Poche ore fa ho perso il padre di 86 anni a causa del Covid. Era entrato in ospedale per una lastra ai polmoni ma subito è emersa la sua positività al virus. Venti giorni di ricovero verso il baratro, senza poterlo vedere o stringerli la mano nei momenti difficili del trapasso.
Ed è giusto che sia così, non contesto nulla di ciò. Mio padre però, oltre ad avere una sordità importante era affetto da una maculopatia che gli aveva ridotto la vista quasi a zero. Quindi poche telefonate opache e nessuna videochiamata possibile. Solo il dolore di un distacco disumano.
Con questo carico emotivo e dopo lo sconquasso della sua morte, ho appreso che non sarebbe stato possibile rivederlo nemmeno da morto e che l’eventuale funerale si sarebbe svolto a feretro chiuso.
E anche qui capisco benissimo. Quello che non accetto, però, è perché chi come me è ateo e vorrebbe poter utilizzare uno spazio laico adeguato ad un breve rito funebre, in questo momento, a causa delle giuste restrizioni, quello spazio non lo trova (e se anche lo trovasse il limite massimo dei partecipanti sarebbe di 15 persone) mentre chi è cattolico può utilizzare normalmente le chiese, con il solo limite del distanziamento e della capienza dell’edificio (mediamente ben oltre le 15 persone)
Di più. In un recente protocollo di intesa tra il Governo e la Conferenza episcopale italiana si dà conferma che l’autorità civile (intesa come il sindaco) non può intromettersi nella disciplina di culto della Chiesa. Dal maggio scorso inoltre, uno specifico decreto-legge limita il potere dei sindaci e precisa che, in ogni caso, la regolamentazione delle celebrazioni religiose non è di competenza dei primi cittadini. Peccato però che si stiano moltiplicando i casi di contagio occorsi proprio in occasioni di funerali cattolici.
Questo contesto di inaccettabile privilegio si somma alla totale mancanza di spazi pubblici laici in cui poter svolgere una semplice cerimonia di commiato funebre.
Penso che questa discriminazione non abbia nulla a che vedere con il concetto di civiltà evoluta e trovo che questa disuguaglianza meriterebbe il giudizio della Corte dei diritti dell’uomo.
Non ho paura a dire che trovo il mondo delle religioni una gravissima aberrazione della ragione umana e in particolare non sopporto la feroce prepotenza millenaria del mondo cattolico.
Provo il massimo del disgusto e della rabbia per questa ennesima ghettizzazione di chi cattolico non è. Non si può differenziare il dolore. E mi fermo qui.
(Massimo Neri)
COMMENTO: caro Massimo, questa è la “civiltà” ancora schiava della cultura dominante dettata dai dogmi religiosi, ma ancor peggio da quella cattolica che ambirebbe distinguersi dalle altre, ma purtroppo anch’essa attinge linfa dalla mancanza di razionalità dell’essere umano, per questo anche il rispetto della nostra Costituzione, soccombe in nome del consenso politico.
Con tutto il rispetto per il dolore e le opinioni diverse, vorrei sottolineare l’universalità del messaggio evangelico di cui i Cristiani si fanno, o dovrebbero farsi, portavoce.
Universale perché mette al centro l’Uomo, senza alcuna distinzione di religione, razza e genere.
La Chiesa, come ogni organizzazione umana, è sicuramente perfettibile; ha però a mio avviso trasmesso nei secoli il Vangelo, nei cui testi non vi è mai nulla che possa ledere il rispetto e la dignità umana, ma al contrario li promuove, considerando importante il valore di ogni singolo uomo.
Penso che giudicare il cristianesimo solo per alcuni aspetti negativi, non sempre imputabili alla Chiesa, sia come esaltare l’incompetenza del Movimento 5 Stelle, in un mondo politico dove l’unica competenza dei “competenti” è salvaguardare i propri interessi. O dire che gli ambientalisti non sono tali se usano l’automobile e hanno il riscaldamento nelle loro case.
A volte, cattive esperienze vissute personalmente ci dispongono a detestare ed avversare categorie, sistemi e movimenti. L’equilibrio e l’onestà intellettuale ci impongono però una visione più ampia delle situazioni e dei loro aspetti e far di tutta l’erba un fascio o sparare nel mucchio non è mai servito a migliorare le cose.
Cordialmente, Fabrizio Sarti.
COMMENTO: la storia umana la si racconta attraverso fatti frutto di scelte ben precise e non intenti derivanti da messaggi più che condivisibili.
La realtà purtroppo è un’altra cosa e chi la subisce, giustamente non la condivide.