Mafie d’Italia (e debito pubblico), costi quel che costi prima o poi qualcosa (o qualcuno) ci farà i conti, lo Stato si è visto disgraziatamente abituato a patirne la simbiosi ma credo che queste due sciagure avranno vita breve perché a differenza delle generazioni “anta” (come la mia) che, pur dissentendo hanno sopportato, sono troppi i giovani furibondi propensi a voltar pagina su ambiente, illegalità e inefficienze; d’altronde in attesa del vaccino una (parziale) “resa dei conti” per Covid-19 c’è già stata, vinta da ragazze e ragazzi che durante il primo lockdown hanno fatto in stragrande maggioranza “buon viso a cattivo gioco”, dimostrando maturità e compostezza a volte più dei genitori nell’affrontare (a) socialità, (web) relazioni e didattica a distanza, adattandosi così alla (non) vita delle restrizioni con intelligente consapevolezza.
Ecco perché in proiezione futura la lotta alle mafie avrà più risultati e si evolverà in contesti diversi ricordando anche ciò che stiamo vivendo con la pandemia, che ha messo in ginocchio centinaia di piccole e grandi aziende che rischiano di finire a prezzo di saldo nelle mani di cosa nostra, camorra e ‘ndrangheta pronte a “far shopping” all’occorrenza, sottraendo (come è successo) alla legale commercializzazione centinaia di migliaia di guanti e tubi respiratori provenienti da Malesia e Cina, un sequestro questo da parte delle Forze dell’ordine avvenuto pochi mesi fa a Gioia Tauro.
Dai finanziamenti a favore di opere pubbliche a quelli erogati per le “emergenze” (terremoti, covid, ecc.) quanto dall’usura a scapito di privati, le mafie ne ha sempre tratto vantaggio e ciò grazie a imprenditori e politici collusi con i quali ha così “pulito” una montagna di quattrini provenienti dal traffico di stupefacenti, dalla compravendita di armi, dal controllo sugli incassi di scommesse clandestine e dal gioco d’azzardo illegale; un’attenzione particolare è rivolta dai clan ai corposi fondi (anche europei) che finanziano il ricco comparto delle infrastrutture, treni (Tav), autostrade e porti dove l’Italia causa cronici ritardi deve ancora far partire un po’ tutto (appalti, cantieri, progetti, ecc.), un’eccezione questa tutta made in Italy e che non ha eguali in Europa dove invece vede il nostri partner (Germania, Francia, Spagna, ecc.) non aver più “spazio” per altri investimenti (e rischi connessi) in quanto ciò che loro hanno pianificato e finanziato è già stato in gran parte realizzato.
I guai da Covid-19 hanno interessato principalmente ciò che ruota attorno alle “ospedalità” dei reparti, strutture ricettive e servizi sociali, col personale sanitario sotto pressione a far straordinari per salvare la vita della gente rischiando la propria; di contro i settori a basso livello d’impatto pandemico che hanno bene o male proseguito le attività, come ad esempio quelli della difesa e la sicurezza, informatica e pubblica amministrazione, agricoltura e pesca ed un po’ tutto il comparto bancario e assicurativo, che hanno continuato le attività (in presenza o no) senza particolari problematiche.
Anche questo secondo lockdown ha colpito socialità e relazioni interpersonali devastando ristorazione e tutto ciò che fa turismo, commercio all’ingrosso e al dettaglio, immobiliare, l’industria manifatturiera e quella della riparazione dei veicoli mentre in un “ipotetico” limbo il comparto dei trasporti dai magazzini alle reti di comunicazione, così come quello dell’arte e cultura dove si sta limitando il danno grazie alle opportunità che il web mette loro a disposizione.
Questa seconda ondata di contagi ha “ri”bloccato il businness nell’automotive, la moda e lo spettacolo che sono rimasti senza liquidità, mentre il “conto” è rimasto positivo per le filiere dell’alimentare, dei farmaci e dei servivi di telecomunicazione che stanno riuscendo a salvare i bilanci anche senza l’aiuto dello Stato, riscoprendo quel senso della comunità che deve sì tutelare come primo obiettivo la salute delle persone senza però dimenticare gli “ammanchi” di cassa di certe imprese che se non aiutate in modo adeguato possono diventare terra di conquista della malavita organizzata; è risaputo infatti il pericolo di infiltrazione delle mafie volta a riciclare il denaro “sporco” derivante da attività illecite proprio a soccorrere aziende in difficoltà, così da sostituire lo Stato grazie a un mercato clandestino che si teme possa diventare parallelo e concorrenziale di quello che finanzia le imprese legalmente con prestiti e crediti nazionali.
(Giuseppe Vassura)