L’ideale spazio pubblico democratico è sempre falsificato sia mediante la rappresentanza che mediante la manipolazione. (Ralph Dahrendorf)

Si va.

Confidando in venti favorevoli.

Il comandante sa dove andare.

L’equipaggio forse ancora no.

Prima o poi bisognerà dirglielo.

Per evitare che ognuno remi verso un porto diverso.

Con la nave che gira in tondo in mezzo al mare.

Si va e “Dibba” se ne va.

Lascia il Movimento.

Della feral notizia a noi anziani, trepidi per la nostra sorte e, ancor più, per quella dei nostri nipoti, non ce ne può fregare di meno.

Sarà inelegante ma, in mezzo a tutta l’ipocrisia che trasuda dalla politica in questa ora cruciale per il futuro dell’Italia, ha almeno il pregio, giusto o sbagliato che sia, di essere un sentimento sincero.

Aggiungerò, per concludere l’opera, che se davvero, come sostiene il figlio di Casaleggio, il Movimento senza più stelle non può fare a meno del Piccolo Italo Balbo, non spargeremo lacrime per i destini della democrazia italiana.

Che ne ha visto tante e saprà certo farsi una ragione della dolorosa perdita di Taverna, Toninelli e Casalino.

La storia che la creatura nata nel laboratorio di Grillo e Casaleggio avrebbe preservato l’Italia da chissà quali avventure non mi ha mai convinto.

Non discuto le intenzioni ma i metodi e i risultati si.

Quelli li abbiamo visti.

Sull’isola dell’Utopia grillina di una nuova democrazia, una delle tante dell’arcipelago che l’umanità esplora da sempre alla ricerca di forme di partecipazione politica migliori di quella democrazia rappresentativa piena di difetti che conosciamo, ci siamo stati.

L’on. Carelli, un tempo direttore di Sky e poi conquistato alla causa purificatrice della setta, l’ha lasciata: si è accorto che vi allignano l’incompetenza, l’arrivismo, l’ipocrisia, le miserie umane che abitano la casa di tutti.

Meglio tardi che mai.

A distanza potrà meglio cogliere anche l’arroganza e la mancanza di rispetto per le persone e le idee diverse dalle loro.

Quello streaming con Bersani rappresenta una delle pagine più brutali e volgari cui ci sia stato dato di assistere.

Seconda solo alla spregevole speculazione su Bibbiano.

Bastava quello per capire.

Il cittadino totale non è meno minaccioso dello Stato totale, scrive Cassese, che cita Bobbio:”Impossibile che tutti decidano tutto, in società complesse è insensato proporlo”.

Alla base del loro successo c’erano ragioni politiche e sociali autentiche.

Né del resto i grillini sono la causa prima dei nostri mali.

Con altrettanta sicurezza possiamo tuttavia affermare che non li hanno leniti, che anzi, col loro avvento, si sono aggravati.

Adesso ci sono gli xenofobi, i razzisti, gli antieuropei con e senza maschera, i sovranisti e anche i neofascisti, come negli altri Paesi.

E in più ci sono loro.

Pericolosi quando si attengono ai dettami della religione originaria, inutili allorché se ne allontanano senza una meta.

Le Istituzioni non funzionano meglio di prima e le ferite sociali non sono rimarginate.

Valeva la pena esistere?

Per costrizione, per convenienza, e assai meno per convinzione, hanno lasciato per strada il mai con gli altri, l’uno vale uno, lo streaming e la democrazia diretta.

Ridotta alla caricatura di Rousseau.

Per un po’, all’inizio, che quella roba lì forse la migliore espressione della democrazia, l’anticipazione del futuro, forse l’hanno creduto.

Ora più nemmeno quello.

Quelle consultazioni nelle quali qualche decina di migliaia di guardiani del tempio decide per conto di milioni di elettori non è, come dicono, meglio che niente.

È peggio.

Perché ammanta di un’aura di democrazia diretta un espediente manipolatorio per accreditare le scelte di una ristretta oligarchia.

Quella sul Governo Draghi somigliava a una domanda malandrina che i mangiapreti delle mie parti, per celia, rivolgevano ai bambini: “A vut piò ben a e giavlì o a la Madunaza?”.

Tradotto: vuoi più bene al diavoletto o alla Madonnaccia?

È così che il Movimento ha scelto di stare col diavolo Draghi.

I grillini che se ne lamentano devono rammaricarsi solo di essere quel che sono.

Il modo che ora li offende è lo stesso che hanno in altre circostanze condiviso.

Per ragioni molto meno apprezzabili di questa.

Come quella di assolvere Salvini dalla sua disumanità per tenere in vita un governicchio.

Chi ha digerito la vigliaccata della Ricciotti non può fare il difficile con Brunetta.

Che almeno rilancerà la produzione dei tornelli.

Se posso concedermi una deroga ai miei principi, mi vien da dire che in questo caso il fine giustifica i mezzi: la tendenziosità del quesito ha sortito una decisione opportuna.

È un bene che questo Governo sia nato.

Con una base parlamentare ampia.

Visto che la conversione europeista della Lega è puro artifizio e Salvini minerà il percorso del Governo.

Non sappiamo fin dove Draghi potrà arrivare ma sappiamo che agirà con competenza nell’interesse del Paese.

Il momento richiede cuori dediti e intelligenze vivide, che questo Parlamento non può offrire nella misura del necessario.

E spalle larghe, e credito, che il nuovo Premier possiede.

I partiti possono assecondare, non guidare un processo che suppone un cambio di mentalità estraneo alla loro cultura.

È da sé stessi che devono cominciare se davvero aspirano a cambiare il mondo.

Concedersi alle ragioni della governabilità in un frangente così difficile non è cedere.

È un segno di forza.

Vale per tutti ma ancor più per quelle formazioni, come i grillini, le cui prospettive non risiedono nella impossibile riproduzione delle condizioni fondative ma in una coraggiosa revisione critica della loro esperienza.

Il passaggio da “ stiamo con chiunque la pensa come noi” a “vediamo cosa possiamo fare assieme per la comunità” rappresenta l’esame di maturità per ogni forza che aspiri a svolgere una funzione nazionale.

Trasformarsi con intelligenza è una virtù, l’identità è quello che saremo domani.

Da Draghi ci aspettiamo che affronti le emergenze con un taglio che guarda alla crisi di sistema che tutte le amplifica e le perpetua.

Non c’è uscita da questa situazione se non si sciolgono i nodi che si sono aggrovigliati nel tempo imprigionando il futuro.

Un impegno tremendo, non roba per chiacchieroni.

Adesso, direbbe Seneca, “Non si tratta di parlare ma di reggere il timone”.

(Guido Tampieri)