Unire e guarire, gli ingredienti di fondo del cocktail proposto dalla coppia Biden-Harris perché parole come valori, salute, onore e empatia tornino ad essere priorità in Usa, la “Terra delle speranze e dei sogni”, assieme a uno staff presidenziale che vede al dipartimento lavoro Walsh un sindacalista esperto e gradito alla sinistra, a quello della sicurezza Mayorkas un “latino” che si occuperà di immigrazione che già con Obama si oppose alle misure più aspre verso i clandestini messicani, e così avrà anche “delega” ai dossier estrema destra, terrorismo interno e jiadista, e inside cyber; dopo quattro anni di Trump l’importanza di limitare emissioni di gas serra da veicoli e industrie sarà affidata a Regan già collaboratore di Bill Clinton e George W.Bush mentre per la spinosa emergenza dell’ “interno” è stata scelta Deb Haaland la prima nativa americana a capo di un dipartimento di governo.
In “Land of Hope and Dreams”, pezzo che al concerto di Ginevra del 2013 dedicò a Nelson mandela, Bruce Springsteen canta del viaggio (in treno) portando con sé quel che si può, lasciando il resto, verso una terra (Land) di speranza (Hope) e sogni (Dreams) finalmente libera; canzone folk degli anni sessanta che fu inno di protesta, metafore di “libertà-viaggio” e del “treno” da sempre molto presenti nella musica nera americana e (conseguentemente) anche in tante canzoni del settantaduenne “Boss” del New Jersey.
Così come è stato testimonial della campagna elettorale democratica di Barak Obama, Springsteen anche per Joe Biden ha voluto essere della partita cantando quella canzone “inno di libertà” e affiancando altri artisti (Kate Perry, Foo Fighters, Justin Timberlake, John Legend, Jon Bon Jovi, Demi Lovato, ecc.) nello show organizzato dall’attore Tom Hanks in onore dell’attesissimo “Celebration America” volto a festeggiare la nuova presidenza Biden; una benaugurante inversione di tendenza canora questa, rispetto a ciò che capitò all’ex presidente Donald Trump che per il suo insediamento e nei quattro anni successivi non trovò mai nessun grosso nome disposto a cantare per lui.
Spesa, dazi, clima e la parte oltranzista dei democratici (ancora) pro-Trump non impegneranno il “dream team” Biden-Harris quanto la sfida per domare il gigante Cina, al “commercio” è stata perciò destinata l’italo-americana Gina Raimondo che già conosce bene la concorrenza cinese anche se su questa spinosa “mission” servirà la supervisione del capo dello staff presidenziale Ron Klain, sia perché è il “preferito” dei candidati democratici quanto perché uomo di fiducia di Obama che lo scelse alla guida dell’emergenza “Ebola” assieme a Antony Fauci; per il resto (per così dire) normale amministrazione, dalle minacce militari e cybersecurity di parte russa alla ripartenza degli accordi internazionali firmati da Obama (e altre Nazioni) sull’uso dell’uranio arricchito da parte dell’Iran degli ayatollah.
Discorso a parte sul gruppetto degli “irriducibili” che non si sono congratulati col neo presidente americano, la parte del leone la fanno il presidente cinese Xi Jinping che Biden definì come un “delinquente”, e Putin visto sempre (e da sempre) come il principale problema alla sicurezza nazionale americana, infine (a margine) a “non gradire” sono lo sloveno Janez Jansa quanto il messicano Obrador e naturalmente il presidente brasiliano Bolsonaro, soprannominato “il Trump dei tropici”, contrario alla politica ambientale dei democratici Usa perché a difesa della foresta amazzonica (brasiliana), ancora non pervenuto e in religioso silenzio il coreano Kim Jong Un.
Tanti sono gli statunitensi che “sperano e sognano” nel 2021 di Joe Biden, soprattutto perché ha già vissuto guai simili nell’esperienza di 12 anni fa come “vice” di Obama alle prese con un altro momento finanziario terribile, dovuto alla recessione seguita al crollo della Lehmann, e da ciò la “speranza di sognare” (tutta americana) per vincere i guai da Covid-19 che fanno morire la gente e stanno dissanguando le finanze di Stati e città.
E’ proprio grazie a “speranze e sogni” di gran parte dell’elettorato Usa che Biden ha conquistato la Casa Bianca con il più ampio voto popolare di sempre e (forse) anche grazie al “vice” scelto, Kamala Harris; prima donna in questo ruolo nella storia americana che, vestita di bianco (colore simbolo delle suffragette) e prima di lui sul palco dei festeggiamenti, ha commentato a caldo la vittoria democratica citando John Lewis paladino dei diritti civili invitando come in un presagio, infuocando il cuore dei supporter presenti, a non dare per scontata la democrazia americana: “… che è forte quanto forte è la volontà di combattere per essa …”.
(Giuseppe Vassura)