Festa nazional-popolare il “Festival di Sanremo” al pari del rito ancestrale di buon augurio il Carnevale, come farne a meno oggi che la pandemia morde meno e conseguentemente fa crescere in noi la voglia di riaffermare il diritto di “partecipare” anche se con mascherine, igienizzante e rispettando i protocolli, alla “gara” simbolo della musica italiana? Più complicato ragionare sulla coreografia delle manifestazioni allegoriche ossia uscire tutti assieme magari in maschera per farsi coraggio, far chiasso, saltare, ballare e buttar coriandoli quà e là, semmai è improponibile all’oggi ma forse fattibile se solo si limitasse alla kermesse la sola presenza in sicurezza della gente durante le sfilate dei carri.
Sarà comunque dura fare a meno delle tradizioni a noi più care sull’onda delle “sirene” di protesta degli operatori turisti e dello spettacolo che, propensi alle riaperture degli show in presenza, stanno superando un pericoloso livello di guardia quasi a dimenticare loro compiti e responsabilità in termini di sicurezza sanitaria, dimenticando così rapporto di subordinazione e dovere dell’obbedienza.
L’apertura (a singhiozzo) di settori inerenti didattica, commercio, ristorazione, ecc., si ritiene saranno apripista di quelli dei comparti “osservati speciali” (e più insofferenza) cinema e teatri quanto dello sport (aperto e indoor), per questi purtroppo ci sarà ancora la necessità di sopportare la chiusura, un ultimo sforzo che potrà essere tanto efficace e risolutivo quanto gli attori faranno il proprio dovere contro la pandemia di un virus venuto da chissà dove (Cina?), e in ordine a chissà quale spillover (pipistrello, pangolino ?) che ha obbligato tutti, bianchi, neri, cristiani, islamici, ricchi e poveri, a decidere in fretta quanto fosse urgente avere più doveri che diritti nella vita di tutti i giorni, per non far morire la gente delle comunità.
Lo scontro di “culturalità” diverse comunque non si è fatto attendere da quando ultimamente il colore di gran parte delle regioni è “virato” al giallo ossia a un livello di gravità pandemico inferiore, dai propensi al rinvio in data da destinarsi nel periodo estivo per il Festival di Sanremo “con pubblico”, a chi invece di contro vorrebbe cantare all’Ariston lo stesso, non per chi ascolta in Tv o in sala ma per promuovere (a prescindere) la propria musica; non solo “canzonette” a complicare perciò il lavoro decisionale del responsabile al dicastero dei Beni culturali Dario Franceschini, perchè pure il mondo dell’intrattenimento del piccolo schermo è entrato in fibrillazione per colpa delle tante dirette con figuranti in studio (Amici, XFactor, ecc.) innescando l’indignazione di tanti oltre a teatranti e musicisti, da Moni Ovadia a Carlo Fontana e altri, che a gran voce hanno protestato ipotizzando una “mini” disubbidienza artistica minacciando eventi in presenza a interrompere così facendo il poco edificante record che vede il loro settore ancora “blindato” a differenza di (quasi) tutti gli altri, ultimo quello del turismo invernale che sarà “sdoganato” e a breve vedrà la riapertura degli impianti di sci.
Tutto questo perché la principale vittima della pandemia da Covid-19 è stata la “attività” della gente (culturale, sociale, didattica, lavorativa, ecc.) colpa quel gigantesco meccanismo della “privazione” a tutto tondo del fare un passo indietro, ossia far nulla in “community”; messo in atto dall’esecutivo e volto a far morire il meno possibile la gente, questo restrittivo disciplinare ha principalmente interessato troppi aspetti di tanti beni primari irrinunciabili o almeno ritenuti tali, partendo dalle realtà più facili da identificare, in quanto maggiormente sotto i riflettori della quotidianità ovvero i rituali (assembramenti) di quel momento del primo periodo della pandemia, ossia le movide e gli aperitivi.
Consuetudini queste ultime da poco tempo consolidate, che tra i giovani sono diventate da subito la normalità, giustamente vanno monitorate e gestite in rapporto l’emergenza sanitaria al pari di quelle tradizioni che sono giunte a noi tanto da riti ancestrali e di buon augurio come quelle del Carnevale, quanto dal “continium” fisiologico di quelle riferite al Festival di Sanremo, una manifestazione canora che ha fatto la storia della canzone italiana; è perciò anche per questo che, ancora per un po’, credo sia meglio per tutti che queste “abitudinarietà” recenti o passate non rientrino all’oggi in alcun modo tra le nostre priorità.
(Giuseppe Vassura)