Ora che la vittoria di Joe Biden e la sconfitta di Donald Trump sono sancite dalle procedure federali che presiedono all’elezione del presidente, si possono avanzare alcune osservazioni sulla prova più difficile per la nazione americana dopo quella del 1932 che portò alla ribalta Franklin D. Roosevelt.

Primo. Ha vinto la democrazia che è rimasta intatta. Il sistema politico-costituzionale è uscito integro dagli assalti fuori misura in sede elettorale e giudiziaria, con cui Trump intendeva delegittimare il presidente eletto, salvo sorprese veramente inattese. Non si è trattato di un tentativo di “colpo di Stato”, ma di qualcosa di analogo in una nazione fedele alla Costituzione: lo stravolgimento delle regole democratiche.

Secondo. La vittoria di Biden, nei voti popolari e nel collegio elettorale, è stata conquistata grazie a quella collocazione centrista del candidato democratico che gli ha consentito di coagulare intorno a sé molteplici consensi anche dall’area indipendente.

Terzo. Nel complesso i risultati per i democratici – ad eccezione di Biden – sono stati modesti con la perdita di alcuni seggi alla Camera e la conferma minoritaria al Senato in attesa della Georgia. È significativo che in molti Stati “oscillanti” i voti decisivi per Biden siano risultati superiori a quelli per i candidati democratici al Congresso.

Quarto. Il futuro del partito democratico conferma la lezione che dal passato giunge fino a oggi. Il grande peso elettorale – decisivo nelle presidenziali – delle componenti non-bianche non significa affatto che il futuro dei democratici è a sinistra. Anzi, nonostante l’ala dei radicali bianchi e neri, il ruolo egemone dei democratici sarà riguadagnato solo su una solida posizione che, in termini europei, si può definire di centro-sinistra.

Quinto. Nonostante i 74 milioni di voti (dovuti all’aumento della popolazione e alla corsa alle registrazioni di entrambi i partiti) Trump ha avuto in una serie di Stati meno voti dei candidati repubblicani in Congresso. La crescita del suo consenso si è verificata solo tra i latinos. Questo significa che una parte dell’elettorato repubblicano non ha votato la persona Trump.

Sesto. L’esame comparato dei voti per il Presidente uscente e per i candidati repubblicani al Congresso mostra che ormai nel GOP si è consolidata un’ala integralista-populista fedele a Trump; ma che, accanto ad essa, si sta delineando un settore dell’elettorato repubblicano che si allontana dal presidente uscente in nome di un modo di essere più tradizionale.

Queste riflessioni, che partono dai dati elettorali, ci fanno vedere che esiste e continuerà a esistere la spaccatura tra le due Americhe, esemplificata nel contrasto tra urbani e non-urbani, tradizionalisti e liberali, bianchi e non bianchi, e che queste fratture condizioneranno ancora il futuro dell’America.

Buon lavoro, Joe Biden!

(Tiziano Conti)