Superati i quattro giorni bui del periodo natalizio, un po’ di luce fino a fine anno, poi ricaduta del silenzio e della rinuncia, ancora uno sprazzo di luce e la ricaduta, questa volta ce la regala la Befana. Forse proprio l’ultimo dei tre Re Magi, quello che portava un barattolo di mirra per ricordare all’ultimo nato il suo stato di uomo portava con sé l’unica vera verità. L’essere uomini.
A furia di “down” obbligatori il 2021 non inizia bene e secondo molti, più o meno studiosi, non andrà bene. Non andrà bene per molti di noi. Inevitabile che ciò accada in una società che già si veniva a trovare in una netta posizione di disequilibrio, gravata da differenze pesanti e incallite dal tempo, situazioni che nessuno, forse, ha davvero mai voluto, non dico risolvere, ma neppure affrontare con un piglio deciso. Poi la pandemia ci ha colpito e continua a farlo con la forza della stessa natura, quella natura che noi tutti, sistematicamente e con colpevole indifferenza, ci ostiniamo ad ignorare. Male, perché “Lei”, utilizzando le forme di vita più minuscole ci richiama con forza all’ordine e ci fa rammentare la nostra pochezza, il nostro fumo di superbia, il sogno dell’invulnerabilità. Impareremo qualcosa? Un antico adagio orientale declamava: “Se ti violentano, cerca almeno di godere”.
Sembra proprio di no e la prova dell’affermazione sta nell’unica speranza di aiuto al momento disponibile: il denaro che viene, in gran parte, dalla possibilità di contrarre debito. In sostanza, questa ricerca di aiuto nella moneta di altri, sigla la nostra difficoltà e ne mostra il nerbo. E non ci risollevi il non indifferente quantitativo che ci viene elargito (se questo avverrà) senza obbligo di resa: tale denaro proviene sempre e comunque da una banca di casa nostra (se consideriamo ancora l’Europa casa nostra …) e il “buco” qualcuno o qualcosa dovrà pure riempirlo. Di tanto in tanto si ode la voce che invoca la possibilità di stampare moneta a copertura: propongo di offrirgli un soggiorno di dieci giorni in Columbia o in Bolivia, dove a furia di stampare carta si va a fare la spesa con una carriola di carta e si ritorna a casa con una forma di pane. Cave! direbbero i Latini.
Così, mentre il debito monetario cresce, la crisi economica e produttiva fa schizzare verso l’alto i parametri: il debito cresce e i prodotto interno diminuisce. In molti iniziano a chiedersi: “Chi lo pagherà?”. Immancabilmente il problema cade nelle spalle dei nostri figli che dovranno affrontare difficoltà che a loro hanno portato ben poco. Forse nulla. Il problema è di schietta natura politica e sociale: la risposta spetta a noi tutti.
Al momento va di gran moda la “resilienza”, la capacità di assorbire l’urto e di reagire. Già la parola nasce da un grossolano errore di fondo: Il latino “resilio” sta per “rinunciare a qualcosa (il termine era in gran voga nei tribunali di Roma quando l’imputato rinunciava a difendersi implorando la clemenza del giudicante); il sostantivo corretto sarebbe “resalio” che indica la possibilità e la forza per risalire nella barca capovolta, quindi il termine derivato corretto sarebbe “resalienza”. Comunque sia, se mi perdonate il gioco di termini latini, c’è un sacco di gente che da tempo “resilia” e al momento si trova con le spalle al muro e sentirebbe la necessità di fare un passo avanti visto che all’indietro non riesce più ad andare.
Poco prima della primavera molti nodi verranno al pettine (di natura strettamente economica) e si uniranno a quelli di natura sociale che già ci appesantiscono: troppi i giovani in cerca di lavoro che non trovano (se non umilianti attività di copertura) e ancor di più i giovanissimi, ora anche senza la sponda della scuola, quella vera, quella che ti forma dentro, che trovano sfogo nelle risse di piazza, prendendosela con altri ragazzi esattamente come loro, o con auto parcheggiate e vetrine, giovani che derubano e rapinano per l’acquisto dell’ultimo smart: qui non si parla di resilienza, qui si parla di disastro sociale. Delle code in fila di attesa ai banchi alimentari in continua crescita se ne legge ogni giorno e che non ci si senta sollevati se riusciamo a dare loro una ciotola calda: la dignità dell’uomo richiede un passo in più e non un passo da poco.
Ci necessita la vera e unica capacità di guardarci le spalle e di comprendere i nostri errori per porre fine a una situazione che poco ha dell’umano. Ricordo le parole di Renzo Piano (che altre volte ho riportato) che ci vede in una barca intenti a sudare remando contro corrente, a difesa del nostro passato riconosciuto come ombra di sicurezza, mentre la sola sponda destinata a riceverci è quella del futuro, che ci piaccia o no.
Comunque sia, il 2021 è alle porte e sarà nostro compito affrontarlo. Mai come ora un augurio sincero per un anno migliore.
(Mauro Magnani)
La disinvoltura con cui gli unionisti negano la realtá dei fatti per mettersi al riparo dal trauma dell’errore è davvero sbalorditiva.
Finora, per affrotare l’emergenza, il governo ha speso (male) 140 miliardi , reperiti vendendo titoli di stato alla BCE.
Si tratta di denaro a costo zero (perchè gli interessi ci vengono restituiti) e che NON ANDRÁ MAI RESTITUITO (perchè i titoli vengono sempre rinnovati alla scadenza).
Detta in altro modo:
si tratta di denaro creato da un funzionario della BCE con un click del mouse.
Perfino David Sassoli ha recentemente ammesso ciò che Claudio Borghi ed Alberto Bagnai sostengono da anni, proponendo di cancellare il debito detenuto dalla BCE.
Lo spauracchio dell’inflazione dietro al quale, come per lo spread, si fanno scudo scelte politiche a danno dei cittadini é l’nesima balla:
Con 140 miliardi, l’equivalente di 5 finanziarie, spesi in pochi mesi, qualcuno si é forse recato al supermercato con la carriola?
Mentre tutti i paesi del mondo affrontano l’emergenza monetizzando il debito, in Italia, grazie ad un governo di collaborazionisti, abbiamo il RF:
quelli che non sono debiti sono soldi nostri che dovremo versare in quanto CONTRIBUTORI NETTI del bilancio europeo, con vincolo di spesa in eurocazzate e subordinate ad aumento imposte + taglio pensioni!