Con tutta probabilità le immagini dell’assalto da parte di una folla di cittadini americani alla sede del Senato degli States ci hanno lasciato un tale scombussolo dal quale non ci siamo ancora del tutto ripresi. Non vedo altra ragione plausibile che possa giustificare il silenzio nell’attesa del fatidico 20 gennaio. Un’attesa vigilata e protetta da ben 25.000 uomini armati in assetto di guerra, truppe che bivaccano nei corridoi e nelle sale dove, fino a non molto tempo fa, si discuteva di democrazia, di libertà. Truppe armate pronte a difendere il luogo e gli eventi che di per sé stessi sono il simbolo della democrazia. Non riesco a capacitarmi del fatto che occorra vigilare in armi affinché la democrazia possa avere il suo corretto corso. Ma davvero siamo a questo punto? Come è stato possibile pervenire a questo sciaguratissimo traguardo? Abbiamo la capacità e la volontà di comprendere ciò che è accaduto e che potrebbe ancora accadere?

Proud Boys (Foto di Paul Becker da Wikipedia)

Guardo le immagini che la stampa ci riporta che ritraggono i gruppi dei Proud Boys: caschi di protezione, occhialoni scuri, tatuaggi in abbondanza, bicipiti forgiati ed esibiti, maschere e bendaggi vari atti a nascondere il viso, bocche aperte nell’atto di gridare slogan. Tutti uomini. Nessuna donna. La destra estrema americana, razzista e nazionalista racchiusa in queste immagini. Perché? Dovrà pur esistere una ragione, o più di una, non dico a giustificazione ma idonea a comprenderne il perché.

Scorrendo la stampa (particolarmente quella in lingua inglese di provenienza europea) si possono leggere alcune diagnosi interessanti che, una volta tanto, tendono nell’insieme ad individuare tre ragioni fondamentali e capaci di scatenare (nel tempo della sottovalutazione) tanto odio e tanta determinazione.

La prima individua nell’incapacità (o nella non volontà) di riuscire ad ascoltare le ragioni, le remore di tanta popolazione da parte di chi avrebbe dovuto. Il sentirsi inascoltati, nel tempo, genera immancabilmente un fiume di rancore e di rabbia repressa che “deve” necessariamente individuare uno sfogo, un grido tanto forte da farsi udire da chi dovrebbe. Se qualcuno, magari non la persona giusta, riesce ad individuare una situazione tale da essere esplosiva, non deve far altro che soffiare sul fuoco e il gioco è fatto.

Subito dopo, viene individuata la diffusa sensazione di trovarsi esclusi dai maggiori benefici della società nella quale si vive. Benefici che possono (devono) essere chiamati diritti: l’istruzione, l’assistenza sanitaria, l’essere accettai nella stessa società. Inevitabilmente il malessere di emarginazione, ben prima di essere in grado di individuarne le reali cause, provoca rancore e spirito di vendetta.

Da ultimo, ma non per ultimo, si individua la non partecipazione alla ricchezza prodotta, e quindi al benessere, il sentirsi circondati da agi e lussi che non potranno mai essere raggiunti. Ancora una volta l’esclusione da quello che appare come un diritto.

Il non sentirsi ascoltati, il vedere le proprie ragioni disattese sistematicamente, il sentirsi esclusi da ciò che viene percepito, a ragione, da alcuni diritti fondamentali dell’uomo, unitamente all’esigua disponibilità di risorse economiche mentre tutto attorno si può assistere ad uno sfoggiare assurdo di ricchezza, determinano la volontà di agire per modificare un tale stato di cose. Il ricorrere alla forza, alla prevaricazione, alla violenza viene individuato come unica risorsa possibile per determinare il “cambiamento”.

Chi, dalle nostra parti, ha più o meno in mano le leve decisionali, farebbe bene a meditare, a valutare tale situazione di instabilità latente, la carica micidiale di una tale miscela. Non si individua forse, a casa nostra, nell’esclusione dal diritto alla scuola la rabbia che più o meno correttamente prende forma nelle manifestazioni da parte dei nostri ragazzi? Nella non lontana primavera, quando ai già troppi poveri costretti all’elemosina di beni di primissima necessità si uniranno le masse di quanti avranno perso il lavoro, lavoro per il quale sono perfettamente capaci e disponibili, riusciremo a trovare un argine?

(Mauro Magnani)