La macchina corre veloce, stamattina non c’è nemmeno traffico.
Guardo fuori dal finestrino e intanto mi rosicchio un’unghia.
Non voglio ammetterlo ma è così: ho paura. Riconosco la zona, tra poco mia madre accosterà ed io dovrò scendere, siamo quasi arrivati.
Sbircio mia madre di sottecchi, non voglio iniziare una conversazione. Da settimane mi fa una testa così: “Elisa che bello torni a scuola!” oppure “Elisa ma sarai felice? Rivedi le amiche” e ultima ma non ultima “Certo che in presenza sarai davvero più contenta, in mezzo agli altri”.
La detesto. Non la scuola, detesto mia madre. Sembra molto felice per me, ma si è chiesta se sono felice io?
Mi piace la scuola, sono sempre stata la classica secchiona. Quella che prendeva sempre bei voti ed aiutava gli altri. Alle medie mi sono fatta in quattro per la mia migliore amica, o diciamo quella che credevo la mia migliore amica. Sono riuscita a farle copiare tanti compiti. Studiavamo insieme, stavamo sempre insieme, a casa mia e sua. Anche durante il lockdown ci sentivamo tutti i giorni, era come averla con me. Poi è arrivata l’estate e Lucia non rispondeva ai messaggi, non mi richiamava, non aveva tempo per me. Ma vedevo che per gli altri il tempo lo trovava, postava foto di mare, montagna o anche solo in città, sempre con amici nuovi. Per un po’ ho insistito, anche spinta da mia madre, “Com’è che non si vede più Lucia?” “Ma Lucia non la inviti più?” con la solita sensibilità da elefante che la contraddistingue.
Poi mi sono arresa e lei non si è degnata di cercarmi, nessuna spiegazione. Sono giovane ma ho già imparato che le cose a volte succedono così, perché è destino che succedano, arrabbiarsi o intestardirsi serve a poco.
Devo dire che io ho sempre avuto tanta paura del virus, mi sembrava in agguato pronto ad attaccarmi se abbassavo un po’ la difesa, lei invece no, Lucia non aveva paura di niente.
Mia madre era tornata alla carica “Al liceo ti farai un sacco di amici!”.
Ora io non sono il massimo della simpatia, con i miei coetanei mi sento sempre fuori posto, non mi viene in mente niente di buffo da dire e per questo non attacco mai discorso per prima.
Non ho mai avuto “un sacco di amici”.
In questo momento riparto da zero, persa Lucia ho perso tutto il suo giro. Forse invece di studiare tanto dovevo andare a fare qualche sport, conoscere qualcun altro.
Sono stata una stupida, dovevo farlo quando potevo, con il virus come si fa? E adesso ricomincia il liceo! Il primo giorno mi tremavano le gambe. Erano tutti attenti come me? E se c’era un positivo? Questi mica li conoscevo! Sembravano tutti così a loro agio. Con i banchi distanziati non potevo parlare durante le lezioni e, nelle pause, si spostavano tutti ma io non conoscevo nessuno. Ci metto un po’ ad inserirmi in condizioni normali, con il “stiamo lontani per il virus” mi era impossibile. Li guardavo accidenti se erano rilassati: ma non avevano paura di ammalarsi?
Dopo diversi giorni ho cominciato a parlare con la biondina di fianco a me, Paola, così carina, gentile e subito dopo ci hanno messo in didattica a distanza. All’inizio volevo piangere ma con il tempo l’ho trovato davvero utile. Nessuno sforzo per stare con gli altri, nessun obbligo.
Ci sentivamo in chat ma solo per i compiti, li sono davvero forte. Dopo un po’ mi chiedevano tutti aiuto, mai ricevuto tanti messaggi.
Perfino un professore mi ha indicato come punto di riferimento. Li ho ingannati tutti, avranno pensato di avere a che fare una persona in gamba e non l’imbranata terrorizzata che sono in realtà.
Sono arrivata alla conclusione che la didattica a distanza mi piaceva tanto, stavo a casa, senza dover prendere autobus, senza aspettare passaggi da mia madre (sempre agitata), mangiavo quando mi pareva e non dovevo costringermi a fare niente. Nessun pericolo di contagio: ero in una bolla sicura.
Credo di aver raggiunto una specie di felicità!
Certo venivo contattata solo per i compiti, nessuno mi chiedeva niente altro. Anche in chat quando partivano le prese in giro o le battute io non c’ero mai. Volevo, volevo davvero inserirmi. Una notte ci ho pensato tanto a cosa rispondere… non mi veniva in mente niente. Io non sono un tipo da compagnia.
Sto per tornare in classe… dopo tutti questi mesi, sono praticamente degli estranei per me ed io lo sono per loro. Tornerò ad essere la pallosa che parla solo di scuola, o come mi chiamavano alle medie “so tutto io”. Ovviamente dietro alle spalle. Alzo gli occhi e il cuore mi fa un tuffo, manca pochissimo. Stavo così bene a casa! Non mi dovevo nemmeno preoccupare se ero un disastro con il trucco e non dovevo pensare se il mio vestito era ridicolo come me.
E c’è la pandemia, ci mancava il Covid a spaventarmi! C’è stato un periodo in cui ero sicura che mi sarei ammalata! Mi ero perfino ripromessa che, se continuavo a stare bene, sarei diventata più estroversa. Zia Annabel era risultata positiva e abbiamo fatto il test tutti.
Sono risultata negativa ma, adesso che sono davanti al mio liceo, non mi sento in grado di mantenere la promessa.
Ho sempre più paura. Mia madre accosta, vedo dalla faccia che sta per partire una frase di incoraggiamento. Forse ne ho bisogno.
“Elisa mi raccomando attenta! Mascherina e distanziamento. Ma non essere terrorizzata come al solito. Stai solo attenta.”
Ci rimango male, ma in fondo ha ragione, tutti dobbiamo stare attenti, mi viene l’ansia pensando alle ultime notizie date in televisione. Continuo a pensare alle persone in ospedale…
“E meno male che hanno riaperto le scuole, eri già un orso prima, rischiavamo di vederti diventare una eremita. Cerca di socializzare non fare come… fai di solito tu”.
Ecco questa ci mancava. Un bel colpo all’autostima proprio in questo momento.
Scendo. Mia madre riparte sgommando. Così eccomi qui, sono davanti alla mia nuova scuola, che conosco poco e che non conosce me.
Oh no, mi conosce come una in gamba. E va bene non poteva durare.
Rimpiango le pareti della mia camera, il mio isolamento, ma davvero qualche volta ho pianto?
Ma davvero mi veniva l’ansia a pensare che non avevo amici? Che stupida.
Adesso mi posso ammalare, il rischio è concreto. Eppoi farò una figura da idiota e per cosa? Non ho amici da rivedere, nessuno che è contento che io sia qui.
Sconforto totale. Sono sul punto di tornare a casa… posso sempre dire che stavo male.
In fondo era l’unica cosa positiva della pandemia: poter stare nel proprio angolo!
Un leggero spostamento d’aria e una figura si affianca a me.
“Ciao Elisa! Sono contenta che siamo tornati, se stavo ancora a casa giuro che mi buttavo dalla finestra!”. Guardo la figura di fianco a me, mascherina, berretto di lana grigio calato sulla fronte, capelli biondi. Paola! Si ricorda come mi chiamo!
“Ciao Paola, si sono contenta anch’io” dico la prima cosa che mi viene in mente.
“Eccicredo! Tu sei una forza in tutte le materie, devi aiutarmi un po’ … se un mese fa non mi passavi la traduzione finiva male. Volevo chiamarti per ringraziarti e fare due chiacchiere sai… ma tu non sembravi molto disposta…” Voleva chiamarmi??
Non faccio in tempo a realizzare che vedo uno spilungone che si affianca a noi.
Mascherina nera, capello spettinato.
“Hello girls pronte? Oggi il prof di latino ce lo vediamo a versione integrale, io manco reggevo il mezzo busto!”.
Entriamo in classe, altre persone mi salutano. Mi lasciano un banco in mezzo a loro. Mi siedo un po’ frastornata. Adesso che li guardo, sono ragazzi come me, portano la mascherina, si disinfettano le mani, ma parlano, sono sereni. Ad un tratto mi sento meno spaventata. Non sembra che vogliano giudicarmi. Tutte le paranoie degli altri giorni sembrano lontane, chiuse nella mia camera solitaria.
Ne arrivano un altro e mi chiama “secchiona”, va be, non sono tutti uguali, gli altri mi sembrano tranquilli… Siamo tornati a scuola! Siamo tutti qui. Il mondo sembra quasi normale. All’improvviso mi viene voglia di sapere il nome di tutti, Paola mi parla, lo spilungone pure, siamo un gruppo…Faccio parte di un gruppo! E non lo sapevo nemmeno.
Alle due quando prendo l’autobus scopro che Gianni, lo spilungone, fa un tratto di strada con me. Chiacchiero con lui e con Anna, la sua ragazza, adesso conosco anche lei, sta un’altra classe.
Mentre cammino verso casa mi rendo conto che la pandemia è orribile, non ci sono cose positive. Mi stava portando via tutto questo senza che io avessi il tempo di accorgermene.
Ho ancora paura di contagiarmi, ma adesso ho cambiato idea rispetto a stamattina, vale la pena di uscire, starò attentissima, ma ne vale davvero la pena. La mia vita deve andare avanti.
Ho quindici anni e devo farmi dei nuovi amici, questo da solo ne vale la pena.
(Milena Maccaferri)
Non sto leggendo il racconto sul personaggio di Elisa ma, mentre leggo, sono Elisa. È la fotografia dello stato d’animo dei nostri adolescenti, potrebbe essere tenuto agli atti storici come una testimonianza di ciò che sta accadendo visto da dentro,.
Non sto leggendo il racconto sul personaggio di Elisa ma, mentre leggo, sono Elisa. È la fotografia dello stato d’animo dei nostri adolescenti, potrebbe essere tenuto agli atti storici come una testimonianza di ciò che sta accadendo visto da dentro,.
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