Mordano. Mauro Marani, attore e insegnante del teatro stabile di Mordano, si trova come tanti altri colleghi del mondo dello spettacolo, proiettato all’interno di un tunnel dove si fatica a intravedere una luce. Marani è da tempo anche il “braccio destro” di Carlo Lucarelli, con cui ha portato in scena vari spettacoli tra cui alcuni reading, tratti dall’ultimo libro dello scrittore, “L’inverno più nero”.
Ha recitato in innumerevoli spettacoli teatrali in tutta la Romagna, non senza escludere anche alcune parentesi sul grande schermo, come “Il Mestiere delle Armi” di Ermanno Olmi.

Mauro Marani

La categoria degli attori è tra le più snobbate dal mondo della politica, la quale non ha saputo dare risposte ai lavoratori di questo settore. Lavoratori che si trovano a bocca asciutta da ben un anno, ad eccezione di una breve parentesi estiva, dove gli spettacoli sono potuti ripartire a numero ridotto. Se oltre a questo, ci aggiungiamo il fatto che molti lavoratori operano nel campo addirittura come libero professionisti, come nel caso di Marani, possiamo ben immaginare la difficoltà di prevedere un futuro professionale a breve termine.
Proprio per questo, abbiamo deciso di iniziare a far parlare gli addetti ai lavori, per tentare di comprendere come si stiano muovendo in questo terreno minato.

Mauro, ci sono delle speranze per riaprire a breve? Qual è la risposta degli enti locali al vostro settore?
“Gli enti locali ovviamente non hanno fondi per finanziare e contribuire alla situazione degli attori.
Quello che possono fare  è di mantenere le strutture, dato che già di per sé rischiano di non poter essere riaperte. Il che ovviamente, se ci sono delle possibilità di riaprire, è di rimettere in sicurezza le strutture. Le uscite di sicurezza, l’entrata che sia diversa dall’uscita. Il distanziamento. Cercare di ampliarle cercando di creare delle aree protette, dove lo spettatore possa trovarsi “isolato” da un possibile contagio da un altro spettatore”.

Questo è un punto importante, ma come possono sopirlo le strutture più piccole?
“Infatti, il punto è proprio questo. I piccoli teatri o cinema non hanno queste possibilità e ampi spazi da gestire al meglio.  Già alcuni teatri hanno chiuso, vediamo ad esempio il Teatro degli Alemanni a Bologna, che non ha avuto la possibilità di sostenersi economicamente durante la chiusura non ha più la speranza di poter riaprire. A meno che non si auto-finanzino tutti coloro che lavorano all’interno del teatro. È ovvio che il Comune, in questo caso quello di Bologna, non può prendersi in carico tutti i teatri, essendo tantissimi. Anche perchè sono privati teatri molte volte. Della parrocchia o di persone. È chiaro che le strutture pubbliche vengono mantenute. È chiaro che quelle parrocchiali o private hanno enormi problemi”.

Entro quando sperate di poter riaprire?
“Ce lo auguriamo a breve termine. Praticamente, spero che quest’estate ci venga data la possibilità di ripartire. ‘All’aperto’ è una parola chiave. I teatri e i cinema sono al chiuso, e all’aperto c’è la possibilità di lavorare con tantissime cose, sempre senza fare gruppi o aree in cui sia possibile una contaminazione. Il problema dell’aperto però, è che quando fai una fiera, c’è una massa di persone che tutte in una volta, arriva in un punto, perchè c’è qualche cosa che l’attrae. Stesso discorso per quanto riguarda i teatri. Se in teatro c’è qualcosa di interessante, è ovvio che lì si crea una quantità incredibile di persone, per quanto riguarda quelli all’aperto. Io ho già lavorato in estate, ed ovviamente se c’è una struttura di persone che mantiene la distanza, lavorare si può fare tranquillamente. Ma è chiaro che ovviamente si va in passivo, si va dunque a chiudere l’anno senza pareggiare le spese. Bisogna sperare che gli enti locali mettano una mano al cuore e l’altra al portafogli, dato che la Siae dovrebbe non chiedere denari per spettacoli in questo periodo. E i Comuni dovrebbero concedere le aree e gli spazi, i palchi, che di solito si noleggiano. E devono pensare al service”.

La nuova frontiera è ovviamente lo streaming. Avete pensato di ideare qualche spettacolo “a gettone”?
“Bisogna cercare di vendere gli spettacoli in maniera che la gente possa usufruire di uno spettacolo attraverso il web, o addirittura attraverso dei canali di tv private che abbiano la voglia di mettere in onda cultura. Ci vuole un direttore artistico che abbia coscienza e conoscenza di quelli che possano essere gli spettacoli più adatti. Ci vogliono argomenti che devono essere belli e gradevoli e che quindi, possano sostenersi. In modo che il pubblico riesca a gradire questa cosa, avendo voglia di andare a vedere questo canale”.

Quali sono i vostri progetti futuri?
“Si spera al più presto di ricominciare i laboratori teatrali, dato che insegnare teatro è piacevole e si da la possibilità alle persone normali di imparare a recitare: parlare in dizione, in sicurezza, davanti ad altre persone. Questo fa il laboratorio teatrale, mirato proprio a cose concrete. Io non apprezzo quei laboratori che si fanno cose così, giusto per passare una serata. Ma bisogna imparare e per capire. Se no è meglio andare in palestra o ai bar. Se sono aperti”.

Esistono degli spettacoli alternativi rispetto a quelli tradizionali?
“Si possono fare i cosiddetti “reading”, ovvero delle letture su brani o su spettacoli a più voci. Letture animate e recitate. Modulando la voce, cercando di dare alla persona che ha scritto quel testo la stessa enfasi e capacità di interpretazione che lei voleva dare. Far arrivare al pubblico quello che l’autore voleva fare arrivare in maniera discreta, tranquilla, buona. Questo è molto importante. E salta fuori dai laboratori. E spero proprio che queste cose possano ricominciare al più presto, dato che è importante perchè serve. Stare fermi arrugginisce anche l’attore. Arrugginisce la memoria, tutto. Bisogna lavorare, bisogna fare. È importante sia per chi fa ma anche per chi riceve”.

(Aris Alpi)