Di malavoglia raggiungo il soppalco sede del mio studio. La noia di queste giornate da reclusi mi sta uccidendo. Il sintomo preciso è la continuità delle cose inutili che riempiono la mia giornata. Dentro, nel profondo, la certezza che non finirà domani. E neppure la prossima settimana. Il mese prossimo.
L’odore dei libri, della carta lasciata abbandonata a sé stessa, carta e piccoli simboli che hanno riempito le mie giornate di un tempo passato, satura la stanza: ogni volta che salgo quassù e osservo le lunghe file di libri che quasi interamente ricoprono le pareti penso a quanti momenti di vita mi hanno dato tutti questi piccoli segni neri su fogli di carta bianca, accuratamente rilegata e racchiusa all’interno di più o meno robuste copertine. Riflessioni, pensieri, assenze, ricordi: il trascorrere del tempo. Tutto, ora, racchiuso in quelle pagine, in quei volumi ben ordinati sugli assali. Alcuni protetti entro sportelli con vetri, altri esposti alla polvere del tempo.
Come in un automatismo mi siedo al tavolo: “E adesso?”. L’occhio vaga per il piano del tavolo e rivive in un lampo il significato di tutti quei fogli di carta: lettere, stampe di messaggi ricevuti via etere, promemoria di pagamenti, appunti. Cose da fare che forse non farò mai. Cose già fatte in attesa di archivio, ma dove?
Mi soffermo sul calendario ora quasi nascosto da altre carte che nel trascorrere dei giorni si sono accumulate quasi coprendolo per intero. Lo afferro e lo libero dall’invadente ciarpame. La foto di copertina è quasi interamente occupata dalla foto di un grosso gatto tigrato che sembra decisamente attratto dall’obbiettivo della macchina da ripresa; più in basso, a fondo pagina, la precisa indicazione del contenuto: calendario 2021.
Beh, visto che siamo in fondo a dicembre, ecco una cosa che posso fare: sostituire il vecchio calendario ora appeso all’ultimo ritto della libreria con questo nuovo. Già, i gatti. La signora che me l’ha donato mi ha confessato di essere lei stessa l’autrice delle riprese: “Sa, mi ha confessato, sono innamorata dei gatti; ne ho sette per casa, fra fissi e presenti solo per la ciotola della mattina. Gli altri li ho rimediati da mia cugina (ne ha tre anche lei) e due dai mie vicini.” Poi si è messa a ridere, ha arrotolato il calendario non troppo stretto e l’ha imprigionato con un elastico verde. Sorridendo, allungandomi il plico, mi ha confessato, sorridendo, di aver ceduto i diritti d’autore al suo datore di lavoro che ne ha ricavato l’omaggio per i clienti. Chissà perché questa scena è rimasta così impressa nella mia mente. Forse perché c’era un vuoto da riempire? Mah!
Rimango fermo davanti al vecchio calendario appeso: la pagina esposta riguarda il mese di maggio. Sembrava, allora, di essere giunti alla fine di questa storia e le case erano piene delle promesse dell’estate. Mai un’estate è stata altrettanto bugiarda, perfida, ingannatrice. Sorrido al pensiero del calendario fermo a maggio: ora, oggi, tra gli smart, i vari computer nelle loro varie forme ci hanno fatto dimenticare l’indispensabile calendario, che se ne resta fermo nel tempo, pagine di tempi destinati a venire rimaste nascoste.
La sensazione del tempo rimasto fermo solo sulla carta. Solo sulla carta, non come quello di Dorian, sosia segreto di Oscar, che vedeva invecchiare la sua immagine mentre lui restava fermo nel tempo. Non girare le pagine del calendario per fermare il tempo: bisogna che mi ricordi di questa immagine per scriverci sopra qualcosa, anche solo per me stesso.
Sollevo le vecchie pagine appese oramai inutili e riutilizzo il vecchio gancio per appendere il nuovo, scoprendo la prima pagina, quella di gennaio nascondendo, sul retro, il bel gattone tigrato, rimpiazzato da uno siamese di un bel color caramello con la punta del muso e le orecchie belle scure.
Dovrò gettare nel sacco della carta questo oramai inutilizzabile insieme di carte, di date, di mesi. Ma si può gettare il tempo? Forse, in qualche modo, sarà possibile chiedere ed ottenere il “ristoro” del tempo gettato? Gennaio 2021, venerdì 1, sabato 2, … una bella facciata piena di numerini rossi e neri. Oggi le giornate hanno assunto tutto un altro colore e diverso significato: alcune rosse, un po’ le arancioni e infine le gialle: E quelle “normali” a quando?
Osservo la facciata di gennaio. Appendiamo il calendario e ci prepariamo a trascorrere il nuovo anno, come se bastasse girare le pagine. Chissà a quale mese resterà fermo quest’anno. Chissà perché resterà fermo a giugno, o a settembre, o forse ancor prima, a marzo. L’illusione del trascorrere del tempo nello sfogliare delle pagine.
Di certo, quando Oscar ha immaginato il contratto tra il demonio e Dorian, non ha pensato (o non ha voluto pensare) al trascorrere del tempo con la vita che resta ferma, imprigionata nel timore, nel dubbio, immersa in un silenzio colpevole e claustrofobico.
Sfogliamo le pagine, scorriamo i numeri delle date e il tempo sembra essersi fermato, nella nostra sete di domani, di luce, di profumi. Sono ancora fermo davanti a gennaio che deve ancora cominciare e vorrei che fosse già passato, finito, con le sue giornate tutte uguali, con i libri letti per forza e non per piacere.
Non è così che Oscar vedeva il domani del suo sempre giovane. Avrebbe ricontattato il demonio per riscrivere il contratto, ma poi si sa che quell’essere immondo non ritorna mai sui suoi passi, rigido come una spessa lastra di vetro e altrettanto freddo. E così per noi, anche senza patto con il demonio. La caricatura dell’immaginario vissuta per davvero. Ci tocca e hai voglia di voltare pagina. Servisse!
Gli occhi di un bell’azzurro screziato da sottili venature nere del persiano sembrano fissarmi increduli, quasi a rimarcare la sua estraneità alle mie pensate, alle mie giravolte immaginarie. Ancora una scusa per il trascorrere del tempo. Torno al tavolo, mi siedo, accendo il computer. Chiave di accesso e lo schermo si accende coprendosi di icone multicolori.
Davanti a me la macchina fotografica adagiata sulla custodia: dovrei estrarre la scheda di memoria e valutare gli ultimi scatti. Prima o poi farò anche questo. La tazza dei trucioli di legno che si sono accumulati nel tempo causa frequenti interventi sulla punta della matita deve essere, da tempo, svuotata.
Il libretto contenente tutte le mie password segrete abbandonato in un angolo. Afferro il mouse e ricerco l’icona dei giochi: in alto, sulla destra un’immagine contenente un cavallo, un re e un pedone. Clic e lo schermo è pieno di finti pezzi di legno su una scacchiera a quadrati bianchi e neri, in prospettiva. Il mio avversario fatto di circuiti elettronici sta pensando. Poi, pedone in d2, d4. La sempre valida apertura di donna: vediamo come me la gioco questa …
Il calendario, pronto alla pagina di gennaio, è appeso al suo posto. Segnerà il trascorrere delle giornate. Sulla carta.
(Mauro Magnani)