Imola. “E’ il momento della politica e della mobilitazione dei cittadini di Imola e Riolo Terme che devono fermare la conferenza regionale dei servizi che vuole riaprire la discarica (la sola sopraelevazione, ndr)”. Apre così il dott. Marco Stevanin, del Comitato Vediamoci Chiaro che ha battuto alle carte bollate, e nel merito, la regione Emilia-Romagna per ben 2 volte. Una conferenza online urgentemente convocata nella serata del 10 dicembre aperta a tutti che vede più di 100 intervenuti fra semplici cittadini e politici locali (il presidente Stefano Bonaccini assente, seppur – si dice – invitato).
“La conferenza dei servizi che si era chiusa nel 2016 – prosegue Stevanin – si riapre incredibilmente nel 2020. La conferenza si riattiva, è emblematico, per ottemperare alla sentenza del Consiglio di Stato che la discarica l’ha chiusa. Per la Regione pare che l’unico problema sia il Mibact che ha tenuto duro sul parere negativo alla sopraelevazione. Come ha tenuto duro il commissario straordinario del comune di Imola Nicola Izzo. Oltre a questo è evidente che nell’ottobre del 2019 la Regione era già intenzionata a riaprire la discarica tanto che viene emesso un bando da 3 milioni di euro per esaurire la capacità di conferimento di rifiuti nella discarica. Bando sottotraccia di cui lo stesso Con.Ami chiede chiarimenti in Regione.”
“Abbiamo la necessità di vivere in un territorio dove le scelte siano supportate dai dati e non dalle pressioni. Se la politica non si ferma adesso saremo costretti a ricorrere nuovamente alle vie legali ma nel frattempo ci sarà stata una forzatura non corretta né deontologicamente sostenibile. Vedo – conclude Stevanin – una Regione imbarazzante”.
Il prof. Stefano Buscaroli non è da meno e dà conto dei dati degli inquinanti ritrovati nel sito. “Va detto che la discarica è inserita in una zona di argille plioceniche ed è una discarica in versante. Fra il culmine e la base ci sono circa 100 metri di dislivello e sul fondo scorre il rio Rondinella. All’interno del catino ci sono oltre 4 milioni di tonnellate di rifiuti. Di questi il 98,6 % sono rifiuti speciali. Mentre solo l’1,4% sono rifiuti solidi urbani. Solo una piccolissima parte dei rifiuti di tutti i giorni delle famiglie imolesi finiscono in discarica. Il resto sono rifiuti industriali”
“La domanda è: cosa emerge da questi monitoraggi prolungati degli ultimi 2 anni? Che non c’è nessun trend di diminuzione ma sostanzialmente gli sforamenti – i superamenti degli dei valori degli inquinanti consentiti dalla legge – sono gli stessi registrati negli ultimi anni. Insomma c’è una situazione di contaminazione cronica. Cosa ci dicono le indagini sugli inquinati? Che le acque che circolano fuori e dentro la discarica sembrano le medesime. E questo è un fatto importantissimo di cui va tenuto conto nella conferenza di servizi che non può concludersi con un sentito dire o un mi pare. Bisogna fare degli accertamenti tecnici e degli studi sanitari seri e oggettivi. Non abbiamo idea di cosa ci sia nel corpo di discarica. Nel 2020 Arpae ha fatto l’ultimo campionamento ma non sappiamo ancora, oggi, l’esito”.
L’ing. Massimo Bolognesi nel suo intervento si chiede “come è possibile che su una discarica che va avanti da più di 40 anni non si sia fatta una indagine ambientale con tutto quello che ci è finito dentro? Servono istituzioni trasparenti e abbiamo qualche dubbio, visto chi doveva controllare la discarica 10 anni fa. Ma noi andremo a fondo e azioneremo le azioni necessarie perché la giustizia verifichi che chi deve controllare faccia – o meno – il suo dovere. Oltre a questo è impensabile che Akron faccia uscire i camion dei rifiuti dell’autostrada per trattarli in montagna. Che senso ha? Che senso ha inoltre mettere in discarica il 98,6% di rifiuti speciali che sono i rifiuti più riciclabili? Ed infine la strada che porta alla discarica non è adatta – da codice della strada – alla percorrenza di camion (puntualizzato anche dal commissario Izzo). In questa situazione è incredibile che Hera faccia pressioni per riaprire la discarica. Oltretutto Herambiente non ha inoltre nessun titolo per parlare di questa discarica. Il contratto con Herambiente e Con.Ami, se aveva un cero valore nel 2015, ora non lo ha più. E per un motivo sostanziale: quel contratto è scaduto! In questo contesto uno dei 2 soggetti (Con.Ami) non ha interesse, almeno palese, a ripresentare il progetto di sopraelevazione. Mentre l’altra parte, Herambiente, non ha titolo per chiedere la prosecuzione della procedura. Il bello è che qualcuno crede che questa situazione sia ortodossa e corretta!
“Apriremo a breve una raccolta fondi per raccogliere risorse per avviare le azioni necessarie a contrastare questa incredibile vicenda. Solo per gli onerari degli avvocati abbiamo speso 85 mila euro. Ma anche tutte le risorse finanziarie nulla possono se i cittadini non prendono coscienza e si oppongono a un progetto che non ha più alcun valore ambientale, ce lo dice l’Europa da anni”
(Verne Moreno)
Considerato l’esito elettorale di Imola e dell’Emilia-Romagna, era ampiamente scontato che accadesse.
In democrazia le scelte del cittadino elettore si rispettano, quindi chi è causa del suo mal, pianga se stesso!
Ora il PD non potrà più dire: “le sentenze si rispettano”…..
Infine, cara assessora Spada, cara vice-presidente Schlein e cara Zamboni, dopo tutte le roboanti promesse elettorali, se ci siete, battete un colpo ed abbiate il coraggio di alzarvi dalla poltrona!!!!
A nostro parere, nulla potranno altre azioni legali, salvo che non siano mirate contro chi deve controllare, chi inquina e chi ha la responsabilità politica di ignorare le sentenze.
Sarà poi opportuno (e per qualcuno doveroso) ricordare che l’attuale presidente della regione ebbe a dire che, per quanto lo riguardava, il discorso riguardante la discarica di Imola doveva considerarsi chiuso. Dopo l’ex sindaco Manca che promise la diminuzione del rumore in autodromo per poi autorizzare oltre cento giornate sconfinanti i limiti di legge avremo anche un presidente di regione di cui non fidarsi?
Concordo con Legambiente: se la riapertura della discarica dovesse accadere, le persone serie devono prendere posizione per coerenza.
Porca troia, perchè si vuol riaprire la discarica? perchè vari rifiuti indiferenziati non si smaltiscono? aprire una discarica non risolve il problema, si sposta solo avanti nel tempo, …ed è quà che entra in campo la tecnologia: GREEN ECONOMY
L’inceneritore verde brucia rifiuti senza fiamma
L’IMPIANTO PILOTA DI GIOIA DEL COLLE È IL RISULTATODI 10 ANNI DI STUDI E RICERCHE. NON PRODUCE RESIDUI DA TRATTARE MA GRANI DI VETRO INERTE DA UTILIZZARE IN EDILIZIA E CO2 RIUTILIZZATA PER GLI ESTINTORI
Antonello Cassano
Gioia Del Colle I l futuro dell’energia passa anche da Gioia del Colle, 40 chilometri da Bari. Un futuro ormai prossimo, più simile al presente. Già, perché da dieci anni Itea, società del gruppo Sofinter, studia un nuovo modo di produrre energia a basso costo e con il minore impatto ambientale possibile attraverso una sorta di rivoluzione copernicana. Mentre nel mondo si studiano nuovi metodi per abbattere i fumi derivanti da centrali elettriche o inceneritori, Itea (che nel 2002 era una start up bolognese e solo dopo l’acquisizione di Sofinter si è trasferita in Puglia) ha puntato tutto su un nuovo metodo di combustione, noto come “Isotherm flameless” e brevettato per la prima volta nel 2004 dall’ingegnere chimico Massimo Malavasi e dal chimico industriale Grazia Di Salvia, entrambi del team Itea. Il risultato di dieci anni di studi e investimenti è un impianto pilota da 5 megawatt che riesce a tirare fuori energia a basso impatto ambientale dai materiali più vari, anche dai più pericolosi. L’impianto è ospitato all’interno della sede di Ansaldo Caldaie, altro marchio del gruppo Sofinter. Puo smaltire rifiuti da bonifiche di siti inquinati, petrolchimici, fanghi da acque reflue industriali, rifiuti di raffineria, farmaceutici. Ma la tecnologia Itea potrebbe anche sostituire gli inceneritori: può produrre energia da rifiuti urbani, carbone e biomasse, oltre che da greggio e pet-coke. «Siamo in grado di fare tutto questo con un unico processo tecnologico» dice Grazia
Di Salvia, direttore generale di Itea. La parola chiave è “ossi-combustione”, ossia combustione senza fiamma a pressione, un processo analizzato e preso seriamente in considerazione anche dal Mit di Boston. «La combustione “flameless” utilizza ossigeno tecnico in luogo di aria. Questo consente al nostro impianto di raggiungere temperature intorno a 1400 gradi centigradi, che evitano la formazione di inquinanti». «Parliamo di emissioni da mille a diecimila volte inferiori a quelle di un inceneritore tradizionale», spiega Di Salvia . Visto da fuori l’impianto non è molto diverso da quelli tradizionali, ma si notano subito le dimensioni, parecchio inferiori. Dà all’occhio anche la mancanza di ciminiere. Ma la sorpresa maggiore arriva quando Di Salvia prende con le mani dei grani di vetro: «Ecco, queste sono le nostre emissioni. Le ceneri da noi escono allo stato di materiale vetrificato, privo di carbonio residuo e totalmente inerte». Subito dopo mostra una mattonella verde, fatta da centinaia di questi granelli vetrificati: «I rifiuti che hai prodotto a Bari in una settimana sono qui dentro. Nel frattempo è stata sviluppata energia per svariate famiglie. Gli scarichi idrici non ci sono». Ci sono, invece, gli scarichi gassosi che non vengono emessi in atmosfera, ma lavorati per produrre CO2 commerciale da vendere, per esempio, per riempire gli estintori. Come dire, qui non si butta via niente. L’ingresso nel mercato della tecnologia Itea è imminente: «Da qui a tre anni – conferma Dario Quaranta, capo della comunicazione di Sofinter – saremo in grado di aggredire il mercato mondiale dell’energia. Un mercato da circa 20 miliardi di euro all’anno ». La strategia di Itea è di imporsi come migliore alternativa alle centrali termoelettriche convenzionali. I partner industriali non mancano, come sottolinea anche l’ad di Itea Spa, Alvise Bassignano: «La nostra filosofia è che per ogni applicazione abbiamo un partner industriale interessato ». Attualmente Itea è in attesa di ottenere le autorizzazioni per realizzare in Italia 2 impianti specializzati in trattamento di rifiuti urbani e da discariche. Contatti aperti anche con un azienda pubblica cinese nel settore dei rifiuti, interessata alla tecnologia italiana. 1 2 Qui sopra, Massimo Malavasi (1) che ha messo a punto il brevetto Isotherm Flameless, e Grazia Di Salvia (2) direttore generale di Itea, credo sia tempo di crescere per il presente e futuro. GRAZIE