Bologna. La situazione del patrimonio immobiliare italiano è sotto gli occhi di tutti: datato, spesso gli impianti non sono a norma, per non parlare dell’antisismica e del quadro energetico dell’immobile. Ma quali potrebbero essere i risultati in termini di generazione di valore che potrebbero essere conseguiti dal nostro Paese attraverso interventi di riqualificazione energetica e sismica del patrimonio immobiliare non residenziale (uffici comunali e scuole territoriali)? E’ questa la domanda cui vuole rispondere lo studio condotto a livello nazionale e regionale da Nomisma per conto di Rekeep, capofila del principale gruppo italiano attivo nell’integrated facility management.
Considerando la regione Emilia-Romagna, quanto servirebbe per questi interventi? L’investimento stimato dalla ricerca è pari a circa 3,29 miliardi di euro da investire su un orizzonte pluriennale. Si tratta di impegno di spesa sicuramente ingente ma senz’altro sostenibile sia perché, in un momento come quello attuale, tra debito pubblico, Recovery Fund o Next Generation e Fondi strutturali 2021-2027 saranno disponibili importanti risorse pubbliche, sia perché parte degli investimenti, in particolare quelli legati alla gestione dell’energia, potrebbero essere finanziati direttamente dalle imprese private attraverso la formula del Partenariato pubblico privato, una soluzione che prevede di affidare a una società esterna gli interventi che vengono ripagati attraverso la gestione successiva dell’immobile.
Da un punto di vista economico, l’analisi evidenzia come una tale immissione di liquidità avrebbe un effetto moltiplicativo sul Pil italiano pari a 3,6 volte la somma investita: i 3,29 mld di euro impiegati per la riqualificazione del patrimonio regionale potrebbe generare un impatto complessivo quantificabile in 11,9 miliardi di euro. In una situazione complessa quale quella attuale, il progetto sarebbe in grado di impiegare, solo a livello locale, 73.053 nuovi occupati. Sempre dal punto di vista economico, la riqualificazione del patrimonio pubblico consentirebbe alle Amministrazioni locali di disporre di immobili con una rivalutazione di valore fino a oltre il 30%. Inoltre, la riqualificazione degli edifici rappresenterebbe per gli Enti Locali anche un risparmio in termini di manutenzione ordinaria e straordinaria, una voce di spesa che nel tempo può assumere un peso rilevante nei costi di gestione.
Il Green New Deal sul patrimonio pubblico costituisce una proposta concreta, sostenibile e virtuosa per dare alle regioni e al nostro Paese una solida prospettiva di ripresa e di sviluppo, in grado di conciliare aspetti economici, di benessere sociale, di sicurezza pubblica, di sostenibilità ambientale, oltre che ecosistemica.
“Con il superbonus 110% è stata dedicata molta attenzione al patrimonio privato, anche se è quello su cui sono stati già raggiunti in maggior misura gli obiettivi europei di riduzione di CO2. Ad essere rimasto indietro è il patrimonio pubblico delle città, quel patrimonio strumentale composto da scuole, uffici e che le pubbliche amministrazioni gestiscono quotidianamente – spiega Marco Marcatili, responsabile sviluppo economico di Nomisma -. Nelle linee guida del recovery fund sono state indicate due cose fondamentali per le progettualità ambientali: impatti ragionevoli e quantificabili e la garanzia di modalità e soggetti attuatori chiari. Le amministrazioni locali hanno in mano una leva molto importante per lo sviluppo dei territori e dell’intera Nazione. Sulla riqualificazione energetica e sismica si possono mettere in moto energie positive provenienti da diverse filiere interessate. E’ bene che i sindaci e i presidenti delle regioni considerino vitale per la crescita economica italiana il green new deal del patrimonio pubblico. E’ una sfida, su cui si gioca il futuro del Paese”.