Ho parafrasato il grande Hitchcock per ottenere una frase d’effetto che calza a pennello nella nostra (nazionale e non solo) attuale situazione. E che non ci si illuda di aver toccato il fondo.
Tentiamo un quadro complessivo. La già pesantemente situazione economica e sociale italiana è stata colta con le mani nel sacco da una pandemia di una forza inaudita che, come da manuale, ha reso del tutto evidenti le debolezze, le carenze, gli errori pregressi e le indecenze di una società non conscia, come si dovrebbe, della sua reale situazione. Dopo anni di crescita stentata (ben lontani i parametri di altre situazioni economiche comparabili con la nostra) la mazzata del Covid ci ha assestato il colpo di grazia.
Aziende grandi e piccole devono restare a guardare il loro trend di produzione e vendite impotenti e rassegnate. Non meglio, anzi, l’azione commerciale incatenata all’inattività dalla “classificazione” di untori a loro affibbiata non, come si è propensi a pensare, da Dpcm governativi, ma dalla nostra ignoranza, dalla nostra insipienza e superficialità.
Come non bastasse, ovviamente, ci si è resi immediatamente conto della carenza endemica di un sistema sanitario da anni mondato di risorse, impoverito da tagli lineari, punito da una insipienza folle dei vari condottieri che hanno retto il timone. Un sistema che ora scricchiola e geme sorretto unicamente dal valore, dalla responsabile volontà del personale addetto, dalla consapevolezza di quest’ultimo di essere l’ultimo argine alla colpevole politica sociale ed economica che ci ha portato fin qui. Una prova?
Restando nel “locale” , mentre le visite specialistiche vengono rinviate di mesi e gli interventi “non urgenti” vengono posticipati a data incerta per fare spazio a una situazione di contagio e di morti decisamente preoccupante, noi stacchiamo assegni di decine di milioni per ospitare tre giorni di gran premio giustamente rifiutato da altre nazioni in dubbio di opportunità e ci dilettiamo nella scelta di ospitare pubblico con collocazione “a petalo”: se non ci fosse da ridere ci sarebbe da piangere.
Tentiamo ora una fotografia più estesa degli attori “romani” di quest’ultima pièce teatrale che ci viene fornita con prezzi di biglietto proibitivi. Tra gli attori, in prima fila, gli ultimi arrivati sugli scanni di comando, quelli che non c’è né destra né sinistra, quelli che prima si sono girati a destra e poi a sinistra (si fa per dire), quelli che adesso ci pensiamo noi, quelli che il “MES” mai e poi mai perché il controllo lo vogliamo noi, quelli che il problema è il numero dei parlamentari e non la loro qualità, quelli che basta essere onesti per risolvere tutto, quelli che…
Poi ci sono gli altri, i responsabili per forza, quelli che ora indicano il colpevole di ogni male, dimentichi che non più tardi di un paio d’anni lo indicavano quale astro fulgente e lo osannavano, quelli che ora osservano con indignazione il male coltivato al loro interno per anni (e del quale conservano pesanti tracce al loro interno), quelli che (parentesi locale) premiano con scanno romano il principale colpevole della loro debacle comunale, quelli che occorre che tutto cambi perché nulla cambi. Eterni anche gli affrancatori, minimi ma purissimi, quelli di “principio” che non si piegano ma accettano il tutto.
Poveri.
Poi ci sono gli “avversi”, con la certezza stampata sulla fronte, quelli dalla ricetta pronta e sicura, quelli che si spezzano ma non si piegano, quelli che prima la famiglia, quelli che baciano la croce poi negano la dovuta carità ai poveri di tutte le specie, quelli che giocano facile perché ben certi che peggio di così non potrebbe andare e che, comunque vada la colpa sarà sempre di chi li ha preceduti, quelli già dimentichi dei danni provocati quando il timone era nelle loro mani. Quelli …
Degni di nota anche i “Responsabili”, uomini tutti d’un pezzo, quelli idonei ad ogni stagione con il sole a loro favore, quelli pronti a farsi carico di pesanti responsabilità basta che per altri due anni corra il loro lucroso stipendio, quelli davvero seri!
Nella ricorrenza di alcuni secoli dalla sua scomparsa (ricordiamo il sommo poeta fiorentino) utilizzo, da grave profano, le parole, tra le prime, che lui ebbe a scrivere nella stesura del suo eterno capolavoro, parole che più volte ho potuto ascoltare nelle voci di nostri compaesani che inutilmente ce le ripropongono da vari palcoscenici forse ignari del fatto che noi si è privi e di “virtute” e di “conoscenza”: “Lasciate ogni speranza o voi che entrate!” Siete già dentro.
(Mauro Magnani)