Come sempre accade, dalle più dure avversità emerge con forza la luce della speranza. La sacrosanta protesta dei nostri ragazzi, che per inciso rappresentano il solo futuro di cui disponiamo, circa la famigerata Dad ( didattica a distanza) apre una parentesi di luce in quella che, forse, è la china più pericolosa nella quale la nostra società si sta incamminando: la realtà virtuale.
” Ne abbiamo abbastanza di guardare uno schermo, vogliamo i nostri insegnanti in carne e ossa!”. A distanza, ma vi abbraccio tutti! Anche sulle pagine di questo giornale, non poco tempo fa, sono state pubblicate parole, scritte da quello che desidero considerare un caro amico, che evidenziavano la grande importanza della presenza a scuola: sarebbe interessante poter disporre di una bilancia in grado di determinare il “peso” dell’istruzione e quello della prima vera convivenza in società, il valore del rapporto diretto, la sensazione e il profumo intenso della “realtà” che nessuno schermo riuscirà mai a riprodurre!
Se è indubbio il valore del supporto digitale, deve essere ben chiaro che nulla potrà mai supportare il rapporto diretto tra le persone. Non esiste chat che possa prendere il posto di una vivace e profonda chiacchierata e confronto tra due persone sedute allo stesso tavolo davanti a due bicchieri della bevanda preferita. Non esiste confronto tra il dibattito scaturito in una assemblea e il disordinato ciarlare tra assenti su un social! La timida frase pronunciata per la prima volta guardando gli occhi della persona amata non è neppure confrontabile con la serie di cuoricini che accompagnano un Sms. Perfino la scrittura, sulle pagine di un libro, è unicamente un indispensabile surrogato di un confronto nella realtà.
Qualche dubbio? Riflettiamo: cento anni fa nasceva Sciascia e ci ha lasciato un tesoro di parole che racchiudono il sentore della sua Sicilia e non solo, libri che ho letto e anche riletto (Il giorno della civetta) ma confrontiamo la lettura con un pomeriggio trascorso con lo scrittore, seduti nel chiosco ricavato nelle rovine della tonnara di Vindicari ad ascoltare la sua vera voce e potremo valutare la differenza.
Dall’altra parte del mondo un altro aspetto della realtà virtuale sta sollevando non poche perplessità, per non dire timori e dubbi. Il social Twitter ha oscurato le tracce di “the Donald” proibendogli quindi di raggiungere le sue numerose schiere di seguaci. Ancora una volta sulle pagine di Leggilanotizia ho scritto di una rivista francese di satira la cui sede era stata oggetto di un assalto da parte di oppositori: quella volta scrissi che il formato della rivista, le sue vignette disordinate e caotiche non incontravano il mio gusto e più recentemente ne ho denunciato lo scritto troppo provocatorio e apertamente blasfemo, ma ripeto che mi batterò fino in fondo affinché quella rivista (Charlie Hebdo) possa continuare nelle sue pubblicazioni.
E perché dunque Twitter si arroga il diritto di sospendere il Trump-pensiero? Chi è Twitter per poter oscurare le idee di chiunque di noi? Sia bene chiaro che non ho nessuna intenzione di difendere quello che secondo me rappresenta il più grossolano errore del Popolo americano (e dire che ne ha commesso di grossi…) ma non posso accettare che “un privato” possa decidere se quello che dico io possa essere giusto o no, se pubblicarlo o no, azzerando d’amblé la mia libertà d’espressione.
Se siamo disposti ad accettare che un “social” possa decidere quello che è giusto e quello che non lo è, a mio avviso, siamo incamminati in una china molto pericolosa e condivido appieno l’idea di Massimo Cacciari che descrive l’evento con il termine “siamo alla frutta”. Aggiungerei che la frutta mi sembra anche guasta!
Del fatto che su supporto digitale si possa scrivere di tutto in perfetto anonimato, parleremo un’altra volta, ma serviranno molte pagine.
(Mauro Magnani)