Per i fascisti si trattava ora di consolidare la propria presenza. Il 25 aprile del 1921, in occasione delle elezioni politiche, il presidente dell’Agraria Manzoni organizzò un comizio imponente con l’arrivo di 300 fascisti venuti da Bologna che, con l’aiuto dei carabinieri, occuparono il palazzo comunale e vi fecero esporre il tricolore. Tutta la città avrebbe dovuto essere imbandierata ma solo 16 palazzi (di cui 6 nobiliari, 8 di agrari, i circoli Riunione Cittadina e Sersanti) obbedirono. La manifestazione si concluse con scorribande per le via della città, spari, minacce e, al ritorno, danni alle leghe di Mordano e Sesto.
Occorreva anche colpire i nemici “bolscevichi” in città. A tale scopo, il 28 maggio una cinquantina di squadristi bolognesi (scortati dagli imolesi) fecero un’irruzione serale nel circolo “Andrea Costa” (la casa del popolo in via Orsini) con spari e bombe a mano. Non vi furono morti ma diversi feriti. Si diffusero anche agguati e bastonature agli esponenti politici nemici, tra cui il giovane sindaco socialista Giulio Miceti, aggredito prima presso la sua abitazione e poi mentre transitava davanti alla sede del Fascio, in via Cavour 54.
Il 26 giugno i fascisti imolesi (sempre con un nutrito intervento dei camerati bolognesi convenuti con un treno speciale) alla presenza di Dino Grandi e Gino Baroncini inaugurarono nel teatro comunale il loro gagliardetto di combattimento con la banda musicale, alla presenza degli agrari e degli alleati del Partito Popolare. Pronunciò un discorso anche il neosegretario politico Mansueto Cantoni, ex repubblicano appena entrato tra le fila fasciste.
In città i più determinati avversari dei fascisti erano senza dubbio gli anarchici (che si erano anche armati nel 1919 per fare la rivoluzione). Così la sera del 10 luglio in un’affollata birreria del centro venne aggredito Primo Bassi, figura di spicco dell’anarchismo romagnolo: questi sparò per difendersi colpendo alla gamba un assalitore, ma uno dei numerosi colpi esplosi dei fascisti uccise un avventore, l’impiegato della camera agraria Edgardo Gardi che, pur non essendo iscritto al fascio, divenne un martire (al processo la perizia balistica scagionò Bassi, ma venne ugualmente condannato a vent’anni di carcere).
Quella sera si scatenò la caccia all’anarchico: fu devastata la sede dell’Unione Sindacale in via Quarto con la redazione del giornale anarchico “Sorgiamo!” e l’annessa biblioteca. Il giorno seguente solenni bastonature colpirono anche diversi elementi socialisti e comunisti. Il maestro anarchico Ciro Beltrandi sparò a Cantoni ma riuscì solo a ferire a una gamba un suo “amico” del Partito Popolare (più volte bastonato a sangue, Beltrandi morirà di tubercolosi nel 1941 in Belgio).
Spostato il luogo di ritrovo in un’osteria presso le Case Gallettino (nell’attuale incrocio tra via Campanella e via della Resistenza), gli anarchici vennero raggiunti anche lì dai fascisti la sera del 21 luglio: il muratore anarchico Vincenzo Zanelli riuscì a colpire da terra, prima di essere ucciso, l’assalitore Francesco Nanni.
Le dimissioni dei sindaco Miceti, dei consiglieri comunali e di tutti gli amministratori socialisti degli enti pubblici locali, avvenute il 30 giugno 1921, furono criticate dai comunisti: infatti il conseguente commissariamento prefettizio del Comune, com’era già avvenuto a Bologna, lasciò mano libera ai fascisti nella loro opera di abbattimento delle organizzazioni cittadine del movimento socialista e operaio e di feroce persecuzione degli avversari politici. Occorre considerare che l’orientamento politico riformista di questi amministratori era più incline alla pacificazione che al martirio, perciò il clima di violenza era andato oltre le loro capacità di sopportazione. Del resto una resistenza a oltranza non avrebbe ottenuto molti risultati: in pochi mesi (con la notevole eccezione di Parma, già capitale del sindacalismo rivoluzionario) caddero una dopo l’altra le città rosse della nostra regione, con la regia dei fascisti bolognesi e grazie soprattutto all’organizzazione militare delle squadre ferraresi di Italo Balbo, la testa d’ariete del Fascismo Agrario nella nostra regione.
I fascisti imolesi vantarono sette “martiri”; molti di più furono i socialisti, i comunisti, gli anarchici, i sindacalisti e i lavoratori uccisi dai fascisti nei primi anni ’20, specie nelle campagne. Per gli altri si apriva un doloroso periodo fatto di carcere, confino o esilio all’estero. (Fine)
Leggi anche
Imola cent’anni fa: le violenze fasciste si diffondono nelle città >>>>
Imola 100 anni fa: la “Prima Resistenza” al fascismo >>>>
(Roberto Zani)
Sarebbe buona cosa approfondire, se possibile, la figura di Mansueto Cantoni, che ho conosciuto quale venditore di libri. In un incontro,mi racconto’, senza particolari, di quando restituiti’ la tessera del PNF, a seguito del delitto Matteotti. Cmq, complimenti x l bella ed accurata ricerca.