protagonisti, di Anselmo Marabini (seguace di Andrea Costa, sindacalista, cooperatore, pubblico amministratore e parlamentare) e del figlio Andrea (allora dirigente dei giovani, nel secondo dopoguerra esponente di spicco della vita politica imolese, cooperatore, pubblico amministratore e parlamentare), entrambi costretti dal fascismo pochi anni dopo ad un lungo esilio in Unione Sovietica terminato solo nel 1945 con la Liberazione.
Nel 1920 l’Italia era piena di problemi che causavano un diffuso malcontento per cui molti lavoratori simpatizzavano con la recente Rivoluzione Russa, mentre altri strati della popolazione iniziavano ad appoggiare il fascismo.
In tale contesto Marabini e Graziadei elaborarono un documento politico dal nome di “Circolare Marabini-Graziadei” che si differenziava dai “comunisti puri” per la maggiore attenzione al mondo contadino, per il minore settarismo, per l’intenzione di portare con sé la maggioranza degli iscritti al Partito Socialista, obiettivo che però non fu raggiunto.
Il convegno di Imola fu una cosa grossa, importante: vi parteciparono delegati di almeno 420 sezioni del Psi, di 85 organizzazioni giovanili, alcuni membri della direzione del Psi fra cui Egidio Gennari, segretario generale del partito e del Comitato centrale della Federazione giovanile con il segretario Luigi Polano, poi c’era l’intero apparato della Frazione Comunista, in particolare Amadeo Bordiga, Umberto Terracini, Bruno Fortichiari ed Antonio Gramsci. Come si vede nomi di tutto rispetto.
Insomma, fu un evento “nazionale” che avrebbe pesato nel bene e nel male nella storia d’Italia.
Leggendo le memorie di Andrea Marabini conservate al Cidra si capisce che all’epoca venne scelta Imola come sede per la sicurezza garantita dall’organizzazione del movimento operaio ed in realtà il Convegno ebbe un servizio di vigilanza diretto dall’imolese Antonio Cicalini, il quale in seguito ebbe un importante ruolo a livello nazionale nella clandestinità durante il fascismo.
Il teatro era addobbato con bandiere, festoni rossi e ritratti di Marx, Lenin, Karl Liebknecht e di Andrea Costa, fatto questo importante e significativo della volontà non settaria degli imolesi Marabini e Graziadei; i comunisti erano divisi in correnti, quella maggioritaria di Bordiga (più tardi addirittura espulso dal partito) più schematica ed ideologica, quella di Gramsci più attenta alle richieste degli operai, quella di Marabini-Graziadei radicata nel mondo contadino e nelle tradizioni socialiste, altri ancora. I comunisti erano tuttavia concordi nell’accusare (con qualche ragione) la dirigenza dei socialisti di inerzia di fronte al nascente fascismo.
Marabini, Graziadei ed i loro seguaci ad Imola furono solo “osservatori” del Convegno, poi si unirono agli altri comunisti a Livorno nel gennaio 1921 quando fu fondato il Partito Comunista d’Italia.
Alla fine al Convegno di Imola fu elaborato un testo per il congresso nazionale che confermava l’adesione alla III Internazionale comunista voluta da Mosca, insomma, proprio qui fu fatta la scelta di abbandonare il Partito Socialista e fondare un Partito Comunista, a Livorno si attuò una decisione già presa nella nostra città.
Questa in definitiva l’importanza dell’evento dal punto di vista storico.
Di fatto si realizzò una frattura che avrebbe pesato (nel bene o nel male a seconda dei punti di vista) per decenni sulle vicende del movimento operaio italiano, ma questo ormai fa parte della storia, sulla quale si può e deve riflettere e discutere, ma che è opportuno, anzi necessario, conoscere.
(Marco Pelliconi)