La crisi politica, con l’entrata in campo di Mario Draghi ha sicuramente cambiato faccia: Direttore esecutivo della Banca mondiale, Direttore generale del Ministero del Tesoro, Governatore della Banca d’Italia, Presidente della Bce. Un uomo con un curriculum prestigioso, pronto ad affrontare una situazione di grande crisi come quella dei giorni nostri, già consapevole delle sfide e delle prime mosse da compiere.

Mario Draghi

Mario Draghi è l’uomo che salvò l’euro, tutti ricordano quel “Whatever is takes” (Costi quel che costi) del 26 luglio 2012 o il 22 gennaio 2015, quando annunciò l’istituzione del “Quantitative Easing”, cioè l’acquisto di titoli del debito pubblico per sostenere gli Stati europei e incentivare i prestiti bancari verso le imprese. Certo, i suoi detrattori ricordano che nella sua tesi di laurea, nel 1970, sosteneva che “la moneta unica era una follia, una cosa assolutamente da non fare”, ma – da allora – dell’acqua sotto i ponti ne è passata tanta.

Una personalità coraggiosa, pronta a fare scelte e governare con rigore e rispetto delle istituzioni, pronto a investire nella scuola, nell’educazione, nei giovani, temi da sempre centrali nella sua agenda. Lo scorso anno chiuse il suo intervento al Meeting di Rimini, affermando: “Dobbiamo essere vicini ai giovani, investendo nella loro preparazione. Solo allora potremo ricordare ai più giovani che il miglior modo per ritrovare la direzione del presente è disegnare il loro futuro”. Tutte premesse che fanno ben sperare per il futuro, se non fosse per un piccolo dettaglio assolutamente inevitabile per la vita politica del nostro paese e dell’Europa intera: dobbiamo ritrovare un senso al nostro agire politico.

Da troppi anni ormai abbiamo perso la direzione, siamo smarriti senza una bussola, non riusciamo ad essere motivati da qualcosa che vada oltre delle piccole azioni, che mirano a tirare avanti per qualche mese e prendere consenso, tutti necessitiamo di un reale progetto: di città, di paese, d’Europa.

Viene immediato pensare ad Alcide De Gasperi che sosteneva come un politico guardi alle prossime elezioni, uno statista alle prossime generazioni.

Sembriamo vagare nell’incertezza del domani, in attesa di qualche Mario Draghi che ci venga a salvare, per quanto sia indiscutibile lo spessore. Draghi può essere punto di svolta davanti al fallimento della politica, dei partiti che hanno perso la capacità di stilare dei loro progetti politici ben definiti, di parlare ai loro elettori, di credere di più nei loro progetti e meno alla loro visibilità momentanea.

Si parla di governo tecnico, senza andare a indagare cosa si nasconda realmente dietro, ossia una classe politica inadeguata, ingarbugliata in litigi interni e voglia di comandare, senza una visione, o – più emozionalmente – senza un sogno che riguardi il futuro del nostro paese.

La vita di una comunità politica si basa sulla forza e sulla decisione nel fare le scelte da parte di chi la compone: oggi assistiamo al lento declino di una macchina politica di per sé nobile, che però ha perso il suo senso primario: lottare per il futuro, anticiparlo a volte se necessario, leggerlo ed interpretarlo.

Per uscire da questa crisi della politica, è necessario ritrovare ciò che abbiamo perso, recuperare l’amore per quello che abbiamo di bello, imparare ad ascoltare per davvero e avere il coraggio di governare, di non essere sempre i primi, di accettare quando si perde, di governare con grande senso del dovere e rispetto delle istituzioni, quando invece si vince.

Ce lo può insegnare Mario Draghi, a partire dalla sua grande esperienza, ma anche dal suo viaggiare in economy, dal far la fila al supermercato per la spesa, dal tirare fuori il computer quando l’aereo ritarda, anziché andare al banco per esprimere le sue lamentele.

Una svolta, che ci faccia sognare un mondo nel quale ciascuno può fare la sua parte per il bene di tutti, così che anche la politica possa recuperare una visione.

Questo almeno è ciò che speriamo!

(Tiziano Conti)